Melike, Özgür, Jani, Idris, Nassima e Germain sono le attiviste e gli attivisti per i quali vi proponiamo di agire durante la Maratona di lettere 2020. Qui trovate le descrizioni dei casi e avete la possibilità di scaricare dei modelli di lettera (tutte le lettere o le lettere singole) già pronti per l'invio, che potete stampare in tutta sicurezza a casa.
Scrivi una lettera, salva una vita!
Puoi agire anche online: firma qui per sostenere tutti i 6 difensori dei diritti umani.
MELIKE BALKAN e ÖzGür – Turchia
Fin dal primo giorno di università Melike Balkan e Özgür Gür, studenti di biologia, hanno deciso di dedicarsi alla difesa dei diritti delle persone lesbiche, gay, transgender e intersessuali (LGBTI+).
Come responsabili del Gruppo di Solidarietà LGBTI+ dell’Università tecnica del Medio Oriente (METU) di Ankara hanno organizzato manifestazioni, incontri ed eventi pubblici. Negli anni sono riusciti a mobilitare un numero sempre crescente di studenti, nonostante il forte aumento di sentimenti omofobi nella società civile tuca e nonostante leggi sempre più restrittive della libertà d’espressione.
Fondato nel 1996, il Gruppo di Solidarietà METU LGBTI+ organizza dal 2011 la marcia del Pride all’interno del campus. Negli anni il Pride del METU ha acquisito sempre maggiore visibilità e popolarità. Ciononostante, nel 2019, la direzione dell’università ha annunciato agli studenti che il Pride, previsto per il 10 maggio, non avrebbe potuto svolgersi nel campus.
Invece di lasciarsi scoraggiare, il Gruppo di Solidarietà ha organizzato un Pride sit-in al posto della tradizionale sfilata. Per tutta risposta l’università ha chiamato la polizia, che ha fatto uso eccessivo della forza e utilizzato gas lacrimogeni contro i manifestanti pacifici. La polizia ha arrestato almeno 23 studentesse e studenti, tra i quali Malike e Özgür. Alcuni di loro non avevano neanche partecipato al sit-in.
18 studenti universitari sono ora sotto indagine per il solo fatto di aver pacificamente esercitato il proprio diritto a manifestare. Se saranno dichiarati colpevoli, rischiano fino a tre anni di carcere.
Scarica il modello di lettera per Melike Balkan e Özgür Gür!
Petizione on-line: sostieni Melike Balkan e Özgür Gür, Turchia
Jani Silva – Colombia
Nata nel cuore dell’Amazzonia colombiana, Jani Silva ha consacrato la sua vita alla difesa degli alberi e della terra, elementi vitali per ognuno di noi. Dall’età di 16 anni sostiene i contadini (campesiños) del Putumayo, una regione nel sud del paese ricca in biodiversità.
Nel 2008 ha co-fondato l’Associazione per lo sviluppo integrale e sostenibile della Perla Amazónica (ADISPA). Attraverso questa associazione Jani protegge l’ambiente e i diritti delle persone che vivono nella Perla Amazónica, una riserva del Putumayo.
Nell’ambito del suo lavoro si è opposta alla compagnia petrolifera Ecopetrol, che nel 2006 ha ottenuto una licenza per sfruttare delle zone all’interno della riserva. Nel 2009 questa licenza è stata ceduta alla compagnia petrolifera Amerisur. Da quel momento almeno due perdite di idrocarburi hanno avvelenato le sorgenti d’acqua da cui dipende la popolazione locale.
Difendere questi territori e le persone che vi abitano è stata per Jani una scelta con pesanti conseguenze: l’hanno pedinata, le hanno intimato di smettere e l’hanno minacciata di morte. La pandemia di Covid-19 ha aggravato la situazione, visto che il confinamento ha limitato la protezione degli attivisti e delle attiviste, costrette a restare in casa.
Ma Jani non si perde d’animo: “Perché difendo il mio territorio, mi hanno puntato una pistola alla tempia per uccidermi”, dice, “Nonostante tutto, io rimango, perché non possiamo scappare o lasciarci vincere dalla paura”.
Trovi qui la lettera a sostegno di Jani Silva
Petizione on-line: sostieni Joni Silva, Colombia
Idris Khattak – Pakistan
Le sue figlie lo descrivono come un “cuoco entusiasta, ma pasticcione!”, Idris Khattak è un uomo dai molti interessi: parla russo, è un lettore appassionato e nutre le sue galline, con le quali ama fare conversazione.
Idris è il maggior esperto pakistano per i casi di sparizioni forzate. Per anni ha raccolto informazioni per Amnesty International e Human Rights Watch su quello che è un grave crimine secondo il diritto internazionale. Ma, ironia della sorte, ora è scomparso anche lui.
Il 13 novembre 2019 Idris stava rientrando a casa dopo un soggiorno nella capitale Islamabad, quando la sua auto a noleggio è stata intercettata. Da quel momento, nessuno lo ha più visto. In Pakistan le autorità ricorrono alle sparizioni forzate per liberarsi da chi, come faceva Idris, critica il regime. Molti difensori dei diritti umani sono “scomparsi”.
Con l’aiuto di Amnesty, la figlia ventenne di Idris, Talia, ha deciso di battersi per poter rivedere suo padre, nonostante le numerose minacce ricevute. Il suo coraggio è stato ricompensato, in giugno le autorità hanno ammesso di detenere Idris Khattak e hanno dichiarato che pensano di accusarlo di aver violazione della legge sul Segreto di Stato. Non hanno però ancora rivelato dove si trovi.
La sua famiglia teme che possa essere accusato di spionaggio. Nel caso, se fosse dichiarato colpevole, rischierebbe da 14 anni alla pena di morte.
“Guardo le foto di mio padre e sogno solo di vederlo entrare ancora da quella porta per unirsi a noi,” ci racconta Talia “Noi meritiamo di avere delle risposte e lui merita di essere protetto dalla legge.”
Scrivi una lettera alle autorità pakistane, sostieni Idris Khattak e la sua famiglia
Petizione on-line: sostieni Idris Khattak, Pakistan
Germain Rukuki – Burundi
Fino a qualche anno fa, la cosa più bella per Germain Rukuki era poter trascorrere il proprio tempo giocando con i suoi figli, che oggi hanno sei e sette anni. Amava molto anche la musica, in particolare Redemption Song di Bob Marley, una scelta destinata ad assumere un significato particolare.
Una mattina di luglio del 2017, Germain e sua moglie Emelyne Mupfasoni sono stati svegliati da qualcuno che bussava violentemente alla porta d’ingresso. Si sono velocemente resi conto che decine di agenti delle forze di sicurezza che avevano circondato tutto l’isolato. Emelyne aspettava il loro terzo figlio, mancavano poche settimane al parto.
Gli agenti sono entrati in casa e hanno interrogato i coniugi, entrambi impiegati di ONGs, all’interno della loro abitazione. Germain è stato subito arrestato e trasferito nel carcere di Ngozi, nel nord del Burundi, dove è ancora oggi detenuto.
Il 26 luglio 2018, Germain è stato dichiarato colpevole di una serie di false accuse, tra le quali “ribellione” e “minaccia alla sicurezza dello Stato”. La sua passata collaborazione con l’ONG Associazione dei Cristiani per l’Abolizione della Tortura (ACAT-Burundi) è stata usata contro di lui. ACAT-Burundi è stata chiusa nel 2016 perché accusata di “nuocere all’immagine del paese”. Uno degli elementi di “prova” a carico presentati durante il processo è stata una e-mail che Germain aveva inviato all’associazione, prima della che fosse dichiarata illegale.
Germain è stato condannato a 32 anni di carcere. Non ha mai più potuto incontrare suo figlio di tre anni. “Per quanto tempo mio marito dovrà sopportare questa ingiustizia?” si chiede Emelyne.
Chiedi giustizia per Germain Rukuki
Petizione on-line: sostieni Germain Rukuki, Burundi
Nassima al-Saada - Arabia saudita
Nassima al Sada ama gli animali e curare il giardino dietro casa. Anche in prigione, si prende cura di una piccola pianta che ha nella sua cella. È il solo legame che le resti con il mondo esterno, che le manca enormemente.
Nassima si è impegnata per quasi tutta la vita per ottenere maggiore libertà per le donne in Arabia Saudita. Un impegno che le è costato la sua di libertà. È stata in prima fila nel rivendicare il diritto delle donne a guidare, a muoversi e compiere le piccole azioni quotidiane senza l’autorizzazione di un “tutore”.
In Arabia Saudita le leggi sulla tutela obbligano le donne a chiedere l’autorizzazione di un uomo per uscire di casa e per altri bisogni di base. Negli ultimi mesi queste leggi sono state migliorate, ma le donne che hanno combattuto per ottenere questo risultato, sono in carcere.
“Perché un ragazzo minorenne dovrebbe essere il tutore di una donna adulta?” ha scritto Nassima nel 2016, “Perché non c’è un’età a partire dalla quale una donna diventa adulta, responsabile delle sue decisioni e della sua vita? Perché un uomo dovrebbe essere responsabile della sua vita?”.
Nel luglio 2018 Nassima è stata arrestata a causa del suo pacifico lavoro per la promozione dei diritti delle donne. In carcere ha subito maltrattamenti. Da febbraio 2019 a febbraio 2020 è stata messa in una cella da sola, completamente isolata dalle altre detenute. È autorizzata a chiamare la sua famiglia una volta alla settimana, ma non può ricevere visite, nemmeno dai suoi avvocati.
Ma Nassima e la sua famiglia non si sono mai arresi. E noi con loro.
Scrivi anche tu alle autorità saudite: scarica la lettera a sostegno di Nassima al Sada
Petizione on-line: sostieni Nassima al Sada, Arabia Saudita