Filippine Sanguinosa guerra contro i poveri

Comunicato stampa - 31 gennaio 2017
Seguendo le istruzioni da parte delle più alte sfere del governo, la polizia filippina ha assassinato e pagato altri per uccidere centinaia di presunti autori di crimini legati agli stupefacenti. Secondo Amnesty International, che pubblica un nuovo rapporto oggi, Questa ondata di esecuzioni extra-giudiziali potrebbero essere equiparabili a crimini di guerra.

L’indagine “If you are poor you are killed”: Extrajudicial Executions in the Philippines’ “War on Drugs” illustra come la polizia abbia sistematicamente preso di mira le persone più povere e indifese nel paese “piazzando” le prove, reclutando killer a pagamento, rubando dalle persone uccise e falsificando rapporti ufficiali sui singoli episodi.

“Questa non è una guerra contro le droghe ma bensì una guerra contro i poveri. Spesso sulla base delle prove più lacunose persone sospettate di fare uso o vendere stupefacenti sono uccise per soldi, in un’economia dell’assassinio,” ha dichiarato Tirana Hassan, direttrice del settore Crisis Response di Amnesty International.

“Sotto il governo Duterte, la polizia nazionale viola le leggi che dovrebbe far rispettare, il tutto traendo un vantaggio economico dall’uccisione delle stesse persone povere che il governo dovrebbe sostenere. Le stesse strade che Duterte ha promesso di ripulire dal crimine sono ora piene di cadaveri delle persone uccise dalle sue stesse forze di polizia.”

Incitata dalla retorica del Presidente Rodrigo Duterte, la polizia ha messo dei killer nel proprio libro paga, e individui sconosciuti armati hanno ucciso oltre un migliaio di persone al mese. Il tutto camuffato dalla campagna nazionale per sradicare il mercato degli stupefacenti. Dall’arrivo al potere del presidente Rodrigo Duterte, sette mesi or sono, ci sono stati più di 7000 omicidi in relazione alle droghe, con la polizia che ha direttamente ucciso almeno 2500 presunti criminali.

L’inchiesta di Amnesty International documenta nel dettaglio 33 casi che hanno coinvolto l’uccisione di 59 persone. I ricercatori hanno intervistato 110 persone nelle tre principali aree geografiche delle Filippine, illustrando esecuzioni extra giudiziali avvenute in 200 città dell’arcipelago. L’organizzazione ha inoltre analizzato documenti, tra i quali anche rapporti di polizia.

Le esecuzioni extra giudiziali sono uccisioni illegali e deliberate portate a termine da funzionari, su ordine del governo, con la sua complicità o il suo consenso. Le esecuzioni extra giudiziali violano il diritto alla vita iscritto nel diritto nazionale filippino e nel diritto internazionale.

Omicidi di persone disarmate e falsi rapporti di polizia

Il rapporto documenta come la polizia, partendo da liste non verificate di persone sospettate di fare uso di droghe o di essere spacciatori, irrompe nelle case, uccidendo persone disarmate, incluso individui pronti ad arrendersi.

Falsificando poi i rapporti su questi avvenimenti, la polizia ha affermato ripetutamente di essere stata attaccata in prima istanza. Contraddicendo direttamente le affermazioni della polizia, testimoni hanno raccontato a Amnesty International come la polizia ha condotto i raid notturni, senza tentare di mettere a segno arresti ma aprendo il fuoco su persone disarmate. In alcuni casi, hanno affermato testimoni, la polizia ha “piazzato” droghe e armi poi utilizzate come prove.

In un caso, a Batangas City, la moglie di una vittima ha raccontato come la polizia ha freddato suo marito a pochissima distanza, mentre lei supplicava di risparmiarlo. Dopo aver ucciso il marito, i poliziotti l’hanno afferrata, trascinata fuori casa e picchiata, lasciandola piena di lividi.

A Cebu City, quando Gener Rondina ha visto un imponente contingente di polizia circondare la sua casa ha chiesto loro di risparmiarlo, dicendosi pronto ad arrendersi. “I poliziotti continuavano a spingere e quando sono entrati lui gridava “mi arrendo, mi arrendo”“ un testimone ha detto a Amnesty.

La polizia ha ordinato a Gener Rondina di sdraiarsi sul pavimento, ordinando alla persone che si trovava nella stanza di uscire. Testimoni hanno poi sentito degli spari. Un testimone ricorda che “lo hanno trasportato come un maiale” fuori da casa e che poi il suo cadavere è stato abbandonato vicino alle fogne, prima di venir infine caricato su un mezzo e portato via.

Quando la sua famiglia è finalmente stata autorizzata ad entrare in casa, sei ore dopo la morte di Gener, ha descritto di aver visto schizzi di sangue ovunque. Oggetti di valore, tra i quali un portatile, un orologio e soldi, erano spariti e, secondo un membro della famiglia, non sono stati restituiti o annoverati nell’inventario ufficiale degli oggetti presenti sulla scena del crimine nel rapporto di polizia.

Il padre di Gener, Generoso, era stato un agente di polizia per 24 anni prima di andare in pensione nel 2009. Ha detto ad Amnesty International che si “vergognava” dell’uso di droghe da parte del figlio. Ha pure professato il proprio sostegno agli sforzi anti-stupefacenti del proprio governo. “Ma quanto hanno fatto è eccessivo,” ha detto, “Perché uccidere qualcuno che si è già arreso?”.

Altre persone incontrate da Amnesty International hanno pure descritto la deumanizzazione dei propri cari, uccisi con estrema freddezza, poi trascinati e mollati.

“Il modo in cui sono trattati i cadaveri dimostra la scarsissima considerazione per la vita umana da parte delle forze di polizia Filippine. Ricoperti di sangue, vengono trascinati con noncuranza di fronte a parenti scioccati, e poi semplicemente scaricati dove capita,” ha dichiarato Tirana Hassan.

“Le persone uccise provengono nella stragrande maggioranza dei casi dalle fasce più povere della società e includono bambini, uno dei quali aveva solo otto anni.”

Nei pochi casi in cui la polizia ha preso di mira delle gang straniere attive nello spaccio di meta anfetamine, ha dimostrato di saper condurre arresti senza fare ricorso alla violenza letale. Il fatto che le persone povere si vedano negare la stessa protezione e lo stesso rispetto rafforza l’impressione che quella in corso sia una guerra contro i poveri.

Un’economia dell’omicidio

Stando al rapporto, le uccisioni da parte della polizia sono spinte da una pressione dall’alto, incluso l’ordine di “neutralizzare” presunti autori di reati legati agli stupefacenti e pure incentivi finanziari che hanno creato un’economia informale della morte.

Parlando con Amnesty International, un poliziotto attivo da oltre un decennio e responsabile di parte delle operazioni antidroga nell’unità Metro Manila, ha descritto come i poliziotti siano pagati a “incontro”, il termine usato per presentare le esecuzioni extra giudiziali camuffandole come operazioni legali.

“Siamo pagati a “incontro”… La cifra spazia da 8000 (161$) a 15000 pesos (302$) …. La cifra è a testa. Quindi se l’operazione è contro quattro persone, sono 32000 pesos (644$)… Siamo pagati in contanti, in segreto, dalla sede centrale… Non ci sono incentivi per gli arresti. Per quelli non ci pagano.”

L’inquietante incentivo a uccidere le persone invece di arrestarle è stato sottolineato da un poliziotto alto graduato, che ha aggiunto: “Non succede mai che ci sia una separatori senza un morto.”

Il poliziotto con esperienza in prima linea ha detto a Amnesty International che alcuni agenti hanno messo in piedi un racket con le pompe funebri, che li ricompensano per ogni cadavere che viene loro inviato. Testimoni hanno raccontato a Amnesty International che i poliziotti si arricchiscono pure rubando dalle case delle vittime, prendendo anche oggetti con importante valore sentimentale.

I poliziotti si comportano come i criminali che dovrebbero reprimere, portando a termine esecuzioni extra-giudiziali camuffati da killer sconosciuti e “subappaltando” omicidi.

Oltre 4100 del totale degli omicidi in relazione con gli stupefacenti avvenuti nel corso degli ultimi sei mesi sono stati commessi da individui armati sconosciuti. “Viaggiare in tandem”, nel gergo locale, significa che due individui a bordo di motociclette arrivano, sparano al loro obiettivo, uccidendolo, poi partono a tutta velocità.

Due sicari a pagamento hanno detto a Amnesty International che ricevono ordini da un agente di polizia che li paga 5000 pesos (100$) per ogni tossicomane ucciso e dai 10000 ai 15000 pesos (200-300 $) per ogni pusher assassinato. Prima dell’arrivo al potere di Duterte, hanno detto i killer, avevano due “ingaggi” al mese. Oggi ne hanno tre o quattro alla settimana.

Spesso le vittime designate sono estrapolate da liste di persone sospettate di vendere stupefacenti allestite da funzionari governativi locali. Una persona può venir inserita in queste liste senza alcuna considerazione del tempo trascorso da quando faceva uso di droghe o delle quantità irrisorie usate o vendute.

In altri casi i nomi possono venir aggiunto in modo totalmente arbitrario, per vendetta o a causa dell’incentivo a uccidere il maggior numero di persone considerate dipendenti dalle droghe o coinvolte nella loro vendita.

Possibili crimini contro l’umanità

Le Filippine sono parte degli Stati che hanno aderito allo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale (CPI). Nell’ottobre 2016 il Procuratore capo della CPI, Fatou Bensouda, ha diffuso una dichiarazione nella quale esprimeva preoccupazione in merito alle uccisioni, indicando che il suo ufficio potrebbe avviare degli esami preliminari su possibili crimini secondo lo Statuto di Roma.

Amnesty International è profondamente preoccupata che le uccisioni deliberate, diffuse e sistematiche di presunti autori di crimini legati alle droghe, che sembrano essere pianificati e organizzati dalle autorità, possano costituire crimini contro l’umanità secondo il diritto internazionale.

“La crisi in corso nelle Filippine dovrebbe preoccupare il resto del mondo. Esortiamo il governo, dal Presidente Duterte in giù, a ordinare la fine immediata di tutte le esecuzioni extra giudiziali. Chiediamo inoltre al Dipartimento della Giustizia filippino di indagare su questi fatto e portare a processo tutte le persone coinvolte negli omicidi, e questo senza limitazioni dovute alla posizione occupata nelle forze di polizia o nel governo,” ha dichiarato Tirana Hassan.

“Le Filippine devono abbandonare queste pratiche illegali e violente, riorganizzare le proprie politiche in materia di stupefacenti per andare verso in modello basato sulla protezione della salute e dei diritti umani.”

“Vogliamo che le autorità filippine affrontino questa crisi dei diritti umanitari da sole. Ma se un’azione incisiva non sarà intrapresa a breve, la comunità internazionale dovrebbe rivolgersi al Procuratore della Corte Penale Internazionale affinché svolga le indagini preliminari su questi omicidi, incluso il coinvolgimento di funzionari di più alto grado del governo.”