Visto il propagarsi della pandemia, nei paesi europei c’è chi sui social media si lamenta perché i nostri governi non adottano «il metodo cinese» per prevenire il diffondersi del Coronavirus. Ovvero «un po’ di sana dittatura» permetterebbe di confinare milioni di persone a casa propria, senza la minima opposizione.
È importante ricordare, in primo luogo, che il governo cinese ha gestito molto male l’inizio della crisi: i medici che hanno lanciato l’allarme in dicembre sono stati messi a tacere e il regime cinese ha fatto lobbying aggressivo all’Organizzazione mondiale della sanità per tentare di minimizzare la gravità dell’epidemia, ritardando la messa in atto di misure per lottare contro la sua diffusione.
Ricordiamo poi che la dittatura in Cina non è solo la decisione di confinare in casa milioni di persone. È un sistema di controllo e repressione su ampissima scala che permette al regime di censurare qualsiasi critica e di rimanere al potere. È la tortura sistematica in detenzione, sono le sparizioni forzate di dissidenti o di avvocati che difendono i diritti umani, è l’internamento in campi di rieducazione di oltre un milione di Uiguri (senza alcun processo e per anni), è la sorveglianza di qualsiasi spostamento grazie al riconoscimento facciale.
Tutto questo e anche la censura di massa su internet e tutti i social media, da parte di un esercito di cyber-censori. La gestione dell’epidemia di Coronavirus da parte del governo cinese ha suscitato forti critiche e di conseguenza una sfilza di nuovi termini sono diventati «sensibili» : già in gennaio degli utilizzatori del social Weibo si sono lamentati perché i messaggi contenenti le parole «Wuhan» e «Hubei» venivano soppressi. Su WeChat, un altro social molto in voga, delle combinazioni come «Xi Jinping» e «Wuhan» sono sistematicamente censurate.
No, siamo fortunati a non vivere in una dittatura e siamo fortunati che le autorità, anche in questa situazione eccezionale, sono tenute a rispettare i diritti della popolazione. Questo ci permette, ad esempio, di chiedere alla Segreteria di Stato della migrazione di sospendere le procedure d’asilo in Svizzera poiché non è possibile garantire una procedura equa. Questo ci permette di chiedere che i richiedenti asilo che vivono negli alloggi collettivi ricevano del sapone e delle informazioni sulla trasmissione del virus, e che abbiano accesso alle cure. No, non è chiedere troppo in un paese come il nostro.
È solo uniti e solidali che riusciremo a superare questa crisi, e non reprimendo e violando i diritti delle persone più vulnerabili.