Con l'aiuto di un amico, un sopravvissuto fruga tra le macerie della sua casa, distrutta da un raid aereo del 14 marzo, che ha colpito il quartiere al-Sekar a Mosul est. © Andrea DiCenzo/Amnesty International
Con l'aiuto di un amico, un sopravvissuto fruga tra le macerie della sua casa, distrutta da un raid aereo del 14 marzo, che ha colpito il quartiere al-Sekar a Mosul est. © Andrea DiCenzo/Amnesty International

Iraq Battaglia di Mosul: civili uccisi nelle proprie case

Comunicato stampa - 28 marzo 2017
Centinaia di civili sono stati uccisi dai raid aerei mentre erano nelle proprie case o in luoghi dove avevano cercato rifugio dando seguito alle indicazioni del governo iracheno che ha detto loro di non abbandonare le proprie case durante l’offensiva per la riconquista della città di Mosul, nelle mani del gruppo che si è denominato Stato islamico (Is o Daesh, nell’acronimo arabo). Lo afferma Amnesty International, alla quale sopravvissuti e testimoni residenti a Mosul est hanno detto di non aver cercato di fuggire quando la battaglia era in corso poiché avevano ripetutamente ricevuto istruzioni di rimanere nelle proprie case da parte delle autorità irachene.

Lo scioccante aumento, negli ultimi mesi, delle vittime civili uccise nei bombardamenti da parte della coalizione a guida statunitense come pure a seguito degli scontri sul terreno tra l’esercito iracheno e i combattenti dell’ISIS, fa emergere domande sulla legalità di tali attacchi. In uno dei più gravi episodi degli ultimi anni, avvenuto il 17 marzo 2017, circa 150 persone sono state uccise da un bombardamento da parte della coalizione nel quartiere di Jadida, Mosul est. Fatto questo che ha portato la coalizione ad annunciare un’indagine su quanto avvenuto.

“Le prove raccolte sul terreno a Mosul est puntano verso uno schema allarmante di raid della coalizione a guida statunitense che hanno distrutto case nelle quali c’erano intere famiglie. L’alto numero di vittime civili fa pensare che le forze della coalizione che conducono l’offensiva a Mosul non abbiano preso le precauzione adeguate per evitare morti di civili, in flagrante violazione del diritto internazionale umanitario,” ha dichiarato Donatella Rovera, Senior crisis response advisor di Amnesty International, che ha condotto le ricerche sul posto, a Mosul. 

“Il fatto che le autorità irachene abbiano ripetutamente indicato ai civili di rimanere nelle proprie case invece di lasciare la zona, indica che le forze della coalizione avrebbero dovuto sapere che questi raid avrebbero potuto causare un importante numero di vittime civili. Attacchi sproporzionati e indiscriminati di questo genere violano il diritto internazionale umanitario e possono costituire crimini di guerra. Il governo iracheno e la coalizione a guida USA devono immediatamente avviare un’indagine indipendente e imparziale sul numero spaventoso di morti civili causato dall’operazione in corso a Mosul”.

Fuggire prima dei combattimenti era pure estremamente difficile per i residenti di Mosul poiché i militanti dell’ISIS punivano e a volte uccidevano le persone in fuga. Wa’ad Ahmad al-Tai, residente del quartiere al-Zahra di Mosul est, era tra i molti civili che hanno dato seguito al consiglio delle autorità irachene, rimanendo sul posto.

“Abbiamo seguito le istruzioni ricevute dal governo, che ci ha detto “rimanete nelle vostre case ed evitate il trasferimento”. Secondo le istruzioni i residenti che non avevano nulla a che vedere con Daesh dovevano restare nelle proprie case…. Abbiamo sentito queste istruzioni alla radio… Degli aerei hanno anche lanciato dei volantini. È per questo che siamo rimasti nelle nostre case,” ha raccontato.

Con l’intensificarsi dei combattimenti Wa’ad Ahmad al-Tai, suo fratello Mahmoud e le loro famiglie si sono rifugiati nella casa a due piani di un loro fratello, sperando di trovarvi protezione.

“Eravamo tutti radunati in una stanza, nel retro della casa. Eravamo 18, tre famiglie. Ma quando la casa accanto è stata bombardata è crollata proprio sulla stanza nella quale ci trovavamo. Mio figlio Yusef, 9 anni, e mia figlia Shahad, 3, sono morti con mio fratello Mahmoud, sua moglie e il loro figlio di nove anni, Aws, e mia nipote Hanan. Stava cullando la figlia di cinque mesi che, grazie a Dio, è sopravvissuta,” ha raccontato l’uomo.

Il diritto internazionale umanitario (o leggi della guerra) chiede che tutte parti in conflitto prendano tutte  le precauzioni possibili per minimizzare i danni ai civili, e che attacchi non devono causare danni sproporzionati ai civili – ovvero danni che sono eccessivi in relazione al vantaggio militare concreto e diretto previsto.

Impiego di civili come scudi umani da parte dell’ISIS

In numerosi casi nei quali civili sono rimasti uccisi in seguito a raid della coalizione sui quali Amnesty International ha indagato, residenti e vicini sopravvissuti hanno raccontato all’organizzazione che miliziani dell’IS erano presenti dentro o attorno alla casa colpita – solitamente sul tetto o nel giardino – come pure dentro o nei dintorni delle case vicine che non sono state prese di mira. In tutti i casi il raid ha distrutto l’intera casa, distruggendo o danneggiando seriamente anche case e proprietà adiacenti.

“L’ISIS fa vergognosamente uso dei civili come scudi umani, una seria violazione delle leggi della guerra che rappresenta un crimine di guerra. In un’area residenziale densamente popolata i rischi per la popolazione civile diventano enormi. L’impiego dei civili come scudi umani da parte dell’SISI non assolve le forze irachene e della coalizione dal loro obbligo di non lanciare tali attacchi,” ha dichiarato Donatella Rovera.

Mohammed, residente del quartiere Hay alk-Dhubbat di Mosul est, ha perso molti parenti in seguito ai bombardamenti della coalizione, ed ha raccontato a Amnesty International:

“I miliziani Daesh erano ovunque e non c’era nulla che potessimo fare. Se li sfidi ti uccidono. Hanno avuto il controllo di questa città per due anni e mezzo e sono stati presi di mira raramente in questo periodo… Perché adesso (loro) distruggono le nostre case, con dentro le nostre famiglie, solo per eliminare due o tre Daesh che si trovano sul tetto?”

Na’el Tawfiq Abdel Hafez, il cui figlio è stato ucciso in un raid del 5 gennaio 2017, ha raccontato ad Amnesty International che per mesi prima dell’attacco vivevano circondati, con cecchini dell’ISIS appostati sopra i tetti e soldati iracheni che lanciavano colpi di mortaio nel quartiere.

“Non c’era nulla che potessimo fare, siamo civili: non potevamo fermare Daesh. Quando sono entrati in casa mia, poco prima del raid, ho tentato di oppormi, di implorarli: ho detto loro, “cosa fate qui, ho una famiglia”. Se ne sono andati ma mentre se ne andavano la casa è stata bombardata. Mio figlio è stato ucciso e noi siamo rimasti feriti. Mia figlia Bara’ ha perso un occhio. Ma gli uomini di Daesh erano ancora vivi.”

I combattimenti minacciano i civili

I residenti hanno raccontato a Amnesty International che civili sono stati uccisi e feriti in seguito al lancio indiscriminato di colpi di mortaio da parte dei combattenti dell’ISIS e delle forze irachene in aree residenziali densamente popolate.

I mortaio non possono essere lanciati con precisione contro un obiettivo militare. Sono concepiti per la battaglia al fronte e non dovrebbero venir usati in quartieri densamente popolati. Hanno margini di errore (che possono essere ridotti per i mortai da 120mm se sono equipaggiati con sistemi di guida via laser) e il raggio di esplosione varia dai 20-25 metri per un mortaio di 60mm fino a 75 metri per mortai di 120mm. In un ambiente residenziale, dove le strade sono larghe pochi metri, il margine di errore dei mortai e l’impatto dell’esplosione significano un’alta probabilità di causare vittime civili nell’area presa di mira.

“Invece di evacuare i civili dalle zone riconquistate così da minimizzare il rischio che possano rimanere feriti negli attacchi, le forze irachene sembrano metterli ancor più in pericolo incoraggiandoli a rimanere a casa e creando postazioni nelle vicinanze,” ha detto Donatella Rovera.

“Tutte le parti in conflitto devono astenersi dall’uso di mortai e altri esplosivi imprecisi nelle aree densamente popolate di Mosul. La popolazione civile ha portato il peso della battaglia per la riconquista di Mosul, con tutte le parti coinvolte nel conflitto che hanno dimostrato un agghiacciante indifferenza nei confronti della sofferenza causata alla popolazione civile della città. ”