Il rapporto, intitolato 'Circles of hell': Domestic, public and state violence against women in Egypt mette in evidenza come in Egitto, nonostante alcune riforme recenti, sussistano carenze legislative e un clima di impunità generale che alimenta una cultura diffusa di violenza sessuale e di genere nel paese.
«Le donne e le ragazze egiziane devono convivere con lo spettro della violenza fisica e sessuale in tutti gli ambiti della vita. Tra le mura domestiche, molte sono sottoposte a vergognosi pestaggi, aggressioni e violenze da parte di mariti e parenti. In pubblico subiscono costanti molestie e aggressioni di gruppo, cui si aggiunge la violenza degli agenti statali», ha dichiarato Hassiba Hadj Sahraoui, vicedirettore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International.
Negli ultimi mesi, le autorità egiziane hanno annunciato alcune iniziative specifiche, come l'introduzione di una legge contro le molestie sessuali. Tuttavia, l'impegno assunto pubblicamente dal presidente Abdel Fattah al-Sisi di contrastare il fenomeno non si è ancora tradotto in una strategia coerente ed efficace. Le autorità continuano a non riconoscerne la dimensione e non assumono le misure necessarie per fermare concretamente la violenza contro le donne e la radicata discriminazione nei loro confronti.
«Nel corso degli anni, i vari governi egiziani hanno da un lato esaltato i diritti delle donne in quello che è risultato un mero esercizio di pubbliche relazioni, dall'altro hanno usato la violenza contro le donne per guadagnare vantaggi politici nei confronti dei loro avversari. Chi era al potere ha accusato l'opposizione di essere responsabile dell'endemica violenza contro le donne e ha promesso riforme, senza mai attuarle», ha aggiunto Hassiba Hadj Sahraoui.
Oltre il 99 per cento delle donne e delle ragazze egiziane che hanno preso parte a un sondaggio di UN Women nel 2013 ha riferito di aver subito una forma o un'altra di molestia sessuale. Da quando nel 2014 è stata introdotta la legge che punisce le molestie sessuali con una pena minima di un anno di carcere, le condanne sono state pochissime e la vasta maggioranza delle donne attende ancora giustizia. Anche quando chiedono aiuto, capita spesso di sentirsi ignorate o trattate con disprezzo dalla polizia o dal sistema giudiziario.
Amnesty International chiede alle autorità di adottare una strategia, tanto promessa quando ritardata, per contrastare la violenza sulle donne.
Le aggressioni di gruppo
Le aggressioni sessuali e gli stupri in luoghi pubblici, specialmente al Cairo nel corso delle manifestazioni di piazza Tahrir e dintorni, sono aumentati negli ultimi anni. Le vittime sono circondate, spogliate, trascinate via e picchiate, accoltellate e colpite con le cinture. Le autorità non agiscono come dovrebbero per impedire gli attacchi o per proteggere le donne dalla violenza.
La legislazione egiziana in materia di stupro e altre forme di aggressione sessuale si colloca al di sotto degli standard internazionali sui diritti umani. I tribunali hanno condannato pochi aggressori e molte sopravvissute attendono ancora giustizia.
La violenza ad opera di agenti statali
Il rapporto di Amnesty International denuncia il deplorevole trattamento cui sono sottoposte le donne al momento dell'arresto e durante la custodia. Numerose di esse hanno riferito di essere state sottoposte a maltrattamenti e torture da parte delle forze di sicurezza durante la fase dell'arresto e di aver subito violenza sessuale.
In prigione, le detenute sono sottoposte a maltrattamenti e torture che rimangono impuniti. Una detenuta ha riferito di essere stata costretta a sdraiarsi di fronte ad altri prigionieri e di essere stata frustata sui piedi. I trattamenti inumani o degradanti non sono risparmiati neanche alla donne in gravidanza, costrette a partorire ammanettate.
«Mentre molta attenzione è riservata alla situazione di noti detenuti di sesso maschile, dalle prigioni egiziane filtrano storie di autentico orrore circa i trattamenti crudeli e inumani subiti dalle detenute. Tutte le donne in custodia di polizia o in carcere devono essere protette dalla violenza, dalla tortura, dai maltrattamenti, dallo stupro e dalle punizioni corporali», ha affermato Sahraoui.
Violenza domestica e leggi discriminatorie in materia di divorzio
Secondo un sondaggio del ministero della Salute, quasi la metà delle donne ha subito qualche forma di violenza domestica. Le testimonianze raccolte da Amnesty International parlano di brutali violenze fisiche e psicologiche tra cui percosse, frustate, bruciature e reclusione in casa. Il sistema giudiziario non le aiuta.
Molti problemi derivano da attitudini frutto del pregiudizio e sono esasperati dal diritto di famiglia e da altre norme che pongono ostacoli insormontabili alle donne che vogliono dimostrare che i loro mariti le hanno picchiate.
Il sostegno alle donne che hanno subito violenza sessuale e di genere è pressoché inesistente. Coloro che intendono presentare denuncia devono combattere contro il disinteresse delle forze di sicurezza e della magistratura e l'inadeguatezza delle leggi, che non criminalizzano esplicitamente la violenza domestica e lo stupro coniugale. Per questi motivi, molte donne che hanno subito la violenza domestica soffrono in silenzio.
Una legislazione fortemente discriminatoria in materia di divorzio costringe molte donne a restare intrappolate all'interno di una relazione violenza. Mentre un uomo può divorziare in modo unilaterale e senza fornire giustificazioni, una donna o rinuncia ai diritti in materia economica e accetta il khol (una forma di divorzio in cui al marito non viene addossata alcuna colpa), oppure deve prepararsi ad affrontare una lunga e costosa battaglia legale per provare il danno recatole dal marito.
«Le misure recentemente adottate per proteggere le donne sono ampiamente simboliche. Le autorità devono dimostrare che non si tratta di misure cosmetiche facendo tutto il necessario per attuare il cambiamento e contrastare le attitudini dominanti nella società egiziana», ha concluso Sahraoui.
21 gennaio 2015