“Un medico è una persona, un essere umano che vede delle persone morte, persone che sono state torturate, persone che hanno perso i propri bambini: come fai ad abituarti? Possono essere i tuoi figli, può essere tuo padre, tua madre, tua sorella, come fai ad abituarti a queste atrocità?” Pietro Bartolo
Lo chiamano “il dottore dei migranti”. Ma per il Dottor Bartolo le migliaia di uomini, donne e bambini che ha curato non sono banalmente “migranti”, sono Persone che lui ha accolto e curato con la stessa professionalità e lo stesso amore che dedica a tutti i suoi pazienti, poco importa chi siano e da dove vengano.
Perché questo è, oggi, fare il medico a Lampedusa.
La piccola isola a metà mare tra l’Africa e il vecchio continente è diventata “porta d’Europa” e tappa quasi obbligata per le decine di migliaia di persone costrette a lasciare le proprie terre e a rischiare il tutto per tutto attraversando il Mediterraneo.
“Migrare vuol dire scoprire un mondo nuovo che speriamo possa divenire dimora accogliente della nostra esistenza. Qualunque sia la ragione, si cambia luogo per cambiare la propria vita e a tutti spetta il diritto di costruirsi una vita migliore.” P.B.
La prima volta fu nel 1991, sbarcarono solo in 3. Da allora si è occupato di 350mila persone ed è stato costretto a fare innumerevoli riconoscimenti cadaverici, la procedura per lui più odiosa e difficile in assoluto.
Uno di questi tanti – troppi - sbarchi ha segnato la sua vita e quella di tutta l’isola.
Il 3 ottobre 2013 è naufragata, a poche miglia dal porto, un’imbarcazione con 500 persone a bordo. Morirono in 368. Dei 155 superstiti, 44 erano minorenni e uno solo di loro viaggiava accompagnato. Una delle più gravi tragedie marittime nel Mediterraneo del 21esimo secolo.
“C’erano dei bambini, c’erano delle donne, donne che avevano partorito durante il naufragio, uomini, ragazzini, bambini. Erano persone. Erano quasi arrivati al mondo che avevano tanto sperato, erano a pochi metri dal porto.
Abbiamo dovuto assistere all’arrivo dei cadaveri, recuperare i cadaveri, cadaveri, solo cadaveri. È stato veramente un colpo mortale alla nostra anima. Ho dovuto fare tutte quelle ispezioni cadaveriche, ho dovuto aprire quei sacchi. È stato terribile.” P.B.
Per fortuna però, “Ci sono anche cose belle, che mi fanno andare avanti”: come la piccola Favour, la cui foto in braccio al medico scatenò, nel maggio 2016, una vera e propria gara di solidarietà e di cui oggi è “zio onorario”, e poi Anila, che a più o meno 10 anni è arrivata tutta sola a Lampedusa: partita dalla Nigeria era venuta “in Europa” a cercare la sua mamma. Con il Dottor Bartolo al suo fianco, Anila ha ritrovato la sua mamma e si sta costruendo un futuro.
Un susseguirsi di vicende drammatiche, che non lasciano tregua al medico della piccola isola, che ha fatto propria la missione di raccontare a più persone possibile cosa vede e sente dal suo osservatorio sul mare. Per questo, nel tempo libero dal lavoro, lascia l’isola per andare a raccontare, per prestare la propria voce alle persone migranti che ha incontrato e che una voce non l’hanno.
“Noi lampedusani abbiamo questo virus dell’accoglienza, lo avremo sempre, fino alla morte o fino a quando sarà necessario” P.B.
L’ospite
Medico ginecologo, il Dottor Pietro Bartolo (figlio di pescatori, nato a Lampedusa nel 1956) è responsabile del Poliambulatorio di Lampedusa dal 1991. Da anni in prima linea per la difesa dei diritti dei migranti, ha raccontato la propria storia e le storie delle persone incontrate a Lampedusa in due libri, “Lacrime di sale” e “Le stelle di Lampedusa”.
È uno dei protagonisti del film documentario Fuocoammare di Gianfranco Rosi, che nel febbraio 2016 ha vinto l'Orso d'oro al festival di Berlino, e ha ottenuto una candidatura nella categoria "Miglior Documentario" agli Oscar 2017.
Appuntamento martedì 4 giugno 2019 allo Spazio 1929 (Via Ciseri 3, Lugano), dalle 19:00. L’incontro sarà seguito da un aperitivo offerto.
Il numero di posti a sedere è limitato.