L’accordo di pace dovrà essere ratificato il 2 ottobre attraverso un referendum.
“Il 26 settembre è giustamente un giorno da celebrare in Colombia. Le autorità ora devono garantire che questo storico risultato non sia compromesso e che i responsabili di spregevoli crimini di diritto internazionale commessi ai danni di milioni di persone nel corso di mezzo secolo ne rispondano alla giustizia” – ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, direttrice di Amnesty International per le Americhe.
“I crimini di coloro che li hanno commessi e ordinati o di chi ne ha beneficiato, anche nel mondo politico e dell’impresa, non possono essere cancellati con un tratto di penna” – ha aggiunto Guevara-Rosas.
Il modello transizionale di giustizia concordato lo scorso anno tra il governo colombiano e le Forze armate rivoluzionarie di Colombia (Farc), assicurerà un certo grado di verità, giustizia e riparazione per alcune delle vittime del conflitto.
Tuttavia, molte delle sue disposizioni appaiono al di sotto degli standard internazionali sui diritti delle vittime. Ad esempio, le pene per coloro che ammetteranno le responsabilità per crimini di guerra e crimini contro l’umanità non riflettono la gravità di questi ultimi. Allo stesso modo, la definizione di responsabilità di comando potrebbe consentire a molti comandanti della guerriglia e dell’esercito di non rispondere alla giustizia dei crimini commessi dai loro subordinati.
La Colombia ha fatto molti passi avanti rispetto al periodo peggiore della violenza. Ma le violazioni dei diritti umani ai danni delle comunità emarginate, soprattutto i nativi, i contadini, le persone di discendenza africana, i difensori dei diritti umani, i sindacalisti e gli attivisti per i diritti sulla terra continuano senza essere contrastate.
“La maggior parte di questi attacchi, molti dei quali vengono attribuiti a gruppi paramilitari che proseguono a operare nonostante la loro presunta smobilitazione di 10 anni fa, non si verifica nel contesto di scontri armati ed è spesso motivata da interessi economici. Molte delle comunità a rischio sono impegnate in campagne contro lo sfruttamento delle loro terre da parte di progetti minerari, infrastrutturali, industriali e agro-industriali” – ha sottolineato Guevara-Rosas.
La fine delle ostilità tra il governo e le Farc non è destinata a porre fine a questi attacchi, a meno che le autorità non intraprenderanno azioni efficaci per contrastare i gruppi armati che prendono di mira i civili e per portare di fronte alla giustizia chi all’interno dello stato, del mondo della politica e di quello degli affari li sostiene.
“Un accordo di pace destinato a essere efficace e a durare a lungo dev’essere applicato in strettissima consultazione con le persone, i gruppi e le comunità che sono state colpite per decenni dal sanguinoso conflitto. Altrimenti, resteranno parole scritte sulla carta” – ha concluso Guevara-Rosas.
I diritti umani in Colombia in 10 cifre
7,9 milioni: le vittime del conflitto armato, quasi la metà delle quali donne (Fonte: Unità per l’attenzione e la riparazione integrale per le vittime, Uariv, settembre 2016)
6,9 milioni: le persone costrette ad abbandonare le loro terre (Fonte: Uariv)
267.000: gli omicidi collegati al conflitto, nella maggior parte dei casi ai danni di civili (Fonte: Uariv)
4.392: le vittime di possibili esecuzioni extragiudiziali registrate dalla procura generale (Fonte: ufficio colombiano dell’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, marzo 2016)
46.386: le vittime di sparizioni forzate (Fonte: Uariv)
29.622: le vittime di sequestro di persona (Fonte: Uariv)
11.062: le vittime di mine anti-persone e di ordigni inesplosi (Fonte: Uariv) 8.022: i bambini e le bambine soldati usati dai gruppi paramilitari e dalla guerriglia /Fonte: Uariv)
63: i difensori dei diritti umani, tra cui leader di comunità native, contadine e di discendenti africani, uccisi nel 2015 (Fonte: We Are Defenders Programme)
52: i difensori dei diritti umani, tra cui leader di comunità native, contadine e di discendenti africani, uccisi mei primi nove mesi del 2016 (Fonte: We Are Defenders Programme)
20: i sindacalisti uccisi nel 2015 (Fonte: Scuola nazionale del sindacato)