La femme d'un activiste politique disparu en 2013 tenant une photo de sa famille. © Amnesty International - Mark Esplin
La femme d'un activiste politique disparu en 2013 tenant une photo de sa famille. © Amnesty International - Mark Esplin

Siria Lo Stato trae vantaggio da crimini contro l’umanità grazie al mercato nero legato alla politica di sparizioni forzate

Londra/Lugano, 5 novembre 2015
La vastità e il carattere pianificato di decine di migliaia di sparizioni forzate perpetrate dal governo siriano nel corso degli ultimi quattro anni sono al centro di un nuovo rapporto di Amnesty International, pubblicato il 5 novembre 2015.

Il documento, intitolato Between prison and the grave: Enforced disappearances in Syria mostra come lo Stato tragga profitto dalle numerose e sistematiche sparizioni forzate che costituiscono crimini contro l’umanità, e questo attraverso un mercato nero insidioso. Le famiglie alla disperata ricerca di informazioni su un parente scomparso sono infatti sfruttate senza pietà da individui che estorcono loro denaro.

 «Le sparizioni forzate commesse dal governo fanno parte di un attacco generalizzato e freddamente calcolato rivolto contro la popolazione civile. Si tratta di crimini contro l’umanità, integrati a una campagna attentamente orchestrata e destinata a seminare il terrore. Questo per annientare qualsiasi segno di dissidenza attraverso il paese,» ha dichiarato Philip Luther, direttore del programma Nord Africa e Medio Oriente di Amnesty International.

 «Questo rapporto descrive nel dettaglio lo sconforto e il trauma delle famiglie di decine di migliaia di persone sparite senza lasciare traccia in Siria, e come esse subiscano un ulteriore sfruttamento finanziario.»

 L’entità delle sparizioni è tragica. La Rete siriana per i diritti umani ha raccolto informazioni su almeno 65’000 sparizioni registrate dal 2011, delle quali 58’000 di civili. Le persone catturate vengono generalmente detenute in celle sovrappopolate e in condizioni terribili, senza contatti con il resto del mondo. Molti muoiono a causa di malattie, delle conseguenze della tortura o sono vittima di un’esecuzione extragiudiziale.

 Le sparizioni forzate sono diventate sistematiche in Siria. Questo al punto che è nato un mercato nero nel quale degli «intermediari» o «negoziatori» si fanno pagare sotto banco cifre che spaziano dal centinaio a diverse decine di migliaia di dollari da famiglie disperate, alla ricerca dei propri cari o almeno di sapere se sono in vita. Questi introiti illegali rappresentano ormai «gran parte dell’economia» secondo un militante siriano per i diritti umani. Un avvocato di Damasco ha detto a Amnesty International che questo sistema costituisce «una gallina dalle uova d’oro per il regime […] una fonte di finanziamento sulla quale ha iniziato a contare».

 Tra le persone vittima di una sparizione forzata figurano oppositori pacifici al governo : manifestanti, militanti dei diritti umani, giornalisti, medici e lavoratori nell’umanitario. Altre persone sono state prese di mira perché erano considerate sleali nei confronti del governo o perché un loro parente era ricercato dalle autorità.

 In alcuni casi, in particolare nel corso degli ultimi due anni, le sparizioni forzate sono state usate con opportunismo per regolamenti di conti o a fine di lucro, alimentando ulteriormente il ciclo delle sparizioni.

 Delle famiglie hanno ceduto tutti i propri risparmi o venduto i propri beni immobiliari per pagare sotto banco pur di avere notizie riguardo i propri cari spariti – a volte in cambio di false informazioni. Un uomo i cui tre fratelli sono spariti nel 2012 ha preso in prestito più di 150'000 dollari per tentare, in vano, di sapere dove si trovassero. Ora si trova in Turchia dove lavora per rimborsare il proprio debito.

 «Queste sparizioni distruggono delle vite e hanno perfino creato un mercato nero basato sulla corruzione, che fa commercio della sofferenza di famiglie che hanno perso i loro cari. Queste famiglie si ritrovano mutilate e piene di debiti», ha dichiarato Philip Luther.

 Coloro che tentano di saper cosa sia successo a un membro della loro famiglia sparito rischiano spesso di venir arrestati o finire loro stessi vittima di una sparizione forzata, cosa che non lascia altra scelta che ricorrere a questi «intermediari». Un uomo che aveva chiesto alle autorità dove si trovasse il fratello è stato detenuto per tre mesi e messo in isolamento per diverse settimane. Un altro uomo, partito per Damasco alla ricerca del figlio scomparso, è stato arrestato a un posto di blocco militare lungo la strada e da allora non si hanno più sue notizie.

 Un amico dell’avvocato siriano specialista di diritti umani Khalil Matouq, oggetto di una sparizione forzata due anni fa, ha detto che le sparizioni forzate fanno parte di una «grande strategia messa in atto dal governo per terrorizzare la popolazione siriana ». Sua figlia, Raneem Matouq, pure lei vittima di una sparizione forzata durata due mesi, ha vissuto un’esperienza terribile durante la detenzione (il suo racconto qui).

 Citiamo ad esempio il caso di Rania al Abbasi, dentista, arrestata nel 2013 insieme ai suoi sei figli (di età inclusa tra i due e i 14 anni). Suo marito era stato catturato il giorno precedente, durante un intervento della polizia al domicilio della famiglia. Da allora non si hanno più notizie di questa famiglia. Si tratta di persone che potrebbero essere state prese di mira per aver portato un aiuto umanitario a delle famiglie.

 Il rapporto presenta un quadro tragico dei traumi psicologici, dell’angoscia, della disperazione e delle sofferenze fisiche sopportate dalle famiglie e dagli amici di persone che sono state vittima di sparizioni forzate. Saeed, il cui fratello Yusef è stato vittima di una sparizione forzata nel 2012, ha detto che la loro madre non ha smesso di piangere. «A volte mi sveglio durante la notte e vedo che non dorme, guarda le foto di mio fratello e piange», ci ha raccontato.

 «Le sparizioni forzate fanno parte di una campagna, violenta e premeditata, da parte del governo siriano. È in suo potere mettere fine alla sofferenza di decine di migliaia di persone. Può far questo ordinando semplicemente alle forze di sicurezza di porre fine alle sparizioni forzate, informando le famiglie sul luogo dove si trovano i loro parenti scomparsi e liberando immediatamente e senza condizioni le persone imprigionate mentre non facevano altro che esercitare pacificamente i propri diritti », ha dichiarato Philip Luther.

 Alcuni Stati come pure l’ONU hanno condannato le sparizioni forzate, ma denunciare questi atti non basta. Oltre un anno fa, nel febbraio 2014, il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha adottato la Risoluzione 2139 che chiede di mettere fine alle sparizioni forzate in Siria, ma nessuna misura supplementare è stata adottata per garantirne la messa in atto.

 «Le parole alle quali non fanno seguito gli atti concreti non aiutano assolutamente le vittime di sparizioni forzate. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU deve urgentemente affidare il dossier siriano alla Corte penale internazionale, e imporre delle sanzioni mirate, incluso il congelamento dei beni, così da spingere le autorità a mettere fine alle sparizioni forzate», ha dichiarato Philip Luther.

 «Gli Stati che sostengono il governo siriano, in particolare Iran e Russia, che hanno recentemente avviato operazioni militari in Siria, non possono chiudere gli occhi dinnanzi ai crimini contro l’umanità e i crimini di guerra commessi massicciamente con il loro appoggio. La Russia, il cui sostegno è essenziale per il governo del presidente Bashar al-Assad, è in una posizione perfetta per convincere il governo a mettere fine a questa crudele e vile campagna di sparizioni ».