Rifugiati Erigere recinzioni e far filtrare gli arrivi dai paesi vicini

19 novembre 2015
La determinazione dell’Unione Europea (UE) nel chiudere le proprie frontiere esterne alimenta varie violazioni dei diritti umani e non fa nulla per frenare il flusso di rifugiati. È quanto afferma Amnesty International in un nuovo rapporto reso pubblico martedì 17 novembre 2015.

Il rapporto, Fear and Fences : Europes’s approach to keeping refugees at bay mostra come la decisione di costruire muri lungo determinate frontiere e chiedere a paesi vicini – come la Turchia e il Marocco – di filtrare le entrate, abbia privato un certo numero di rifugiati della possibilità di accedere alle procedure d’asilo, esponendoli a maltrattamenti. Inoltre questa decisione politica ha spinto delle persone a scegliere la traversata del mare, mettendo in pericolo la propria vita.

«La costruzione di muri lungo determinate frontiere in Europa ha banalizzato le violazioni dei diritti e reso ancor più difficile il già arduo compito di gestire il flusso di rifugiati in modo ordinato e con umanità», ha dichiarato John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale di Amnesty International.

Il documento Fear and Fences come pure una nuova sintesi di Human Rights Watch intitolata Europe's Refugee Crisis: An Agenda for Action (pure pubblicato martedì 17 novembre) contengono raccomandazioni dettagliate che esortano l’UE e i suoi Stati membri a fare molto di più per risolvere la crisi mondiale dei rifugiati.

I costi elevati dei muri della Fortezza Europa

In tutto gli Stati membri dell’UE hanno costruito oltre 235 chilometri di chiusure lungo determinate frontiere esterne dell’Unione – ciò che rappresenta un costo di oltre 175 milioni di euro – tra cui :

  • una recinzione di 175 chilometri lungo la frontiera tra Ungheria e Serbia,
  • un muro di 30 chilometri lungo la frontiera tra la Bulgheria e la Turchia, che deve venir prolungato di 130 chilometri,
  • 18,7 chilometri di muro per separare le enclave spagnole di Ceuta e Melilla dal Marocco, e
  • una recinzione di 10,5 chilometri nella regione dell’Evros, in Grecia, lungo la frontiera con la Turchia.

Invece di impedire alle persone di venire in Europa, queste recinzioni hanno riorientato il flusso di rifugiati verso altri itinerari via terra o via mare più pericolosi.

Secondo l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) quest’anno il numero di arrivi in UE via mare ha raggiunto quota 792'883 a inizio novembre. Per l’anno 2014 Frontex, l’agenzia di gestione delle frontiere dell’UE, ha registrato un totale di 280’000 arrivi, via mare e via terra.

Al 10 novembre, 512 persone avevano perso la vita nel mare Egeo quest’anno e quasi 3'500 nel Mediterraneo.

Rinvii forzati illegali (push-backs) e altre violazioni alle frontiere

Persone che hanno tentato di attraversare le frontiere terrestri greche, bulgare e spagnole hanno detto a Amnesty International di essere state rinviate illegalmente con la forza dalla polizia di frontiera, senza poter accedere alle procedure d’asilo e senza poter contestare il rinvio, in violazione del diritto internazionale. I rinvii forzati illegali sono spesso accompagnati da atti di violenza e mettono in pericolo le vite di queste persone.

Le ricerche effettuate da Amnesty International mostrano che i rinvii forzati illegali sono la routine lungo la frontiera terrestre tra la Grecia e la Turchia e sono pure costantemente segnalati tra Bulgaria e Turchia.

Misure per agevolare i rinvii forzati

Nel marzo 2015 la Spagna ha adottato delle leggi il cui obiettivo è legalizzare i rinvii forzati di migranti e rifugiati effettuati dalla Guardia Civil spagnola a Ceuta e Melilla, le enclave spagnole situate in Nord Africa e alla frontiera con il Marocco. In settembre l’Ungheria ha stabilito delle zone di transito alla frontiera con la Serbia così da poter rinviare dei richiedenti asilo verso la Serbia al termine di procedure accelerate che offrono ben poche garanzie.

«Regolamentare l’entrata nell’UE è una cosa. Rifiutarla totalmente ai migranti è un’altra. La prima pratica è ragionevole e legittima, le seconda è disumana ed è necessario porvi un termine» ha dichiarato John Dalhuisen.

I «guardiani dell’Europa»

Per assicurarsi che rifugiati e migranti restino fuori dall’Europa, l’UE e i suoi Stati membri fanno sempre più affidamento su paesi terzi, delegando loro la responsabilità di filtrare le entrate.

L’ultima proposta è un piano d’azione comune tra UE e Turchia, nel quale quest’ultima si impegna a prevenire «i movimenti migratori incontrollati». L’accordo non menziona le violazioni dei diritti di cui i rifugiati e i migranti sono vittima sul posto. Negli ultimi mesi, la Turchia ha arrestato migranti e richiedenti asilo che ha intercettato senza dar loro la possibilità di parlare con degli avvocati e ha rinviato con la forza dei rifugiati verso la Siria e l’Iraq. Molti rifugiati non siriani attendono da oltre cinque anni che la loro richiesta di asilo venga trattata.

«L’UE non deve affidare il suo lavoro sporco a degli Stati che non possono o non vogliono rispettare i diritti dei rifugiati e dei migranti. I paesi vicini devono venir aiutati nel creare dei sistemi d’asilo e di accoglienza. Non ci si può limitare a reclutarli come intermediari senza poi preoccuparsi delle conseguenze per i rifugiati e i migranti,» ha affermato Dalhuisen.

Raccomandazioni all’UE

Amnesty International esorta l’UE e i suoi Stati membri a:

  • creare degli itinerari sicuri e legali, in particolare grazie a un aumento del numero di ricollocamenti, di ricongiungimenti famigliari e di ammissioni e visti umanitari;
  • garantire che i rifugiati abbiano accesso al territorio e alle procedure d’asilo lungo le frontiere terrestri esterne dell’UE;
  • mettere fine ai rinvii forzati illegali e altre violazioni dei diritti umani, in particolare con indagini degne di questo nome sulle allegazioni di abusi a livello nazionale e con l’apertura di une procedura d’infrazione da parte della Commissione dell’UE quando avvengono infrazioni del diritto comunitario;
  • aumentare in modo considerevole la capacità di accoglienza e l’assistenza umanitaria a corte termine nei paesi europei che si trovano in prima linea;
  • accelerare e ampliare la messa in atto del programma di ricollocamento per i richiedenti asilo.