In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, il 10 ottobre, nel mondo i militanti di Amnesty International si impegneranno contro questa pena crudele. Al centro delle rivendicazioni, le pecche del sistema giuridico americano che spesso sfociano nella condanna di persone innocenti. L’organizzazione per la difesa dei diritti umani lancia un’azione di lettere per impedire l’esecuzione di due prigionieri statunitensi, Troy Davis e Reginald Clemons.
Teresa Lewis, una donna il cui quoziente intellettuale è stato valutato al limite del ritardo mentale, è stata messa a morte con un’iniezione letale lo scorso 23 settembre, in Virginia, negli Stati Uniti. Era stata dichiarata colpevole dell’omicidio di suo marito e del figliastro. È stata la prima donna messa a morte da quasi cento anni nello Stato della Virginia.
“Il tragico caso di Teresa Lewis è un esempio supplementare del fatto che la pena di morte sia discriminatoria: le condanne a morte sono pronunciate particolarmente contro persone che soffrono di problemi psichici, che vivono in povertà o che appartengono a minoranze etniche o religiose”, ha spiegato Sarah Rusconi, portavoce della Sezione svizzera di Amnesty International.
Nel 2010, negli Stati Uniti, sono già state messe a morte 41 persone, di cui tre nello Stato della Virginia. Dalla ripresa delle esecuzioni nel 1997, 1’229 persone hanno subito la condanna a morte negli Stati Uniti.
“Ogni esecuzione che avviene negli Stati Uniti ha delle conseguenze mondiali. Numerosi paesi che non vogliono abolire la pena di morte, giustificano questa loro posizione proprio facendo riferimento agli Stati Uniti, un paese il cui sistema giuridico è percepito come efficiente, giusto e che non commette errori”, aggiunge Sarah Rusconi. “Ma nessun sistema giuridico è al riparo dall’errore. Dal 1973 sono 139 le persone condannate alla pena capitale che sono state rilasciate dal corridoio della morte, dopo che è stata confermata la loro innocenza. Nessuno però sa quante siano le persone innocenti messe a morte.”
Questo rischio è una delle ragioni che, negli ultimi decenni, ha spinto la maggioranza dei paesi ad abolire la pena capitale. Ad oggi sono 139 gli Stati che hanno abolito la pena di morte, nella legge o nella pratica. Nonostante questo, a fine 2009, erano ancora almeno 17’100 le persone che, nel mondo, si trovavano nei corridoi della morte.
Due uomini in particolare, da anni negli Stati Uniti, vivono nell’angoscia, in vista dell’esecuzione: Troy Davis e Reginald Clemons. Troy Davis è nel corridoio della morte da 19 anni, Reginald Clemons da 17. Entrambi sono stati condannati a morte nonostante la loro colpevolezza non sia stata provata. In occasione della Giornata mondiale contro la pena di morte, il 10 ottobre, Amnesty International lancia un’azione di lettere per impedire l’esecuzione di Troy Davis e Reginald Clemons. L’organizzazione per la difesa dei diritti umani esige dalle autorità americane che liberino i due uomini o che la loro condanna a morte sia commutata in una pena di prigione, se la loro colpevolezza può essere stabilita con certezza.
Informazioni complementari:
Fatti e cifre sulla pena di morte
58 paesi mantengono la pena di morte nella legge.
95 paesi hanno abolito la pena capitale per tutti i crimini.
L’abolizione della pena di morte è una tendenza mondiale: nel 2007 l’Assemblea generale dell’ONU ha adottato una risoluzione per una moratoria su tutte le esecuzioni, che è stata confermata nel 2008.
In Europa solo la Bielorussia applica ancora la pena di morte.
In Svizzera la pena di morte è stata abolita nel 1942 nel codice penale civile, e nel 1992 nel codice penale militare applicabile in tempo di guerra.
Amnesty International pubblica ogni anno le statistiche sulla pena di morte. Nel 2010, l’organizzazione ha rinunciato per la prima volta a presentare le cifre che riguardano la Cina, poiché questo paese considera le esecuzioni come un segreto di Stato e rifiuta quindi di consegnare le cifre. Stando ai dati raccolti negli anni precedenti si può supporre che nel 2009 le autorità abbiano ucciso migliaia di cinesi.
Senza tenere in considerazione la Cina, sono almeno 714 le persone messe a morte lo scorso anno, in diciotto paesi. In testa a questa macabra classifica, l’Iran (minimo 388 esecuzioni), l’Iraq (minimo 120), l’Arabia Saudita (min. 69) e gli Stati Uniti (52). L’Iran e Arabia Saudita hanno messo a morte sette giovani che erano minorenni al momento dei reati che erano loro imputati.
I casi di Troy Davis e Reginald Clemons, negli Stati Uniti
Reginald Clemons, afroamericano del Missouri, ha 38 anni e ha trascorso la metà della sua vita nel corridoio della morte. Nega di aver commesso il crimine per il quale è stato condannato a morte, nel 1992.
Troy Davis ha trascorso quasi 19 anni nel corridoio della morte e ha rischiato di essere messo a morte a tre riprese, per un crimine che nega di aver commesso.
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