Costa d’Avorio La sicurezza come pretesto per rappresaglie e repressione

Le violazioni generalizzate dei diritti umani perpetrate dalle forze armate nei confronti dei sostenitori dell’ex presidente Laurent Gbagbo inficiano la riconciliazione in Costa d’Avorio. Lo rivela ...

Le violazioni generalizzate dei diritti umani perpetrate dalle forze armate nei confronti dei sostenitori dell’ex presidente Laurent Gbagbo inficiano la riconciliazione in Costa d’Avorio. Lo rivela Amnesty International in un rapporto pubblicato martedì 26 febbraio 2O13.

L’esercito nazionale, istituito dal presidente Alassane Ouattara all’indomani delle violenze post elettorali del 2O1O, che avevano provocato la morte di quasi 3OOO persone, allo scopo d’inserirvi le forze fedeli all’ex presidente, avrebbe dovuto garantire «la sicurezza delle persone e dei beni, senza distinzione » ed «essere un potente strumento di coesione nazionale».

Orbene, nonostante le apparenze, il nuovo esercito nazionale, cui si affianca una milizia armata composta da cacciatori tradizionali – gli Dozos – si macchia di esecuzioni extragiudiziarie, di omicidi deliberati e arbitrari, di arresti motivati da considerazioni politiche e atti di tortura. Gode, inoltre, di un’impunità quasi totale, in quanto assicurerebbe la sicurezza e la lotta contro gli autori di aggressioni armate.

«La Costa d’Avorio deve spezzare il circolo vizioso di abusi e impunità. Non un solo membro dell’esercito nazionale è stato finora chiamato a rendere conto della propria condotta, il che costituisce un fallimento totale dello Stato di diritto e indebolisce gravemente il processo di riconciliazione intrapreso nel luglio 2O11», ha deplorato Gaëtan Mootoo, ricercatore d'Amnesty International sull'Africa occidentale.

In settembre e ottobre 2O12, una delegazione di Amnesty International si è recata in vari luoghi di detenzione, di cui due non ufficiali. I delegati hanno raccolto testimonianze di prima mano sulla maniera in cui i detenuti, in gran parte incarcerati in ragione delle loro appartenenze politiche o etniche, sono privati della libertà per mesi, senza poter intrattenere rapporti con le loro famiglie, né consultare avvocati o medici.

Talune famiglie hanno potuto apprendere dove si trovassero incarcerati i loro cari soltanto dopo essere stati informati dalla delegazione di Amnesty International. Alcuni detenuti ed ex detenuti hanno descritto com’erano stati torturati con l’elettricità o con della plastica fusa, allo scopo di estorcere loro delle «confessioni» circa la loro partecipazione presunta ad attacchi armati. Almeno due persone sono decedute per le sequele delle torture.

La delegazione d'Amnesty International è stata in grado d’incontrare tutti i cari e i collaboratori di Laurent Gbagbo incarcerati nelle strutture di detenzione site nel centro e nel nord del Paese. Fra loro, alcuni sono stati sottoposti a trattamenti inumani e degradanti. Un uomo ha raccontato a Amnesty International d’essere stato detenuto per 49 giorni con altre 27 persone in una cellula di quattro metri quadri, sprovvista di servizi igienici. «Dovevamo fare i nostri bisogni in sacchi. Ci davano soltanto un pasto al giorno, verso le 14 o le 15. E avevamo diritto soltanto a un litro d’acqua per 48 ore».

Amnesty International ha constatato gravi irregolarità nelle inchieste aperte su tali casi ; le autorità non hanno quasi assunto misure onde garantire delle audizioni eque e hanno gravemente leso i diritti delle difese.

Attacco de Nahibly
Il rapporto torna sull’attacco e la distruzione, nel luglio 2O12, di un accampamento di persone smobilitate all’interno del Paese, provenienti principalmente dall’etnia guérée, di solito considerata come vicina a Laurent Gbagbo. Almeno 14 persone hanno trovato la morte e numerosi altri corpi, a quanto pare, sono stati gettati in pozzi. Tale attacco ha avuto luogo a Nahibly (nei pressi della città di Duékoué) nell’ovest della Costa d’Avorio. E’ stato condotto da alcuni Dozos – particolarmente attivi nella regione occidentale – accompagnati da membri armati della popolazione locale e da militari.

«Alcune delle peggiori violazioni dei diritti umani perpetrate durante il conflitto del 2O11 si sono verificate a Duékoué, ed è sconcertante vedere come, due anni dopo, i medesimi attori commettono gli stessi violazioni e abusi sulle popolazioni già colpite», ha aggiunto Gaëtan Mootoo.

A fronte delle manchevolezze generalizzate delle autorità rispetto al loro dovere di garantire giustizia e riparazione, Amnesty International chiede l’istituzione di una commissione internazionale d’inchiesta su tale attacco. L'organizzazione esorta inoltre le autorità della Costa d’Avorio a cessare le violazioni dei diritti umani e gli altri abusi compiuti in tutta impunità dai rappresentanti dello Stato o da milizie da questi sostenute.

«Da troppo tempo ormai gl’Ivoriani attendono che sia fatta giustizia, ha aggiunto Gaëtan Mootoo. Se delle misure di controllo delle forze di sicurezza non saranno adottate immediatamente, la Costa d’Avorio rischia d’imbattersi in crisi politiche a ripetizione e la riconciliazione nazionale non sarà altro che una speranza remota e tradita».