Il rapporto, Out of control: Torture and other ill-treatment in Mexico, denuncia il clima di impunità generale e la tolleranza di queste pratiche. Solo sette persone sono state condannate nei tribunali federali e ancora meno sono stati perseguite a livello statale.
«Le autorità non possono continuare a chiudere gli occhi. Il fatto che vengano applicate solo di rado misure di salvaguardia per prevenire la tortura e altri maltrattamenti, e che le indagini sulle denunce spesso minimizzino la gravità degli abusi, indica in modo chiaro che il governo non sta facendo nulla per proteggere i diritti umani», ha affermato Erika Guevara Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.
«Il sensibile aumento dell'uso della tortura significa che in Messico esiste una reale minaccia di abuso per chiunque. Un sondaggio commissionato da Amnesty International indica che il 64 per cento degli intervistati teme di venir torturato se arrestato», ha aggiunto Erika Guevara Rosas.
Questo rapporto è il primo di una serie di cinque relazioni per paese ad essere reso pubblico nell’ambito della campagna globale di Amnesty International “Stop tortura”.
Dal rapporto emerge che, dal 2010 fino a fine 2013, la Commissione Nazionale dei Diritti Umani (CNDH) ha ricevuto più di 7 mila denunce di tortura e altri maltrattamenti. Nel 2014 è stato registrato un calo delle denunce, ma i tassi sono ancora di gran lunga superiori rispetto a un decennio fa.
Vittime provenienti da tutto il paese hanno riferito ad Amnesty International di essere state oggetto di percosse, minacce di morte, violenza sessuale, scosse elettriche e semi-asfissia per mano delle forze armate o di polizia, spesso per estorcere confessioni o per incriminare altre persone di reati gravi.
Amilcar Colon Ángel Quevedo, un honduregno di colore, ha subito torture e abusi da parte della polizia e dei membri delle forze armate a causa del suo statuto di migrante e delle sue origini. È stato picchiato, asfissiato con un sacchetto di plastica sulla testa, spogliato e costretto a compiere atti umilianti e a subire insulti di stampo razzista. È rimasto in carcere in attesa di processo, accusato sulla base della dichiarazioni rilasciate sotto tortura. Amnesty International lo ha dichiarato un prigioniero di coscienza nel luglio 2014.
Il rapporto di Amnesty International documenta casi di oltre 20 persone che, come Ángel Amílcar Colón Quevedo, hanno subito torture per mano delle autorità messicane.
Benché proibito dalla legge, il sistema di giustizia penale continua ad accettare prove acquisite a seguito di detenzioni arbitrarie e sotto tortura. Questo non solo facilita il continuo ricorso alla tortura e altri maltrattamenti, ma si traduce anche in processi iniqui e in condanne dubbie, minando ulteriormente la credibilità del sistema giudiziario e la salvaguardia dei diritti umani degli imputati nei procedimenti penali.
«È giunto il momento di indagare a fondo sulle accuse di tortura e altri maltrattamenti, in particolare garantendo l'attuazione degli standard riconosciuti a livello internazionale dal protocollo di Istanbul. Allo stesso tempo, le autorità messicane devono garantire che le prove raccolte da medici esperti indipendenti siano ammesse nei procedimenti giudiziari», ha continuato Erika Guevara Rosas.
Secondo Amnesty International, il governo messicano deve finalmente riconoscere la reale portata della tortura e impegnarsi pubblicamente per combattere questa grave violazione dei diritti umani.
A questo proposito, nel febbraio 2014 il segretario generale di Amnesty International Salil Shetty ha incontrato il presidente Enrique Peña Nieto e lo ha esortato a mettere in atto una serie di misure urgenti per sradicare l'impunità e porre fine alle gravi violazioni dei diritti umani in Messico.
4 settembre 2014