© Gage Skidmore / Wikicommons
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Opinione Trump, un terremoto per i diritti umani

Una riflessione di Manon Schick, direttrice della Sezione svizzera di Amnesty International, sulle possibili conseguenze dell'elezione di Donal Trump a Presidente degli Stati Uniti per chi si batte in difesa dei diritti umani.L'originale, in francese, è stato pubblicato il 22 novembre 2016 da 24Heures.

L’elezione di Donald Trump potrebbe trasformarsi in un devastante terremoto per i diritti umani, all’interno degli Stati Uniti ma anche a livello planetario. Un candidato che durante la campagna in vista del voto ha rilasciato dichiarazioni xenofobe, sessiste e intrise di odio è stato eletto sulla base di un programma che, se venisse applicato, comprometterebbe in modo grave i diritti fondamentali.

Il candidato Trump ha, per esempio, giustificato la tortura. Vuole nominare alla Corte suprema dei giudici che rovescerebbe una sentenza del 1973 che autorizza l’accesso all’aborto. Afferma di voler fermare l’arrivo di rifugiati siriani e di costruire un muro lungo la frontiera con il Messico, fatto che impedirebbe qualsiasi domanda di asilo, in contraddizione totale con le convenzioni internazionali ratificate dal suo paese.

Possiamo auspicare che la retorica velenosa del candidato non diventi la politica officiale del governo americano. Bisognerà giudicare Trump in base ai suoi atti. Ma ciò che è certo è che le nomine di questi ultimi giorni non sembrano certo andare nella direzione di una pacificazione. Colui che è in pole position come futuro ministro della Giustizia, il senatore Jeff Sessions, ha trascorso la sua carriera a limitare i diritti civili. Ha sostenuto delle proposte il cui scopo era vietare ai musulmani di entrare nel territorio degli Stati Uniti, si è opposto alla riforma della giustizia e al matrimonio omosessuale e ha lottato con forza contro una risoluzione che impedirebbe l’uso della tortura.

Il presidente statunitense non è certo il presidente del mondo, ma le sue decisioni hanno un impatto che supera ampiamente le frontiere del suo paese. In passato i capi di Stato hanno spesso giustificato delle pratiche inaccettabili, dicendo che se una delle più grandi democrazie al mondo poteva permettersi di violare i diritti umani, nulla poteva impedire loro di fare lo stesso.

Trump non sarebbe il primo presidente degli Stati Uniti ad autorizzare misure contrarie ai diritti fondamentali. Bill Clinton ha permesso alla CIA di creare un sistema opaco di trasferimento di detenuti verso i paesi nei quali sono stati torturati. George W. Bush ha lanciato la “guerra contro il terrorismo” e aperto la prigione di Guantanamo, dove centinaia di detenuti - tra i quali un gran numero di innocenti – hanno languito per anni senza mai esser stati giudicati. Barack Obama ha difeso la sorveglianza generalizzata praticata dalla NSA.

Ma oggi, per la prima volta, un futuro presidente si vanta di voler calpestare i diritti fondamentali. La reazione di una parte della popolazione americana, attaccata allo Stato di diritto, non si è fatta aspettare. Tanto meglio. Abbiamo bisogno di una società civile forte, che rifiuti questa retorica dell’odio e ribadisca con forza il proprio attaccamento a valori essenziali quali l’uguaglianza e la dignità per tutte e tutti.