«Vi sono segni inquietanti che indicano che il governo in carica non accorda una priorità sufficiente alla protezione dei diritti fondamentali. Deve invece impartire una svolta rispetto alle promesse a vuoto del suo predecessore e mettere fine all’impunità per le violazioni dei diritti umani», rileva Christine Heller, esperta del Paese presso la Sezione svizzera d’Amnesty International.
Nel dicembre 2O12, il segretario generale d'Amnesty International ha scritto di nuovo al presidente per domandagli di prendere rapidamente misure su tutta una serie di problemi gravi. L’organizzazione gli ha chiesto di riformare in profondità la politica della sicurezza pubblica affinché cessino gravi violazioni dei diritti umani come torture, maltrattamenti e sparizioni forzate, e siano denunciati alla giustizia i responsabili presunti di tali atti.
Nel novembre 2O12, Enrique Peña Nieto si è impegnato ad attuare le raccomandazioni del Comitato delle Nazioni Unite contro la tortura; non di meno, ad oggi, rare sono le misure applicate.
Allo scopo di far luce su tali inquietanti elementi, oggi 5 marzo, Amnesty International lancia una campagna che chiede giustizia per Miriam Lopez, detenuta illegalmente, torturata e sottoposta nel 2O11 a violenze sessuali da parte di membri dell’esercito. Il suo caso è rappresentativo dei tanti altri in cui vengono perpetrate gravi lesioni dei diritti umani senza che sia resa giustizia.
Misure insufficienti
I progressi verso l’adozione di una legge quadro relativa alle vittime sono certo importanti, ma non tolgono il fatto che, nel corso degli ultimi sei anni, nei confronti di migliaia di vittime, sono stati compiuti crimini e violazioni dei diritti umani. In particolare, si contano migliaia di sparizioni che non hanno ottenuto giustizia né riparazione.
Il governo discute di una riforma delle forze di sicurezza, senza che nulla dia a intendere che la prevenzione delle violazioni dei diritti umani sia al centro di tale iniziativa. Se le discussioni sull’abrogazione della detenzione senza imputazione (c.d. “arraigo”) sono positive, nessuna misura concreta è finora stata assunta per abolirla.
Per quanto riguarda la magistratura militare, né il governo né il legislativo hanno iniziato un processo di riforma del Codice di giustizia militare, come richiesto formalmente dalla Corte interamericana dei diritti dell’uomo. Di fatto, la giurisdizione militare soggiace alle sentenze della Corte suprema, senza che vi sia un vero e proprio riferimento normativo.
Per quanto riguarda i migranti, la nomina dell’ex direttore della polizia alla testa dell’Istituto nazionale delle migrazioni desta gravi inquietudini. A quanto risulta ad Amnesty International, nessuna nuova misura è stata intrapresa per contrastare le bande criminali e gli abusi degli agenti di Stato, che violano gravemente i diritti fondamentali dei migranti in transito.
In materia di lotta contro la violenza esercitata sulle donne e di rispetto dei diritti sessuali e riproduttivi, il governo non si è praticamente fatto sentire.
Per quanto concerne i difensori dei diritti umani e i giornalisti, un sistema di protezione è in procinto di essere attivato, in collaborazione con la società civile, nel solco della legge promulgata nel 2O12. Pur riconoscendo tale evoluzione costruttiva, Amnesty International invita il governo a garantire l’effettività della protezione così assicurata. Inoltre, è fondamentale che le inchieste sugli attacchi rivolti nei confronti di tali persone siano oggetto di giudizio.
«E’ ora che questo governo dia prova della propria determinazione nel porre la protezione dei diritti umani al centro del programma politico, nel rispetto della piena partecipazione della società civile».
Per saperne di più
Amnesty International ha pubblicato nell’ottobre 2O12 un rapporto dal titolo Known abusers, but victims ignored, che metteva in luce la generalizzazione inquietante della tortura e dell’impunità. Ad oggi, l'organizzazione non ha ancora ricevuto risposta al rapporto, né alcuna informazione a proposito delle misure assunte dal governo.