8 marzo Proteggere le donne in prima fila per i diritti umani

6 marzo 2017
Sebbene siano trascorsi 18 anni dall’adozione della Dichiarazione delle Nazioni Unite sui difensori dei diritti umani, non si è assistito sinora ad alcun significativo passo avanti: i difensori dei diritti umani, in ogni parte del mondo, continuano ad affrontare quotidianamente numerosi pericoli, ha dichiarato Amnesty International in occasione della Giornata internazionale della donna.

In particolare, le donne che difendono i diritti umani, affrontano rischi aggiuntivi sia per il loro genere che per i diritti che rivendicano. Coloro che difendono i diritti umani, come Berta Càceres, il cui anniversario della morte ricorre in questi giorni, continuano a essere minacciate, torturate, incarcerate, violentate e uccise. Secondo i dati di FrontLine Defenders, nel 2016 sono stati uccisi 282 difensori dei diritti umani in 25 paesi nel mondo. Di questi 282, 39 erano donne che difendevano i diritti umani.

Come Berta Càceres, coraggiosa difensora dei diritti umani e dell’ambiente, assassinata nella notte tra il 2 e il 3 marzo 2016, in Honduras, che aveva vinto nel 2015 il Premio Goldman per l’Ambiente, il più alto riconoscimento assegnato ai difensori dei diritti dell’ambiente per le vittorie conseguite nel proprio contesto comunitario. Da anni, insieme al Consiglio civico delle organizzazioni indigene e popolari di Honduras (COPINH), conduceva una campagna contro la costruzione di una diga idroelettrica che minaccia il territorio del popolo nativo Lenca. In occasione dell’anniversario della sua morte, Amnesty International ha inviato all’Ambasciatore dell’Honduras in Italia le oltre 11.000 firme raccolte per chiedere giustizia sulla sua uccisione.

É urgente che i governi inizino a legittimare pubblicamente il ruolo centrale delle difensore dei diritti umani nella realizzazione di tutti i diritti umani e assicurino loro protezione. Perché non ci siano più donne che muoiano per aver difeso i diritti umani, Amnesty International Italia vuole dedicare la Giornata dell’8 marzo a cinque donne quest’anno: Bibata Ouedraogo, una difensora burkinabè che lavora per la promozione dei diritti delle donne; Su Changlan; una difensora cinese accusata di incitamento alla sovversione contro lo stato; Eren Keskin, un’avvocata turca che difende i diritti umani; Máxima Acuña, una contadina peruviana che si batte per difendere il suo territorio dalla costruzione di una miniera; Helen Knott, una portavoce delle comunità native canadesi di Peace River Valley che si oppongono alla costruzione di una diga idroelettrica sui loro territori ancestrali.

Tutte donne che hanno deciso di dedicare la loro vita alla battaglia quotidiana per la realizzazione dei diritti umani di tutte e di tutti noi. Tutte donne coraggiose che vengono minacciate, vessate, insultate, umiliate, censurate, marginalizzate, picchiate, imprigionate, perseguitate penalmente per il loro lavoro in difesa dei diritti umani; per aver sfidato gli stereotipi di genere, le strutture del potere e del profitto, le norme sociali e i valori patriarcali, religiosi e tradizionali; per aver rivendicato i diritti sessuali e riproduttivi e i diritti ambientali e dei popoli nativi.

L’appello di Amnesty International Italia può essere firmato qui.