Lo Sri Lanka è conosciuto da molti come destinazione per vacanze esotiche. La guida “Lonely Planet” ha eletto l’isola “destinazione dell’anno 2013”. Il governo srilankese è riuscito a presentare al mondo un’immagine di pace, riconciliazione e rispetto dei diritti umani che è molto lontana dalla realtà.
Quattro anni dopo la fine del conflitto tra l’esercito dello Sri Lanka e le Tigri per la liberazione della patria tamil (LTTE), la situazione dal profilo dei diritti umani rimane allarmante. Il governo non ha ancora condotto un’indagine seria e indipendente sui crimini di guerra commessi nel 2009 dalle due parti in conflitto. Parallelamente le autorità continuano ad intensificare la repressione nei confronti dei dissidenti: minacce, arresti, aggressioni fisiche o sparizione sono ordinaria amministrazione.
Le voci dei giornalisti, dei militanti per i diritti umani come pure quelle degli studenti, dei sindacalisti o di ex rifugiati rimpatriati sono minacciate. Queste persone rischiano la detenzione arbitraria, la tortura o altri maltrattamenti.
Dire la verità
La comunità internazionale ha fallito due volte in Sri Lanka. Prima l’ONU e le organizzazioni umanitarie hanno abbandonato la popolazione civile tamil, lasciandola in balia degli attacchi dell’esercito srilankese nel nord dell’isola durante la fase finale del conflitto. Durante gli ultimi mesi della guerra, nel 2009, decine di migliaia di persone sono state uccise, la maggior parte in bombardamenti da parte dell’esercito.
In seguito la comunità internazionale è rapidamente passata ad altro, dimenticando lo Sri Lanka. La pressione politica non è stata sufficiente per obbligare il governo dell’isola a condurre un’indagine credibile e indipendente sui crimini di guerra commessi nel 2009, o per far sì che siano rispettati i diritti umani.
I crimini di guerra potrebbero finire nel dimenticatoio. La riunione dei paesi del Commonwealth prevista a metà novembre nella capitale Colombo, in presenza di alti dignitari internazionali, è l’occasione ideale per ripulire l’immagine dello Sri Lanka.
L’obiettivo della campagna internazionale promossa da Amnesty Tell the Truth (Dite la verità) è proprio impedire che questo accada. La verità sui crimini di guerra e sulle violazioni dei diritti umani deve venire a galla, e rubare la ribalta alla propaganda del governo.
Proteggere e fare pressione
In Svizzera, Amnesty si impegna con la Società per i popoli minacciati e l’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati a favore di una mobilitazione internazionale. Una petizione, sostenuta da una ventina di organizzazioni svizzere, chiede al Consiglio federale di agire. La Svizzera si deve impegnare per i diritti umani in Sri Lanka e deve assicurare protezione ii richiedenti l’asilo provenienti da quel paese.
Circa cinquantamila persone originarie dello Sri Lanka vivono in Svizzera. Il nostro paese ha quindi una responsabilità particolare. La Svizzera deve lanciare un segnale chiaro alla comunità internazionale – per esempio in occasione dei prossimi negoziati del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, dal 9 al 27 settembre a Ginevra – ma deve anche mettere in atto misure concrete per proteggere richiedenti l’asilo presenti sul nostro territorio.