L’inchiesta condotta da cinque anni sulla partecipazione della Polonia ai programmi americani di «renditions» e di detenzioni segrete dev'essere conclusa quanto prima e i responsabili presunti di violazioni dei diritti umani debbono essere tradotti in giustiza nell'ambito di procedure eque.
Il governo polacco è accusato di essersi associatio all'Agenzia centrale di intelligence (CIA) allo scopo d'istituire una prigione segreta a Stare Kiejkuty, a 18O chilometri a nord di Varsavia. Nella struttura, tra il 2OO2 e il 2OO5, vari indiziati sono stati sottoposti a sparizione forzata e a tortura. Tali accuse non sono nuove: l'ex Consigliere agli Stati Dick Marty le aveva già formulate nel 2OO7 in un rapporto destinato all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (in francese).
L’inchiesta su questo «sito nero» della CIA, condotta in gran parte segretamente, si trascina dal 2OO8. Il pubblico ministero polacco si è finora rifiutato di rivelare pressocché ogni informazione e di rendere pubbliche le conclusioni delle indagini.
«Il segreto e i ritardi non debbono servire da tattica per evitare di rendere conto dell'accaduto. Il governo polacco deve fare luce su un periodo della storia del paese in cui le autorità sembrano essersi associate agli Stati Uniti e altri stati per arrestare illegalmente le persone e trasferirle in luoghi in cui sono torturate e sottoposte a una sparizione forzata, ha sottolineato Julia Hall, specialista della lotta antiterrorista e dei diritti umani per Amnesty International.
«Il danno è fatto. Oltre ai dati ufficiali formniti da istanze governative polacche, informazioni pubbliche credibili provengono da media, organizzazioni intergovernative e ONG. Non vi sono dubbi circa il fatto che la Polonia abbia accolto sul proprio territorio un sito di detenzione segreto gestito dalla CIA. Se un numero sufficiente di elementi permette di perseguire degli ex rappresentanti degli Stati e gli agenti dei servizi segreti per la loro partecipazione a tali attività illegali, tali parsone debbono essere perseguite senza indugio».
Il rapporto di Amnesty International Unlock the truth: Poland’s involvement in CIA secret detention, studia la ricerca di repsonsabilità in Polonia. Questa passa dal dovere dello Stato d'indagare e, quando esistano prove sufficienti, perseguire e tradurre in giustizia i responsabili presunti di crimini di diritto internazionale quali torture e sparizioni forzate, e i complici di tali crimini.
A seguito degli attentati dell'11 settembre 2OO1, sospetti di atti legati al terrorismo sono stati arrestati illegalmente o prelevati e trasferiti in paesi in cui rischiavano la tortura o altri maltrattamenti, o un processo iniquo.
Ammissioni
In un discorso cruciale relativo alla politica antiterrorismo degli Stati Uniti pronunciato il 23 maggio 2O13, il presidente Barack Obama ha riconosciuto l'esistenza di tali pratiche: «In alcuni casi, reputo che abbiamo portato pregiudizio ai nostri valori fondamentali ricorrendo alla tortura per interrogare i nostri nemici e detenendo persone in maniere contrarie allo Stato di diritto». Tale ammissione dei fatti è opportuna ma l'amministrazione Obama ha ostacolato tutte le azioni legali dinanzi ai tribunali americani volte a chiedere conto ai responsabili di tali fatti dei loro comportamenti.
«Gli Stati Uniti hanno ammesso che i loro agenti avevano torturato e detenuto illegalmente delle persone - ha rilevato Julia Hall. - Se la Polonia si fosse resa complice di tali violazioni, dovrebbe altresì ammettere il proprio ruolo e condurre i presunti responsabili a rendere dei conti. In considerazione della gravità e del carattere sistematico di tali crimini, sarebbe il minimo».
La Polonia è sotto ai riflettori dal 2OO5, anno in cui sono apparse le prime informazioni circa la presenza sul proprio territorio di un centro di detenzione segreto della CIA.
Nel marzo del 2OO8, le autorità polacche hanno aperto un fascicolo che è stato oggetto di vari ritardi occasionati dal cambiamento dei pubblici ministeri, da un trasferimento della procedura da Varsavia a Cracovia e, a quanto pare, da una mancanza di cooperazione delle autorità statunitensi. La «sicurezza nazionale» viene solitamente invocata per giustificare la segretezza che in cui si svolge l'inchiesta.
Esempi
Due uomini si sono visti concedere lo statuto di «persona lesa» nell'ambito dell'inchiesta.
Il primo è Abd al Rahim al Nashiri, un cittadino saudita che avrebbe fomentato l'attentato dinamitardo all’USS Cole, al largo dello Yemen, nel 2OOO. Ha affermato di essere stato interrogato in un centro segreto in Polonia e di esser stato sottoposto a «tecniche d'interrogatorio spinte» e altre violazioni dei diritti umani consistenti, in particolare, in un «simulacro di esecuzione» con tanto di pistola e di minacce di aggressione sessuale a danno dei membri della sua famiglia.
Il secondo, Zayn al Abidin Muhammad Husayn (conosciuto anche come Abu Zubaydah), è un palestinese apolide, nato in Arabia Saudita, che sarebbe stato a sua volta detenuto in Polonia. Afferma di aver subito una pressione fisica e psicologica estrema. L’ex presidente americano George W. Bush ha riconosciuto nelle proprie memorie, pubblicate nel 2O1O, che Abu Zubaydah era stato sottoposto a «waterboarding» (simulazione di annegamento) durante la sua detenzione segreta ad opera della CIA.
Questi due uomini sono attualmente detenuti presso il centro della base navale statunitense di Guantánamo Bay, a Cuba, in cui Abd al Rahim al Nashiri è sottoposto a processo dinanzi a una commissione militare. Entrambi hanno depositato una richiesta presso la Corte europea dei Diritti dell'Uomo, rispettivamente nel 2O11 e nel 2O13. Nell’affaire al Nashiri, il governo polacco si è rifiutato di comunicare alcune informazioni richieste dalla corte.
Il rapporto di Amnesty International presenta il caso di una terza persona che afferma di essere stata detenta nel 2OO3 in un sito di detenzione segreto, sempre in Polonia. Questo cittadino yemenita, Walid bin Attash, è attualmente detenuto a Guantánamo Bay e attende di essere giudicato da una commissione militare.