Roger Plant lavorava per Amnesty International da poco più di un anno quando, nel settembre 1973, Augusto Pinochet prese il potere con la forza in Cile. Il giovane ricercatore venne inviato in missione nel paese per documentare detenzioni arbitrarie, tortura e sparizioni. Il risultato del suo lavoro fu un pionieristico rapporto che permise di mettere a fuoco la realtà della vita quotidiana nel paese latino americano.
Per il giovane ricercatore Roger Plant fu un vero battesimo di fuoco: aveva iniziato a lavorare per Amnesty International nel 1972 e pochi mesi dopo, in seguito al colpo di Stato in Cile, si ritrovò a svolgere il lavoro di ricerca che avrebbe segnato tutta la sua vita professionale.
“Il giorno del golpe ero a Londra, a casa, quando mi chiamarono dall’ufficio. Iniziammo subito a lavorare. Ricordo si aver contattato in fretta e furia vari amici cileni e tutte le persone che avrebbero potuto aiutarmi a capire cosa stesse succedendo” ricorda Plant.
Pochi mesi dopo era a bordo di un aereo in partenza dall’aeroporto londinese di Heathrow diretto a Santiago del Cile, via New York. Dopo una telefonata con l’allora Segretario generale di Amnesty International, Martin Ennals, Roger non era sicuro che gli avrebbero permesso di entrare in Cile.
“Martin Ennals voleva che ci muovessimo il più rapidamente possibile. Ricordo che all’aeroporto di Heathrow c’era un messaggio per me, chiamai Martin che mi disse “Il Ministro degli esteri mi ha detto che la delegazione non sarà autorizzata ad entrare in Cile, che non potrete fare nulla.” Salii a bordo dell’aereo un po’ turbato e appena atterrato a New York ricontattai Martin che mi disse “Sono felice di comunicarti che i cileni hanno cambiato idea e quindi potrai entrare.”
Questa fu la prima missione per monitorare detenzioni illegali, tortura e sparizioni nel paese latino americano dopo la salita al potere del Generale Pinochet.
Arrivo in territorio ostile
Entrare in un paese in piena crisi umanitaria, mentre migliaia di attivisti, dissidenti, insegnanti, avvocati e sindacalisti venivano detenuti, torturati o fatti sparire non fu cosa facile.
Parte di una squadra di tre persone, Roger attraversò le porte dell’aeroporto di Santiago con Frank Newman, professore di diritto dell’Università della California, e il giudice Bruce Sandler, presidente della Corte Suprema della Orange County, California.
Le autorità cilene avevano permesso la visita, ma questa doveva avvenire sotto il loro rigido controllo. I servizi di sicurezza avrebbero tentato di evitare che il team avesse accesso proprio ai posti che voleva visitare. Quei centri sarebbero poi stati conosciuti per gli abusi che hanno caratterizzato i 17 anni del regime di Pinochet. Roger e i suoi colleghi facevano il loro meglio per sfuggire ai loro sorveglianti.
“Era una situazione terribile. Qualche giorno dopo il nostro arrivo ero nel Estadio Nacional, che veniva svuotato,” ricorda Roger. (Nello stadio vennero raccolti dopo il golpe gli oppositori politici: vi passarono circa 40mila persone, il numero di morti non è mai stato stabilito)
“Tentarono in tutti i modi di non farci andare allo stadio. Dei funzionari del governo cileno ci facevano da “guide” ma ricordo di essere riuscito ad allontanarmi da loro e parlare con alcuni prigionieri politici. Era una situazione molto strana. Da una parte poteva esserci moltissimo controllo, dall’altra una situazione di quel tipo può essere molto caotica.”
Vittime e aguzzini
Nel corso della missione di otto giorni i delegati di Amnesty International incontrarono dozzine di sopravvissuti alle torture, parenti di attivisti agli arresti e perfino rappresentanti del governo che tentavano di giustificare gli abusi.
“Ricordo che mi mostrarono segni molto evidenti di tortura. Mi venne data una lista di persone (che erano state detenute) che tentammo di far circolare il più rapidamente possibile. Era tutto molto rapido perché correvamo in giro nel tentativo di raccogliere il maggior numero di informazioni possibile sapendo che dietro di noi arrivavano i militari che ci spingevano, ci fermavano e cercavano di farci spostare più in fretta possibile.”
“Era una situazione nella quale parlavamo sia con delle persone molto coraggiose che lavoravano direttamente con i prigionieri politici, che con dei funzionari del governo come il Ministro degli esteri, il Ministro degli interni o il Ministro della giustizia. Inoltre avevamo contatti anche con un certo numero di diplomatici che facevano tutto il possibile per intervenire in nome di coloro che erano in pericolo.”
I racconti degli attivisti e dei rappresentanti del governo erano agli antipodi.
“È stato estremamente deprimente incontrare tutto il comitato dell’associazione nazionale degli avvocati che negava tutto, giustificava tutto. Poi scoprimmo che il 90% dei detenuti erano sotto il controllo del Ministero della difesa e degli interni. Quindi era veramente una farsa della giustizia.”
Il rapporto
Dopo otto giorni in Cile Roger rientrò a Londra per scrivere uno dei primi rapporti che documentavano i scioccanti abusi compiuti sotto il regime di Pinochet.
Nel documento decine di testimonianze di detenzioni arbitrarie, tortura e sparizioni: una raccolta che suscitò una reazione a livello internazionale e il lancio di una campagna a sostegno delle vittime e delle persone in pericolo.
“Pinochet stava ricevendo un importante sostegno negli Stati Uniti mentre in Cile i militari tenevano il paese in stato d’assedio. Le leggi non avevano più significato, si trattava solo di una facciata.”