In concomitanza con la pubblicazione del Rapporto Annuale 2016/2017 sveliamo le 5 tattiche più popolari per reagire alla pubblicazione di un’indagine di Amnesty International, testate e approvate negli ultimi anni dagli esperti di violazioni dei diritti umani di tutto il mondo.
1. Mettere in dubbio la nostra imparzialità
Il portavoce del governo ungherese Zoltán Kovács ha risposto alla pubblicazione di un’opinione sulla situazione dei Rom in Ungheria accusandoci di avere un preconcetto nei confronti della politica ungherese in materia di immigrazione:
“Sempre in prima linea nel criticare la volontà di questo governo di lottare contro l’immigrazione illegale, Amnesty International non è interessata a una discussione equilibrata.”
In risposta alla pubblicazione di un rapporto di Amnesty International che documenta l’uso di armi chimiche in Darfur da parte del governo Sudanese, l’ambasciatore del paese nel Regno Unito, Mohamed Eltom ha detto:
“Non riteniamo che (AI) sia un’organizzazione credibile,” accusandoci di fabbricare altre storie relative al Sudan. Eltom ci ha accusati di avere degli obiettivi – senza però saper spiegare quali siano. L’inviato del Sudan alle Nazioni Unite ha detto che il rapporto era “essenzialmente inventato da un impiegato incoscente.”
2. Negare – non c’è bisogno di dire perché
Alcune delle autorità al centro dei nostri rapporti scelgono di negare, semplicemente. Quando gli è stato chiesto se il trattamento riservato ai rifugiati, inviati con la forza sulla remota isola di Nauru nel Pacifico, fosse paragonabile alla tortura, il Primo Ministro australiano Malcolm Turnbull ha risposto :
“Respingo totalmente quell’accusa, è…totalmente falsa. Quell’allegazione, quell’accusa è respinta dal governo.” Non è andato oltre.
Nel settembre 2016 abbiamo consegnato una petizione al governo della Repubblica Dominicana che chiedeva di mettere fine alla situazione delle persone di origine Haitiana nel paese. Il Presidente Danilo Medina ha risposto così ai giornalisti: ”Non so, non so, non so sulla base di cosa possano affermare questo. Gli manca l’informazione.”
Accusare Amnesty di mentire è un buon modo per chiudere la porta al tema. Come ha fatto ad esempio il Ministro degli affari esteri del Myanmar nel rispondere alle domande su un nostro rapporto sul terribile trattamento riservato alla minoranza musulmana dei Rohingya.
“È molto triste, una vera sfortuna che […] Amnesty International abbia basato il proprio rapporto su accuse infondate, fotografie e didascalie manipolate.”
3. Scaricare il barile
Un vecchio trucco. La prima risposta del Presidente Assad alle domande sul carcere di Saydnaya è stata deviare l’attenzione su altro. Quando l’intervistatore, un americano, ha suggerito che le violazioni dei diritti umani potrebbero avere un impatto negativo sulle possibilità di cooperazione tra gli Stati Uniti e la Siria, Assad ha cercato di deviare l’attenzione sulla relazione tra Stati Uniti e Arabia Saudita: “Posso chiedere come potete avere questa relazione molto molto intense con l’Arabia Saudita?”
Il giornalista ha subito bloccato Assad, facendogli notare che non si stava parlando delle violazioni dei diritti umani da parte dell’Arabia Saudita.
4. Attaccare semplicemente Amnesty
Facendo un passo oltre l’accusare Amnesty di non essere imparziale, l’esercito della Nigeria ha scelto di rispondere al nostro rapporto secondo il quale aveva sparato su manifestanti pro-Biafra disarmati così:
“Per l’ennesima volta, l’esercito della Nigeria ha informato il pubblico dell’odioso intento di questa Organizzazione non governativa che non si trattiene dall’immischiarsi nelle questioni relative alla nostra sicurezza nazionale, in modi che annullano l’obiettività, l’onestà e la semplice logica.”
La portavoce del Ministero russo degli affari esteri, Maria Zackarova ha risposto al nostro recente rapporto su Saydnaya lanciandosi in una congettura sugli obiettivi di Amnesty, accusandoci di “provocazioni mirate, il cui obiettivo è gettare benzina sul fuoco del conflitto intra-siriano, e fare in modo che i siriani si odino tra di loro ancora di più.”
Da parte sua il Presidente filippino Rodrigo Duterte ha definito Amnesty International “così naïf e stupida” quando abbiamo denunciato le migliaia di esecuzioni extra giudiziali avvenute sotto la sua amministrazione, definendo Amnesty “idiota” quando lo abbiamo esortato a smettere di incoraggiare la violenza dopo che ha dichiarato di aver ucciso tre persone quando era sindaco di Davao City.
5. Chiuderci
Se le strategie precedenti falliscono, la semplice censura dovrebbe raggiungere l’effetto desiderato.
Nel settembre 2016, funzionari tailandesi hanno minacciato di arrestare lo staff di Amnesty International che stava preparando il lancio di un rapporto sull’uso della tortura e altri maltrattamenti da parte delle autorità statale.
La conferenza stampa per la presentazione del rapporto era stata cancellata poiché funzionari del Ministero del lavoro avevano dichiarato che il visto per affari concesso al team di Amnesty non prevedeva la possibilità di prendere la parola pubblicamente, minacciando di perseguirli se lo avessero fatto. Il tentativo di metterci ha tacere era fallito, ma aveva dimostrato l’atteggiamento delle autorità tailandesi nei confronti della libertà d’espressione.
Per ogni governo che tenta di demolire i nostri rapporti, con smentite, congetture e teorie della cospirazione, ci sono milioni di persone nel mondo che parlano in nostra difesa. Da oltre 55 anni l’approccio imparziale di Amnesty International nelle proprie ricerche sui diritti umani si è guadagnato una reputazione mondiale. Il nostro lavoro continua ad essere un elemento essenziale del cambiamento e della protezione dei più deboli dai peggiori abusi che avvengono sul pianeta.