L’iniziativa detta “per l’autodeterminazione” obbligherebbe le autorità federali ad adottare gli impegni internazionali esistenti che fossero in conflitto con la Costituzione federale “se necessario” denunciando i trattati in questione. Nel mirino: la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
L’analisi di Guillaume Lammers, dottore in diritto e avvocato, collabora con il Centre de droit public dell’Università di Losanna. Ha dedicato il suo dottorato al tema della democrazia diretta di fronte al diritto internazionale.
Ogni singolo Stato deve determinare qual’è la posizione del diritto internazionale rispetto al proprio diritto nazionale. Una regola che si applica anche alla Svizzera. Una questione complessa, che impone di determinare diversi aspetti, a partire dalla gerarchia tra diritto internazionale e nazionale: in caso di conflitto quale dei due ha la meglio? La Costituzione federale prevede che, in principio, il diritto internazionale prevalga sul diritto nazionale. Questo significa che in caso di conflitto tra una norma internazionale e una norma di diritto nazionale, la seconda ceda il passo di fronte alla prima.
Questo principio emerge in due punti della Costituzione federale. È espresso una prima volta nell’articolo 5, capoverso 4 della Costituzione, secondo il quale “la Confederazione e i cantoni rispettano il diritto internazionale”. Più avanti, l’articolo 190 prevede che il diritto internazionale “è determinante” per il Tribunale federale e le altre autorità incaricate dell’applicazione del diritto. Queste due regole costituzionali fondano il primato del diritto internazionale sul diritto interno.
Questo primato non è però assoluto. In determinati casi molto particolari, un conflitto tra il diritto internazionale e il diritto nazionale potrà essere risolto dando priorità alla norma di diritto interno. In questo senso la relazione tra diritto internazionale e diritto interno rimane complessa e non può essere disciplinata da regole schematiche. Ciononostante, rimane il principio secondo il quale - tranne eccezioni - il diritto internazionale ha la priorità sul diritto interno.
L’iniziativa “Il diritto svizzero anziché giudici stranieri”, detta “iniziativa per l’autodeterminazione”, ha come obiettivo di invertire questo rapporto gerarchico, instaurando il primato della Costituzione federale sul diritto internazionale. Il popolo e i cantoni si dovranno pronunciare su questo punto il 25 novembre prossimo. L’UDC presenta questa iniziativa dopo aver ottenuto l’integrazione nella Costituzione federale di diverse iniziative popolari che si avverano essere problematiche a causa dell’incompatibilità con il diritto internazionale. Le più recenti sono le iniziative “Per il rinvio di criminali stranieri” e “Contro l’immigrazione di massa”. I principî enunciati da questi testi si scontrano con gli impegni internazionali presi dalla Svizzera, ad esempio la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU). Ad oggi i conflitti sono stati evitati tramite regole di attuazione inserite nelle leggi federali che evitano di violare questi impegni. .
Primato del diritto svizzero
L’iniziativa per l’autodeterminazione tende a far sì che le disposizioni della Costituzione federale non siano più applicate nel rispetto del diritto internazionale, qualora esso le sia contrario. In caso di approvazione, la Costituzione federale sarebbe eretta a “fonte suprema di diritto della Confederazione svizzera”, dunque superiore al diritto internazionale. L’obbligo per le autorità di applicare il diritto internazionale, previsto dall’articolo 190 della Costituzione, sarebbe limitato: si limiterebbe ai trattati internazionali che sono stati sottoposti a referendum facoltativo o obbligatorio. Infine un nuovo articolo, 56a, sarebbe integrato alla Costituzione federale. Quest’ultimo non solo vieterebbe alle autorità federali di concludere accordi internazionali contrari alla Costituzione federale (come è già il caso), ma le obbligherebbe anche ad adattare gli impegni internazionali esistenti che fossero in conflitto con la Costituzione federale, se necessario” denunciando i trattati in questione.
L’iniziativa per l’autodeterminazione non è esente da imprecisioni e contraddizioni. Anche se l’auspicio degli iniziativisti è instaurare il primato della Costituzione federale sul diritto internazionale, l’iniziativa lascia intatta la regola iscritta nell’articolo 5 comma 4, secondo cui “la Confederazione e i cantoni rispettano il diritto internazionale”. Allo stesso modo mantiene l’obbligo enunciato all’articolo 190 per le autorità, Tribunale federale in primis, di applicare il diritto internazionale, anche se questo obbligo sarebbe limitato ai trattati che sono stati sottoposti a referendum facoltativo o obbligatorio. Inoltre questi trattati dovrebbero comunque essere adattati o denunciati? Si tratta solo di alcuni interrogativi sollevati dall’iniziativa. Imprecisioni di questo peso rappresentano altrettante fonti di insicurezza giuridica.
In ogni caso, l’adozione dell’iniziativa rappresenterebbe un duro colpo per l’immagine della Svizzera quale Stato di diritto e partner internazionale affidabile. In effetti, secondo le modifiche delle regole costituzionali, numerosi trattati potrebbero venir violati o denunciati in qualsiasi momento. Quale Stato sarebbe ancora pronto a concludere un accordo con la Svizzera se esistesse il rischio che quest’ultima non rispetti improvvisamente l’impegno preso?
CEDU nel mirino
Formulata in modo molto generico, l’iniziativa per l’autodeterminazione potrebbe in teoria avere delle ripercussioni su numerosi impegni presi dalla Svizzera. Ma la sua adozione avrebbe delle conseguenze in particolare sulla protezione dei diritti umani. Tra le righe la CEDU è in effetto uno dei principali testi toccati dall’iniziativa. La Convenzione ha un ruolo centrale nella protezione dei diritti umani in Svizzera. Ma, contrariamente ad altri trattati importanti che compongono l’ordine giuridico svizzero, la Convenzione non è stata sottoposta a referendum quando fu adottata dalla Svizzera, nel 1974 (questo non è il caso per i suoi protocolli aggiuntivi, adottati in seguito). Il campo di applicazione del referendum in materia di trattati internazionali allora era meno ampio rispetto ad oggi, e le autorità federali non erano tenute a sottomettere il testo in votazione.
Se l’iniziativa per l’autodeterminazione fosse adottata, la CEDU non beneficerebbe più dell’ “immunità” procurata attualmente dall’articolo 190 della Costituzione federale all’insieme del diritto internazionale. Secondo il testo dell’iniziativa, un conflitto tra Costituzione federale e CEDU dovrebbe venir risolto a scapito della seconda, fatto che potrebbe sfociare in una condanna della Svizzera da parte dei giudici di Strasburgo. Il fatto per la Confederazione di aver eretto la sua propria Costituzione a “fonte suprema” del suo diritto non avrebbe come effetto di far adottare ai giudici una posizione diversa. Il non rispetto degli impegni internazionali da parte della Svizzera metterebbe quest’ultima, in qualità di Stato di diritto, in una posizione insostenibile. L’unica soluzione sarebbe denunciare la CEDU. Un atto che avrebbe, senza ombra di dubbio, delle conseguenze disastrose.