Il documento, intitolato ‘Punished for Daesh’s crimes’: Displaced Iraqis abused by militias and government forces illustra i contraccolpi subiti dai civili in fuga dai territori sotto il controllo dell’ISIS, lanciando l’allarme sul rischio di violazioni di massa mentre è in corso il tentativo da parte dell’esercito di riconquistare la città di Mosul, controllata dall’ISIS.
Il rapporto si basa su interviste con oltre 470 ex-detenuti, testimoni e parenti delle persone uccise, scomparse o detenute, come pure con funzionari, attivisti, personale umanitario e altri.
“Dopo esser sfuggiti all’orrore della guerra e alla tirannia dell’ISIS, i sunniti in Iraq ora sono vittime della brutale vendetta da parte delle milizie e delle forze governative, e vengono puniti per i crimini commessi dal gruppo armato,” ha dichiarato Philip Luther, direttore del settore ricerche e advocacy del programma Medio Oriente e Nord Africa di Amnesty International.
“L’Iraq è attualmente confrontato con minacce estremamente reali e mortali da parte dell’ISIS, ma non c’è giustificazione per le esecuzioni extragiudiziali, le sparizioni forzate, la tortura e le detenzioni arbitrali.”
“Mentre ci si prepara per la battaglia per la riconquista di Mosul, è fondamentale che le autorità irachene possano intraprendere i passi necessari per far sì che questi terribili abusi non avvengano più. Gli stati che sostengono gli sforzi militari per combattere lo Stato Islamico in Iraq devono dimostrare che non continueranno a chiudere uno o entrambi gli occhi di fronte a queste violazioni.”
Il rapporto evidenzia importanti attacchi per vendetta e la discriminazione con la quale sono confrontati gli arabi sunniti sospettati di complicità con i crimini commessi dall’IS o di sostenere il gruppo. Molti sono stati sfollati in seguito alle operazioni militari avvenute nel paese nel 2016, incluso a Falluja e nelle zone circostanti (il governatorato di Anbar), al-Sharqat (governatorato di Salah al-Din), Hawija (governatorato di Kirkuk) e attorno a Mosul (governatorato di Ninewa).
Le milizie a maggioranza sciita coinvolte negli abusi, conosciute come le Unità di Mobilitazione Popolare, sono da tempo sostenute dalle autorità irachene, che hanno fornito loro sostegno finanziario e armi. Nel febbraio 2016 sono state designate ufficialmente come parte delle forze armate irachene.
Rapimenti, uccisioni e torture di massa
Le ricerche di Amnesty International rivelano che crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani sono state commesse da milizie a maggioranza sciita, e probabilmente da forze governative, nel corso di operazioni per riconquistare Falluja e l’area circostante tra il maggio e il giugno 2016.
Il rapporto riferisce di vari episodi. Tra questi il rapimento, seguito da torture e omicidi, di uomini e ragazzi della tribù Mehemda, scappata da Saqlawiya, cittadina a nord di Falluja. Il 3 giugno circa 1'300 uomini e ragazzi sono stati prelevati. Quando, tre giorni dopo, oltre 600 di loro sono stati trasferiti alla custodia di funzionari di Anbar, i loro corpi portavano segni di tortura.
Un comitato investigativo locale, creato dal governatore di Anbar, ha concluso che 49 delle persone catturate a Saqlawiya sono state uccise – con colpi di pistola, bruciati o torturati a morte – e che altri 643 altri sono tuttora scomparsi. Il governo ha annunciato che sono state aperte delle indagini e fatto degli arresti, senza però dare ulteriori dettagli.
Torture e abusi in detenzione
Tutti gli uomini in fuga dalle zone sotto il controllo dell’ISIS considerati in età per combattere (tra i 15 e i 65 anni circa) sono soggetti a screening da parte della autorità irachene e del Governo Regionale del Kurdistan per determinare se hanno o meno legami con il gruppo armato. Ma il processo non è trasparente ed è profondamente viziato. Mentre alcuni vengono liberati entro pochi giorni, altri vengono trasferiti alla custodia delle forze di sicurezza e detenuti per settimane o mesi in condizioni terribili, senza accesso alle famiglie o al mondo esterno, e senza passare per un tribunale.
Il rapporto mostra come le forze di sicurezza e i membri delle milizie torturano o maltrattano i detenuti nelle strutture non ufficiali delle milizie o quelle controllate dal Ministero della Difesa e dell’Interno nei governatorati di Anbar, Baghdad, Diyala e Salah al-Din.
I detenuti hanno detto a Amnesty International di essere stati appesi in una posizione di stress per lunghi periodi, di aver subito scosse elettriche, esser stati picchiati con violenza o di essere stati minacciati che le loro parenti donne sarebbero state violentate. Molti hanno detto di esser stati torturati per “confessare” o fornire informazioni sull’ISIS o altri gruppi armati.
Informazioni supplementari
Le informazioni contenute in questo rapporto sono state condivise con le autorità irachene e curde il 21 settembre. Nessuna risposta è stata data dalle autorità irachene. Le autorità curde hanno risposto negando i risultati delle ricerche di Amnesty International.
Decine di migliaia di iracheni sono stati sfollati forzatamente dalle forze del governo iracheno e dai Peshmerga (forze armate curde), come pure dalle milizie, dalla metà del 2014. Molti non possono are rientro a casa, per motivi di sicurezza o subiscono limitazioni arbitrarie e discriminatorie della loro libertà di movimento. Spesso vengono confinati in campi con poche prospettive di poter lavorare o di poter accedere ai servizi di base.