Che cosa ci fa sentire al sicuro? Probabilmente ognuno di noi darà una risposta differente. La sensazione di sicurezza è molto personale.
È forse più semplice partire dal concetto di libertà e analizzare gli strumenti che la Svizzara ha oggi a disposizione per far permetterci di vivere in libertà. E pensare a cosa avremmo bisogno per continuare a proteggere questo bene prezioso.
Per qualcuno è poter uscire la sera, per altri la protezione dei dati personali. Per molte famiglie è la sicurezza economica. Per le persone anziane è la garanzia di ricevere la pensione, per gli imprenditori, la sicurezza della giustizia.
Gli stessi diritti per tutti
Chi garantisce la nostra sicurezza? Chi ci protegge?
In uno stato di polizia la gente non si sente al sicuro. Ci si sente al sicuro in un luogo dove i nostri diritti sono garantiti come quelli di tutti coloro che vivono con noi, dove tutte e tutti possono beneficiare degli stessi diritti. Dove c’è sicurezza giuridica e nessuno può essere arrestato o condannato arbitrariamente. Uno stato di diritto, dove i poteri sono separati e i tribunali indipendenti. Un paese ove la proprietà è garantita e i contratti possono essere firmati con serenità e fiducia nelle istituzioni.
Sicurezza e libertà sono strettamente legate. Lo percepiamo ogni giorno anche nelle decisioni che prendiamo nel nostro quotidiano. È giusto rinunciare a parte della nostra libertà individuale per avere maggiore sicurezza sociale? E fino a che punto? Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori della costituzione americana, aveva su questa questione un’idea molto precisa: sacrificare la libertà per la sicurezza non ha alcun senso. Non serve. In un’epoca in cui la lotta contro il terrorismo pare autorizzare tutto, in cui i servizi segreti americani non esitano a intercettare le conversazioni della cancelliera tedesca, il pensiero di Franklin è di estrema attualità.
Libertà e sicurezza
Il diritto alla libertà e il diritto alla sicurezza sono sanciti dalla Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo, dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e dalla Costituzione federale. I cittadini e le cittadine possono rivendicare questi diritti davanti ai tribunali svizzeri, e, in ultima istanza, davanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo. Per i cittadini e le cittadine svizzeri, così come per tutti gli europei, i tribunali nazionali non sono più i soli garanti della sicurezza.
La Svizzera non è un’isola
Il dibattito politico attuale ha messo spesso in discussione la competenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo. La Svizzera è nel cuore dell’Europa, anche se non è membro dell’Unione Europea. Il presidente della commissione di politica estera, l’UDC Andreas Aebi, durante un incontro a Bruxelles ha dichiarato: „Noi facciamo parte dell’Europa”. In un mondo globalizzato, che ha abbattuto le frontiere economiche, tecnologiche e sociali, la collaborazione con gli altri stati è un dovere. Non siamo un’isola e non possiamo sopravvivere in maniera autonoma. La via dell’isolamento è senza uscita. Il nostro paese, geograficamente situato al centro dell’Europa, è nella posizione di trarre maggiori vantaggi di altri nella ricerca di soluzioni comuni. Rifiutare questa cooperazione significa condannarsi all’isolamento e a non poter far ascoltare le nostre idee.
Mantenere i successi conquistati
Gli accordi tra privati come quelli tra stati funzionano solo se tutte le parti si attengono a quanto sottoscritto. Questo vale per un contratto d’affitto come per gli accordi bilaterali con l’Unione Europea o la firma della Convenzione per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Oggi la Svizzera corre il pericolo di perdere la sua credibilità e il suo status di partner di fiducia. Per gli isolazionisti che demonizzano ogni accordo internazionale questo non pone, si tratta di “leggi straniere”. Il diritto nazionale dovrebbe essere secondo loro superiore al diritto internazionale. Ma il prezzo da pagare per questa politiche è molto elevato. Troppo.