Almeno 11 paesi – tra i quali Cina, Indonesia, Iran, Malaysia e Arabia Saudita – hanno emesso condanne o messo a morte per crimini legati alle droghe negli ultimi due anni, mentre decine di stati mantengono la condanna a morte per reati legati agli stupefacenti.
«È straziante che un numero così importante di paesi restino attaccati all’idea che uccidere persone metterà in qualche modo fine ai problemi di dipendenza o ridurrà il tasso di criminalità. La pena di morte non fa nulla per contrastare il crimine o aiutare persone bisognose di aiuto a curare la propria dipendenza,» ha dichiarato Chiara Sangiorgio, esperta di pena capitale per Amnesty International.
Il diritto internazionale limita l’impiego della pena di morte ai «crimini più gravi» – in generale definiti in modo da includere solo l’omicidio intenzionale. I crimini legati alle droghe non rientrano in questa categoria. Il diritto internazionale stabilisce pure l’obiettivo per tutti gli stati di mirare l’abolizione della pena capitale.
Ciononostante molti stati giustificano l’uso della pena di morte come strumento per contrastare il traffico di stupefacenti o il loro uso problematico. Questi stati ignorano le prove secondo le quali una risposta incentrata sui diritti umani e sulla salute pubblica, che includa la prevenzione dell’abuso di sostanze stupefacenti e faciliti l’accesso alle cure, è efficace nel mettere fine ai decessi dovuti alle droghe e nel prevenire la trasmissione di malattie infettive. Niente invece dimostra l’effetto deterrente della pena di morte sui crimini violenti.
In Indonesia, ad esempio, il governo del presidente Joko Widodo ha promesso di usare la pena capitale per combattere l’ «emergenza nazionale» in materia di stupefacenti. Quattordici persone sono state messe a morte per crimini legati alle droghe nel 2015, e il governo afferma che negherà qualsiasi richiesta di perdono da parte di persone condannate per reati legati alle droghe.
In molti paesi in cui la pena capitale è imposta per crimini legati alle droghe, l’ingiustizia è ancor maggiore poiché le sentenze vengono emesse dopo processi chiaramente iniqui. In paesi come Indonesia, Iran e Arabia Saudita, agli imputati è negato l’accesso a un avvocato, e gli accusati sono torturati o maltrattati per estorcere confessioni che poi sono usate come prove.
Nell’aprile 2016 l’Assemblea Generale dell’ONU si riunirà per una Sessione Speciale sulle droghe per discutere le priorità mondiali in materia di controllo degli stupefacenti, tra le quali anche l’uso della pena di morte per reati legati alle droghe. L’ultima Sessione speciale dedicata a questo tema si è tenuta nel 1998.
«La Sessione Speciale dell’Assemblea Generale dell’ONU, l’anno prossimo, presenta un’importante occasione per far sì che le politiche in materia di droga, a livello nazionale e internazionale, siano conformi al diritto internazionale umanitario. Gli stati devono mettere fine, una volta per tutte, all’uso della pena di morte per reati legati alle droghe, un primo importante passo verso la sua abolizione totale,» ha dichiarato Chiara Sangiorgio.