A fine gennaio esce nelle sale il film Blood Diamonds con DiCaprio I "diamanti della guerra" costano vite umane

Le guerre civili in Africa sono ancora oggi finanziate dai diamanti. Il controllo del commercio di diamanti grezzi è stato migliorato negli ultimi anni grazie all'introduzione di un sistema di sorveglianza e certificazione statale, ma la consapevolezza della problematica legata ai "diamanti della guerra"è ancora debole presso i rivenditori di gioielli e nell'opinione pubblica. Un film americano di prossima uscita - intitolato "Blood Diamonds" con protagonista Leonardo Di Caprio - può rappresentare un'ottima occasione per riflettere su questo problema.

Cosa sono i "diamanti della guerra"?

I "diamanti della guerra", chiamati anche "diamanti insanguinati" ("blood diamonds" in inglese) sono diamanti grezzi la cui vendita consente ai gruppi ribelli e ai loro alleati di finanziare le guerre civili e acquistare armi in vari Stati africani. In Angola, Liberia, Sierra Leone e nella Repubblica democratica del Congo, dagli anni '90 del secolo scorso i gruppi armati ribelli hanno preso controllo delle mine di diamanti al fine di finanziare l'acquisto di armi con la vendita delle pietre grezze sul mercato illegale, con la compiacenza delle ditte che esercitano l'oligopolio mondiale del commercio dei diamanti e nell'indifferenza degli Stati. Il controllo delle zone diamantifere è strategicamente essenziale in Africa e i diamanti sono stati all'origine di conflitti armati.

300 mila morti per un diamante

Come conseguenza, centinaia di migliaia di persone sono morte negli ultimi 10 anni in questi conflitti finanziati dai "diamanti della guerra" e anche se dal 2002 i conflitti in Angola, Sierra Leone e Liberia sono ufficialmente cessati, e nella RDC la situazione è migliorata, i "diamanti della guerra" continuano ad affluire sul mercato internazionale dei gioielli, in provenienza dalla Costa d'Avorio. Nel paese africano si sta combattendo un violento conflitto, perciò i diamanti vengono contrabbandati in Liberia e da qui nei paesi vicini, dove sono spacciati come "diamanti esenti da conflitto", entrando così nel mercato legale delle pietre preziose e garantendo un facile arricchimento ai gruppi ribelli.

Il Processo di Kimberley

Nel dicembre 2000, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha votato all'unanimità une risoluzione nella quale metteva in rilievo il legame diretto tra il commercio illegale dei diamanti e i sanguinosi conflitti che si stavano combattendo nel continente africano. Lo stesso anno veniva promosso il "Processo di Kimberley" dal nome della città sudafricana dove si riunirono membri delle organizzazioni diamantifere mondiali, esponenti degli stati maggiormente coinvolti nel commercio dei preziosi e rappresentanti di organizzazioni non governative, che sarebbe entrato in vigore nel 2003. Si tratta di un sistema di certificazione del commercio dei diamanti che permette di ricostruire all'indietro il percorso di ogni pietra dal negozio del rivenditore fino al luogo del taglio e al paese di provenienza, in modo da poter certificare che il diamante è "conflict-free", esente da conflitto. Nell'ambito del Processo di Kimberley le autorità statali sono responsabili di verificare le spedizioni dei diamanti e di controllare l'operato delle ditte attive nel traffico dei diamanti, certificando peso e valore di ciascuna pietra. Tutti i paesi importatori sono obbligati ad accettare soltanto diamanti grezzi dotati del certificato "Processo di Kimberley".

Rivenditori di gioielli poco sensibili

Per sostenere il Processo di Kimberely - cui ha accettato di partecipare più un'esigenza di immagine e di marketing che per una sincera convinzione a risolvere il problema dei diamanti provenienti da zone di conflitto - l'industria internazionale dei diamanti ha accettato di creare un sistema di garanzia volontario, che dovrebbe permettere di verificare il tragitto commerciale delle pietre preziose fino alla vetrina del rivenditore. Infatti, dal momento in cui le pietre sono tagliate diventa impossibile ricostruirne con esattezza la provenienza (cosa possibile finché la pietra è grezza) e pertanto il compito dell'industria del diamante è quello di vegliare, tramite il rilascio di certificati di garanzia, affinché nessuna merce di contrabbando venga mescolata sul mercato legale alle pietre certificate. Tutte le fatture emesse al momento della vendita di gioielli con diamanti dovrebbero essere accompagnate da una garanzia scritta che attesta che si tratta di pietre la cui origine è al di sopra di ogni sospetto.

L'inchiesta di Amnesty e Global Witness

Nell'autunno 2004, Amnesty International e Global Witness - ong che si occupa di monitorare il commercio di materie prime e lo sfruttamento delle risorse naturali - hanno condotto un'inchiesta a livello mondiale presso i rivenditori di gioielli per verificare se l'industria aveva mantenuto fede alle promesse fatte con il Processo di Kimberley. I risultati sono stati assai deludenti: sono una minoranza dei rivenditori ha mostrato una certa sensibilità verso il problema.

In Svizzera, circa 500 negozi sono stati coinvolti nell'inchiesta: solo 56 hanno risposto al questionario inviato da Amnesty. E tra questi, solo 11 hanno dichiarati di richiedere sempre un certificato che specifichi che il diamante è "esente da conflitto" e solo 7 emettono insieme alla fattura una garanzia scritta per il loro cliente. Queste cifre indicano che i controlli volontari stabiliti dagli stessi rappresentanti dell'industria nell'ambito del Processo di Kimberley sono in realtà pressoché inesistenti e che non riescono a contrastare il commercio dei "diamanti della guerra". Anche in seguito all'inchiesta condotta da Amnesty Svizzera, l'Unione delle orologerie e delle oreficerie svizzere (UBOS) ha annunciato nel 2006 che introdurrà nei suoi statuti regole e direttive più esplicite a favore dei propri aderenti.

Cosa fa Amnesty?

Amnesty International s'impegna dal 2000 con un'opera di lobbying politico e sul settore diamantifero, così come attraverso un lavoro di sensibilizzazione dell'opinione pubblica, a favore di misure efficaci che permettano di arginare e mettere fine al commercio dei "diamanti della guerra". La sezione Svizzera di Amnesty International interviene altresì presso rappresentanti del governo e presso l'industria dei preziosi. Ma un ruolo decisivo lo rivestono i consumatori, quindi ciascuno di noi: siamo noi con i nostri acquisti "responsabili" che abbiamo la possibilità di esigere sempre una garanzia scritta che il diamante che vogliamo acquistare non provenga da zone di conflitto e che la sua vendita non sia servita a finanziare alcuna guerra. Il flyer appositamente preparato da Amnesty Svizzera "Cercate il diamante perfetto?" vi fornisce tutte le informazioni essenziali procedere a un acquisto responsabile. Combattiamo insieme i "diamanti insanguinati".

Visitate il sito congiunto Blood Diamonds Action di Amnesty International e Global Witness con il trailer del film

Leggete il reportage di Ettore Mo dalla Liberia: Tra i cercatori di diamanti, dove la povertà è per sempre

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