Il “divieto di piscina” per i richiedenti l’asilo a Bremgarten (Argovia) ha suscitato molto scalpore. Nel frattempo la Consigliera federale Simonetta Sommaruga si è espressa contro tale divieto. Ma il tema delle “zone sensibili” e delle “regole” rimane d’attualità. Intervista di Carole Scheidegger a Denise Graf, esperta della Sezione svizzera di Amnesty International in materia di asilo.
Amnesty: L’imposizione di limitazioni al movimento e il divieto di accesso a determinati luoghi sono misure illegali?
Denise Graf: I divieti imposti a un determinato gruppo di persone sulla base del loro statuto sono chiaramente discriminatori. Si tratta di una limitazione al diritto alla libertà di movimenti iscritto nella Costituzione che non ha basi legali ed è sproporzionata. Amnesty International si è battuta e si batte contro tali misure. La Costituzione svizzera vieta la discriminazione. Non è possibile che l’Ufficio federale della migrazione (UFM), d’accordo con le autorità locali, emetta misure discriminatorie. Anche in passato abbiamo denunciato accordi simili. È arrivato il momento di abolire del tutto i divieti collettivi: a una persona può essere imposta una limitazione degli spostamenti solo se ci sono motivi obiettivi, basati sul caso individuale.
Le limitazioni di movimento possono quindi imposti solo a dei singoli?
Sì. Un’intera categoria di persone, come per esempio le persone residenti in un Centro d’accoglienza per richiedenti l’asilo, non deve essere classificata a priori come pericolosa o con tendenze criminali.
Questo vale anche per i “regolamenti interni” che non sono formalmente disposizioni legali ma che riguardano sistematicamente i richiedenti l’asilo?
Le autorità hanno il dovere di agire contro la discriminazione e non devono quindi applicare misure che favoriscono la discriminazione. Durante il dibattito sul “divieto di piscina” di Bremgarten una delle tesi è stata che nella vita quotidiana ci sono molte regole da seguire. Per esempio non si dovrebbe tagliare l’erba durante il fine settimana o lasciare liberi i cani in determinati luoghi. Questo paragone però non regge: le regole che valgono per tutti non sono discriminatorie. Ma l’imposizione di divieti di accesso a “zone sensibili” è una regola che sarebbe applicata solo a una categoria, ovvero i richiedenti.
Cosa fa Amnesty International in particolare contro questo genere di discriminazione?
Ci siamo espressi più volte contro la discriminazione, e abbiamo sempre condannato misure di questo tipo. Ora monitoriamo la situazione a Bremgarten, come sarà questo nuovo “regolamento interno” del centro e come verrà applicato dall’AOZ (Organizzazione zurighese per la migrazione), l’organizzazione incaricata della gestione del Centro di Bremgarten. In passato abbiamo avuto delle collaborazioni positive con loro quindi speriamo che si possa trovare una soluzione soddisfacente.
Se vogliamo una politica d'asilo credibile, come ribadito nuovamente dalla signora Sommaruga, è molto importante che i richiedenti l’asilo non siano una categoria emarginata. Le autorità dovrebbero fare di più per far sì che i richiedenti siano accettati dal resto della popolazione. È estremamente importante che si prendano le misure necessarie nei confronti di chi non si comporta correttamente. Questo però non vuol dire etichettare negativamente un’intera categoria della popolazione.
In passato sono state denunciate delle misure simili attuate in altri Centri per richiedenti l’asilo, può fare qualche esempio?
A Nottwil c’era una misura simile: i richiedenti non potevano più percorrere una scorciatoia che costeggiava il lago per raggiungere la stazione. A Birmensdorf (ZH) ai richiedenti era stato vietata una strada ed era stata appositamente costruita una strada attraverso il bosco, per far sì che non attraversassero il quartiere. A Eigenthal, nel Canton Lucerna, i bambini dei richiedenti l’asilo non potevano andare a scuola, e per questo motivo abbiamo richiesto l’intervento delle autorità. I figli dei richiedenti l’asilo hanno infatti il diritto costituzionale di frequentare la scuola, proprio come i bambini svizzeri.
Come vivono i richiedenti l’imposizione di queste limitazioni?
A Eigenthal il provvedimento in questione era stato percepito dai richiedenti come estremamente discriminatorio. Ma, l’ho potuto constatare più volte, la reazione dei richiedenti dipende molto da come sono accolti dalla comunità. Quando i richiedenti si sentono parte della comunità c’è un’identificazione con essa e una maggior paura di danneggiarla. Quindi il coinvolgimento e il senso di appartenenza sono fondamentali. Abbiamo invitato i gruppi di Amnesty International in Svizzera a organizzare attività sportive o culturali con i richiedenti per far sì che non siano emarginati dalla società. Anche i programmi di lavori di pubblica utilità sono molto importanti nel far accettare i richiedenti alla popolazione locale perché facilitano il contatto. Questi programmi possono calmare la situazione perché i richiedenti non stanno più per strada e vengono riconosciuti per il proprio lavoro.
Cosa si può fare perché i comuni siano meno resistenti nei confronti dei Centri per richiedenti l’asilo della Confederazione?
L'UFM dovrebbe mostrare ai comuni dei progetti che hanno avuto successo. Quando ho visitato il Centro di Sufers erano presenti anche i rappresentanti di un altro comune che facevano un sopralluogo. Così hanno potuto vedere che le cose funzionano e che partecipando ai programmi di lavoro i richiedenti forniscono un aiuto prezioso. L’UFM deve anche attirare l’attenzione dei comuni sul fatto che non possono venir imposte regole discriminatorie.