Nel febbraio 2020 il suo compagno, l'avvocato e attivista Xu Zhiyong, è stato arrestato. Quando Xu riferì al suo avvocato di essere stato torturato, Li Qiaochu chiese pubblicamente che fosse trattato meglio e rilasciato. Poco dopo, all'inizio del 2021, Li è stata arrestata, tenuta in isolamento per circa sei mesi e accusata di "incitamento alla sovversione del potere statale". È detenuta dalle autorità cinesi solo per aver denunciato violazioni dei diritti umani e per il suo attivismo pacifico.
La Cina è parte della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e quindi ha l'obbligo di indagare sulle accuse di tortura e di proteggere coloro che denunciano tali atti, come Li Qiaochu. Tuttavia è stata messa a tacere dalle autorità cinesi.
Da quando Xi Jinping è salito al potere, a fine 2012, lo spazio per i difensori dei diritti umani in Cina si è rapidamente ridotto. Questo era già evidente quando Pechino è stata scelta per ospitare le prossime Olimpiadi invernali, il 31 luglio 2015. Solo poche settimane prima di questo annuncio infatti il governo cinese ha lanciato la "repressione del 9 luglio", conosciuta anche come "709 crackdown".
Un arsenale legislativo per mettere a tacere il dissenso
Oggi, la Cina continua la sua implacabile persecuzione dei difensori dei diritti umani e degli attivisti, che sono sistematicamente sottoposti a molestie, intimidazioni, sparizioni forzate, detenzioni in incommunicado e arbitrarie, e anche lunghe pene detentive. La mancanza di una magistratura indipendente e di vere garanzie di processo equo non fa che esacerbare queste persistenti violazioni. Attiviste e attivisti, difensori dei diritti umani sono regolarmente presi di mira e accusati di reati vagamente definiti e di vasta portata come "sovversione dello Stato", "incitamento alla sovversione dello Stato" o "cercare di provocare un conflitto e disturbare l'ordine pubblico".