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Liberate i 5! Quando difendere la libertà religiosa e culturale porta alla prigione

Berna/Lugano, gennaio 2022
Rinchen Tsultrim era un monaco del monastero di Nangshig, nella prefettura autonoma tibetana di Aba, nella provincia del Sichuan. Dopo un'ondata di disordini in Tibet nel 2008, ha iniziato a esprimere le sue opinioni via WeChat e sul suo sito, "Scetticismo sul Tibet". Il governo cinese ha cercato di farlo tacere, come fa con tutte le minoranze etniche, culturali e religiose.

Nel 2018, l'ufficio della sicurezza pubblica locale ha avvertito il monaco Rinchen Tsultrim due volte, ordinandogli di smettere di esprimere online delle opinioni critiche sulla politica cinese. È stato messo sotto stretta sorveglianza e il suo sito web è stato chiuso. Nell'agosto 2019 è stato arrestato ed è tuttora detenuto. Nel novembre 2020, è stato condannato a quattro anni e sei mesi di prigione senza un processo equo. La sua famiglia l'ha scoperto solo un anno dopo.

Nell'agosto 2021, il governo cinese ha risposto alle preoccupazioni sollevate da diversi esperti delle Nazioni Unite su Rinchen Tsultrim, affermando che era stato condannato per "incitamento alla secessione" per aver pubblicato informazioni su WeChat, e stava scontando la sua pena nella prigione di Aba, nella provincia del Sichuan. La famiglia di Rinchen Tsultrim crede che sia stato trattenuto per aver espresso le sue opinioni politiche. Rinchen non può comunicare con la sua famiglia o di consultare un avvocato, fatto che  solleva serie preoccupazioni per la sua salute e il suo benessere.

La questione tibetana

In Cina, i tibetani affrontano discriminazioni e restrizioni ai loro diritti di libertà di religione, espressione, associazione e riunione pacifica. Nelle zone popolate dal Tibet, le minoranze etniche sono soggette a severe restrizioni in vari campi e a misure repressive con il pretesto di "combattere il separatismo", "combattere l'estremismo" o "combattere il terrorismo". Monaci tibetani, scrittori, manifestanti e attivisti sono regolarmente arrestati per le loro attività pacifiche.

L'accesso alle aree popolate dal Tibet rimane altamente limitato, in particolare per i giornalisti, gli accademici e le organizzazioni per i diritti umani, rendendo estremamente difficile la ricerca e la raccolta di informazioni sulla situazione dei diritti umani nel paese. Dal febbraio 2009, almeno 150 tibetani si sono dati fuoco in queste zone per protestare contro le politiche repressive delle autorità.

La libertà religiosa schiacciata dall'ideologia di stato

Le attività religiose sono ancora severamente represse dalle autorità centrali. Le autorità stanno lavorando per allineare le pratiche e gli insegnamenti religiosi all'ideologia dello stato e per rafforzare il loro controllo generale su tutti i gruppi religiosi, sia quelli approvati dallo stato che quelli non registrati.