© Ambroise Héritier
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Dossier - Iniziativa popolare «Diritto svizzero anziché giudici stranieri» Una pericolosa virata politica

Amnesty International - agosto 2018
Il 25 novembre 2018 gli elettori svizzeri si esprimeranno sull'iniziativa "per l'autodeterminazione" promossa dall'UDC. La posta in gioco è molto alta per ogni cittadino svizzero, per questo Amnesty International è scesa in campo invitando a votare un chiaro "NO", in nome dei diritti umani. Questo articolo è inserito in un approfondimento sul tema pubblicato nella rivista Amnesty del mese di agosto 2018 (testi originali in tedesco o francese).

L’iniziativa sui giudici stranieri rappresenta un attacco frontale ai diritti umani, ma è anche il riflesso di una pericolosa evoluzione in corso a livello internazionale. Con questa votazione la Svizzera sarà il primo paese ad avere la possibilità di impegnarsi chiaramente a favore dei diritti umani.

di Patrick Walder, coordinatore della campagna “I diritti umani sono la nostra forza!”

A partire dal titolo, l’iniziativa dimostra il fiuto politico e il senso della comunicazione del comitato d’iniziativa dell’Unione democratica di centro (UDC): “Il diritto svizzero anziché giudici stranieri” (iniziativa per l’autodeterminazione). Poche parole che riassumono una tendenza politica che negli scorsi anni ha raccolto consensi in tutto il mondo e pone la popolazione di fronte a grandi sfide.

Questa tendenza consiste nell’ergersi contro tutto ciò che è percepito come “straniero”, che si tratti di rifugiati o migranti, della globalizzazione o dell’Unione europea. L’UDC parte in guerra contro le “élite”, i giudici, i burocrati, la Berna federale, senza dimenticare il padronato e i super ricchi. Afferma di voler salvaguardare l’ “autodeterminazione”. Un valore che nessuno intende contestare, ma è veramente questo il tema in discussione? Perché questo termine è, in questo caso, sinonimo di nazionalismo, “svizzeritudine”, di ripiegamento su se stessi. Lo stesso discorso vale quando brandisce l’argomento di una presunta “volontà popolare” svizzera.

Gli iniziativisti non fanno altro che cavalcare con abilità l’onda populista. Dagli anni ’90 sono stati loro stessi gli istigatori di una retorica alla quale si sono ispirati i partiti dell’estrema destra europea. Un discorso che si è imposto negli scorsi anni in numerosi paesi con la Brexit, l’elezione di Donald Trump, il successo del “Movimento 5 Stelle” in Italia e il successo dei partiti populisti.

Lezioni dimenticate

Amnesty International è preoccupata di fronte alla crisi mondiale dei diritti umani: gli attacchi contro il diritto internazionale sono sempre più spregiudicati, le persecuzioni nei confronti di difensori dei diritti umani si moltiplicano, l’incapacità dell’Europa di rispondere alla crisi dei rifugiati è sempre più manifesta – per citare solo alcuni esempi.

Ricordiamoci che i diritti umani sono stati instaurati all’indomani della Seconda Guerra mondiale per impedire il ripetersi degli orrori della Shoah. Oggi, settant’anni più tardi, le lezioni della Storia sembrano cadere pian piano nell’oblio, e il fragile consenso attorno ai diritti umani è messo in discussione con una frequenza crescente.

L’insegnamento tratto dall’Europa dalle abominazioni del conflitto mondiale si è tradotto nella volontà di favorire la democrazia, lo Stato di diritto e i diritti umani. Con questo obiettivo, nel 1949, è nato il Consiglio d’Europa, che un anno più tardi ha adottato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) e ha istituito, nel 1959, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU) a Strasburgo.

Il nuovo ordine creato durante gli anni del dopoguerra ruota attorno a due pilastri: il mercato comune dell’Unione europea e l’insieme dei diritti sottoscritti dagli Stati membri del Consiglio d’Europa. Il continente deve loro settant’anni di stabilità, di pace e di prosperità. Oggi è chiaro che questo ordine attraversa una grave crisi e che forti attacchi tentano di comprometterne le fondamenta.

Offensiva svizzera

Per diversi decenni la Svizzera ha tratto profitto dell’ordine europeo. Ed è proprio questo paese che, oggi, parte all’attacco della struttura così pazientemente costruita, aprendo il fuoco contro la CEDU e la Corte EDU.

Il nostro paese ha aderito tardi al Consiglio d’Europa, nel 1963, e sono stati necessari altri dieci anni per la ratifica della CEDU (1974): un’attesa dovuta al rifiuto da parte del nostro paese di concedere il voto alle donne. Ma rapidamente la Svizzera si è ritagliata il ruolo di prima della classe. La Svizzera si è molto impegnata in seno al Consiglio d’Europa, vantandosi di essere la guardiana dei diritti umani e di detenere il record del minor numero di condanne da parte della Corte EDU. Solo l’1,6% dei ricorsi individuali depositati alla Corte di Strasburgo sono ad oggi sfociate in una condanna della Svizzera. Queste sentenze e la CEDU stessa hanno costituito per la Svizzera un quadro di riferimento grazie al quale il paese ha fatto importanti progressi in materia di diritti umani.

Questi diritti sono apparentemente insopportabili per i promotori dell’iniziativa sui giudici stranieri. L’UDC ha lanciato la propria offensiva contro la protezione dei diritti umani quando si è resa conto che la CEDU ha il potere di limitare l’applicazione di iniziative popolari contrarie al diritto internazionale, spesso promosse dal partito populista. Negli ultimi anni diverse iniziative si sono impegnate a minare i diritti garantiti dalla CEDU (internamento a vita, espulsione dei criminali stranieri, divieto dei minareti, etc. …). Queste iniziative non sono (per ora) sfociate in condanne della Svizzera. Ma sopprimere la protezione da parte della CEDU faciliterebbe la messa in atto in Svizzera di politiche che ignorano i diritti delle minoranze.

Se l’iniziativa sui giudici stranieri venisse accettata, l’UDC potrebbe immediatamente esigere che la Svizzera denunci la CEDU, poiché quest’ultima contraddice già la Costituzione federale su diversi punti. Il divieto di costruzione di minareti, ad esempio, è un caso in cui il diritto nazionale svizzero entra in conflitto con la CEDU, che garantisce la libertà di religione.

Mentre altre iniziative controverse si limitano a temi simbolici (come il divieto del burqa), l’iniziativa contro i diritti umani potrebbe potenzialmente sconvolgere il nostro ordinamento giuridico, rendendo inoperante il meccanismo di protezione di questi diritti. Infatti, un’eventuale accettazione di quest’iniziativa lascerebbe la porta aperta alla modifica o perfino alla soppressione tramite un’iniziativa popolare dei diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione.

Un segnale forte per i diritti umani?

Da settant’anni i diritti umani sono in via di completamento. Dei trattati sono stati firmati e delle istituzioni sono state create per applicarli e proteggerli. Oggi ci rendiamo conto che questi diritti non sono incisi nel granito. Sono minacciati da politici che, senza proporre soluzioni alternative, promettono risultati mirabolanti a corto termine. Le loro ricette: aizzare la popolazione “autoctona” contro la popolazione straniera, accusare le “élite” di tutti i mali, schiacciando contemporaneamente i più deboli.

La Svizzera non è l’unico paese a prendere di mira i diritti umani. La Russia di Putin applica ormai solo con riserve le sentenze della CEDU e il presidente Erdogan ha messo parzialmente fuori gioco la Convenzione dichiarando lo stato d’emergenza in Turchia.

Le cittadine e i cittadini svizzeri possono naturalmente chiedere che la Svizzera denunci la CEDU se questa è la loro volontà. Ma le iniziative devono annunciare chiaramente qual è la loro intenzione. Revocare la protezione dei diritti umani non va fatto in modo disonesto, nascondendosi dietro una polemica attorno ai giudici stranieri.

Abbiamo tutti da perdere se ci sottomettiamo alla legge del più forte, sopprimendo le regole che proteggono le minoranze e le libertà individuali. Visto il caos e le violazioni del diritto che si registrano ovunque nel mondo, perché dovremmo rinunciare volontariamente ai nostri diritti e alle nostre protezioni? Non è assolutamente escluso che i cittadini privilegino le regole e la stabilità, e che spazzando via l’iniziativa contro i diritti umani mandino un segnale forte, ben oltre le frontiere della Svizzera!