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Limitazione dei diritti umani
Le misure coercitive previste dalla legge di polizia – sorveglianza elettronica, divieto di contatto, divieto di lasciare o accedere ad aree determinate, divieto di lasciare il paese e arresti domiciliari – hanno un grave impatto sulla vita delle persone toccate e le loro famiglie. I diritti umani quali la libertà di movimento e di riunione, il diritto al rispetto della vita privata e familiare, il diritto al lavoro e all’educazione sono fortemente limitati. Questa legge non crea più sicurezza, bensì indebolisce i diritti fondamentali e marginalizza ed esclude le persone toccate.
Termini vaghi e carichi di conseguenze
La legge sulle misure di polizia utilizza volutamente dei termini giuridici vaghi che conferiscono all’Ufficio federale di polizia (fedpol) dei poteri decisionali molto ampi e comportano il rischio di limitazioni sproporzionate e arbitrarie dei diritti umani. I criteri vaghi per ordinare delle misure coercitive e la definizione estremamente ampia dell’“attività terroristica” sono particolarmente problematici.
Prognosi di pericolo potenziale
Affinché la fedpol possa ordinare delle misure coercitive è sufficiente avere degli “indizi” che la persona potrebbe, in futuro, dedicarsi a un’“attività terroristica”. Le misure preventive sono quindi ordinate sulla base di ipotesi sulle intenzioni e le azioni future di una persona – e quindi riguarderanno inevitabilmente delle persone per le quali si suppone unicamente che possano rappresentare un pericolo.
Definizione del "terrore": tutti sospettati
L’unico criterio della "propagazione di paura e timore" con degli intenti politici è già considerato dalla legge come un’“attività terroristica”. Questa definizione non presuppone né un’infrazione penale, né l’impiego o la minaccia della violenza, che invece esigono gli standard internazionali. Quindi anche una protesta politica legittima, quale ad esempio lo sciopero per il clima, può essere considerata come “attività terroristica”.
Informazioni segrete, mancanza di trasparenza
L’interpretazione di questi criteri volutamente vaghi è interamente nelle mani della fedpol. Le misure saranno, in regola generale, principalmente basate su delle informazioni segrete del Servizio delle attività informative della Confederazione che sono impossibili o difficili da verificare. Siccome la persona toccata generalmente non ha accesso a queste informazioni, non è nemmeno a conoscenza dei motivi di sospetto o degli “indizi”, il che rende molto più difficile contestare le misure.
Nessun controllo giurisdizionale delle misure
Fedpol può ordinare queste misure senza approvazione giudiziaria, a sua discrezione e con effetto immediato. La legge non prevede un controllo giudiziario (ad eccezione degli arresti domiciliari). Le persone interessate non avranno quindi la possibilità di difendersi contro queste misure. Anche se in seguito possono appellarsi a una decisione, il ricorso non ha un effetto sospensivo. Anche le persone sospettate a torto sono lasciate all’arbitrio della polizia.
Sistema giuridico parallelo senza garanzie di procedura
I poteri della polizia non riguardano l’inchiesta e il procedimento relativi alle infrazioni penali presunte. Sono destinati a svilupparsi nell’ambito della prevenzione e non sono quindi legati al diritto penale. Questo porta a bypassare il sistema di giustizia penale ordinario, i suoi principi e le sue garanzie procedurali. Così si crea un sistema giuridico parallelo, basato sulla repressione penale, ma che non offre le garanzie procedurali ancorate nel diritto penale.
Abolizione della presunzione d’innocenza
La presunzione di innocenza garantita dal diritto penale impone all’autorità incaricata delle indagini di dimostrare la colpevolezza di una persona sospettata di un’infrazione. Siccome secondo la legge sulle misure di polizia non ci deve essere un sospetto di reato, le autorità non devono produrre delle prove. Tutto ciò di cui hanno bisogno sono degli “indizi” secondo i quali una persona è potenzialmente pericolosa. Per contestare le misure la persona toccata deve quindi fornire una prova impossibile della sua “non pericolosità”. La legge crea così una presunzione di pericolosità giuridicamente insostenibile.
Pericolo per la libertà d’espressione
L'ampia definizione di "attività terroristica" crea il pericolo di perseguire azioni che sono legittime dal punto di vista del diritto alla libertà di espressione. La legge potrebbe quindi creare un clima di paura che avrebbe un effetto paralizzante sulla libertà di espressione e di stampa, portando molte persone, compresi gli attivisti politici e i giornalisti, all'autocensura.
Stigmatizzazione di alcuni gruppi specifici
Con la legge sulle misure di polizia sussiste il pericolo che il sospetto non sia più diretto contro delle persone individuali come nel diritto penale, ma contro dei gruppi interi all’interno dei quali delle “persone pericolose” sono sospettate. Come sono identificate le persone potenzialmente pericolose? Una combinazione di caratteristiche (età, sesso, origine, religione…) diventa il punto di partenza di un profilaggio e della sorveglianza da parte delle autorità – e un fattore di rischio per le persone toccate. Questa procedura può portare alla stigmatizzazione e alla marginalizzazione di gruppi interi della popolazione.
Arresti domiciliari: privazione arbitraria della libertà
La legge permette di mettere delle persone agli arresti domiciliari per diversi mesi in base a dei semplici sospetti. Secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo, questa misura equivale a una privazione della libertà. Gli arresti domiciliari costituiscono quindi una pena privativa della libertà senza accusa, senza procedura penale e senza condanna – e violano di conseguenza la Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (CEDU).
Il non rispetto dell’interesse superiore del bambino e dei diritti dell’infanzia
Le misure coercitive possono essere utilizzate contro i bambini a partire dai 12 anni (o 15 anni nel caso degli arresti domiciliari). Questi limiti d’età sono in contraddizione con il diritto penale minorile svizzero e con gli obblighi della Svizzera in materia di diritti umani in virtù della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia. Mentre il diritto penale minorile e il diritto internazionale danno priorità alla re-inserzione sociale, le misure coercitive previste dalla legge sulla legge sulle misure di polizia hanno un carattere punitivo e sfociano in una stigmatizzazione dei bambini e dei giovani. Inoltre, la legge non accorda alcun diritto procedurale ai minori oggetto di queste misure.