Egitto Detenuti al Cairo due rappresentanti di Amnesty International

Due rappresentanti di Amnesty International sono stati arrestati dalla polizia al Cairo, dopo che questa mattina la polizia militare aveva preso il controllo del Centro di studi giuridici Hisham ...

Due rappresentanti di Amnesty International sono stati arrestati dalla polizia al Cairo, dopo che questa mattina la polizia militare aveva preso il controllo del Centro di studi giuridici Hisham Mubarak.
 
I componenti dello staff di Amnesty International sono stati trasferiti, insieme ad altri attivisti del Centro e a un delegato di Human Rights Watch, in una località della capitale di cui Amnesty International non è attualmente a conoscenza. "Chiediamo il rilascio immediato e in sicurezza dei nostri colleghi e delle altre persone detenute insieme a lui, che dovrebbero poter monitorare la situazione dei diritti umani in Egitto in questo momento cruciale senza timore di intimidazioni o arresti" - ha dichiarato Salil Shetty, Segretario generale di Amnesty International.
 
Alcuni altri attivisti sono ancora trattenuti all'interno del Centro.


Qui potete leggere un messaggio scritto dai loro colleghi in missione al Cairo

 

Impotenza e imprevidibilità

équipe di Amnesty International al Cairo, 3 febbraio 2011

 

Stavamo intervistando un padre che ha perso il figlio di 16 anni nei disordini recenti, quando ci è pervenuta la notizia della cattura dei nostri colleghi.

Stavano visitando un'organizzazione nazionale per i diritti umani, Hisham Mubarak Law Centre (HMLC), quando gli uffici dell’organizzazione sono stati perquisiti dalla polizia militare. L’ HMLC e il Centro egiziano per i diritti economici e sociali, con sede nello stesso edificio, hanno guidato gli sforzi per fornire assistenza legale e medica ai manifestanti accampati in piazza Tahrir, al Cairo, negli ultimi 10 giorni.

È difficile descrivere la sensazione di totale impotenza che abbiamo provato: essere così vicini geograficamente ma non sapere dove si trovano o chi stia trattenendo i nostri colleghi. Tutto quello che abbiamo potuto fare sono state telefonate frenetiche, anche a difensori dei diritti umani egiziani, che come noi stavano tentando di localizzare i propri amici e colleghi.

Da parte loro, colleghi del Segretariato Internazionale di Amnesty e delle sezioni di tutto il mondo stanno facendo del loro meglio per ottenere il rilascio dei nostri due colleghi e gli altri attivisti per i diritti umani arrestati, mettendo fine all’ansia e al tormento delle loro famiglie.

Già questa mattina, arrivando al Cairo da Mahalla, una città industriale nel Delta del Nilo, la tensione era palpabile. Quando abbiamo raggiunto Imbaba, un quartiere popolare di Giza, ci siamo scontrati per la prima volta con un clima di sfiducia. Chi sono questi sconosciuti che cercano informazioni sui disordini? Sono pro-Mubarak? Sono pro-opposizione? Sono i giornalisti? Cosa pensano di fare con le informazioni raccolte?

Dopo aver spiegato come meglio abbiamo potuto chi siamo, e aver mostrato i nostri documenti d’identità, la tensione è diminuita e la gente ha cominciato a condividere le proprie storie. Storie di sofferenza, risalente anche a prima dell’inizio dei disordini - per lo più casi legati ad abusi da parte della polizia locale e dei funzionari, di corruzione, e alle condizioni di vita difficili. Comprensibilmente, la famiglia è stata scossa dalla perdita del figlio, uno studente di liceo, ucciso sul colpo sabato sera da uno sconosciuto in una sparatoria, poco lontano dalla casa di famiglia. Ci hanno detto che niente e nessuno potrà portare indietro loro figlio, e che nonostante questa perdita restano determinati a continuare la loro lotta per la verità e la giustizia, fino a quando non otterranno risposte e un risarcimento adeguato. Nonostante il loro dolore, hanno sottolineato che loro figlio è una delle vittime, e che almeno altri 6 abitanti di Imbaba sono stati uccisi durante i disordini. Hanno detto che si rivolgeranno agli avvocati del paese, per trovare aiuto e denunciare i fatti alla magistratura, una volta che sarà di nuovo funzionante.

Gli avvocati del HMLC sono tra coloro che, in Egitto, hanno lavorato instancabilmente per anni, in difesa dei diritti delle vittime di violazioni dei diritti umani. Hanno sostenuto le persone detenute senza accusa né processo ai sensi della legge d’emergenza - in vigore dall’ascesa al potere di Mubarak, 30 anni fa - così come attivisti sindacali, lavoratori e tutti gli altri, detenuti per aver espresso le loro opinioni e aver rivendicato i propri diritti. Alcuni membri del personale HMLC sono già stati presi di mira per il loro lavoro sui diritti umani. Gli arresti di oggi (3 febbraio) hanno confermato che nonostante le promesse di riforma da parte del presidente Hosni Mubarak, le vecchie abitudini non muoiono mai.

Nei giorni scorsi, abbiamo visto i diversi metodi utilizzati dalle autorità per reprimere le proteste anti-governative: le promesse di cambiamento, la violenza, l'intimidazione, la diffusione della paura e del senso di insicurezza. Le autorità hanno anche montato ad arte un’intensa guerra ai media, coinvolgendo nella mobilitazione le risorse statali, impiegate per diffondere un discorso ultra-nazionalista. L'opposizione a Mubarak è stata descritta come “tradimento nazionale”, e il giro di vite sulle voci indipendenti ha preso di mira anche i giornalisti stranieri, negando l'accesso alle informazioni.

In previsione delle proteste in programma per domani (venerdì 4 febbraio) - soprannominato il "Venerdì della partenza [di Mubarak]" - il giro di vite sugli organizzatori, i sostenitori e i partecipanti alle manifestazioni si è intensificato, toccando anche i giornalisti/testimoni. Testimoni oculari ci hanno detto che attorno alle 5 di oggi, i cecchini si trovavano ai piani superiori del Hilton Hotel Ramsis sparavano contro i manifestanti in piazza Tahrir, e che almeno due sono morti sul posto. Nonostante questo e il confronto con i manifestanti pro-Mubarak il giorno prima, che ha fatto numerosi morti e centinaia di feriti, i manifestanti sembrano imperterriti. Verso le 18:45 del pomeriggio, abbiamo sentito slogan "Va via!", "Va via!", "Va via!", rivolti a Mubarak, che riecheggiavano nelle vie del centro del Cairo.

È difficile prevedere cosa accadrà domani. L'Egitto trattiene il fiato, e noi possiamo solo sperare che i nostri colleghi, le persone detenute a margine delle proteste, e quelle che trascorreranno la notte in piazza Tahrir, sfidando il coprifuoco e il pericolo, siano al sicuro.