Nel 2014 il governo di Pechino ha represso con forza i movimenti di protesta pacifici di studenti che chiedevano maggiore democrazia. © Pasu Au Yeung / wikicommons
Nel 2014 il governo di Pechino ha represso con forza i movimenti di protesta pacifici di studenti che chiedevano maggiore democrazia. © Pasu Au Yeung / wikicommons

Visita del Presidente cinese Xi Jinping in Svizzera Non tacere sui diritti umani in Cina

Comunicato stampa - 13 gennaio 2017
La visita del presidente cinese Xi Jinping in Svizzera sarà dominata dalle relazioni economiche. Secondo Amnesty International, lo sforzo per non compromettere tali relazioni non deve indurre a tacere sulla precaria situazione dei diritti umani in Cina.

Secondo la Sezione svizzera di Amnesty International voler proteggere la delegazione cinese da qualsiasi manifestazione critica è problematico. A Ginevra le organizzazioni tibetane attendono, per ora in vano, un’autorizzazione per manifestare davanti alla sede delle Nazioni Unite. E anche la decisione della città di Berna di autorizzare una dimostrazione solo fuori dal raggio di visione della delegazione cinese, deve essere considerata come una grave interferenza con il diritto alla libertà di espressione e di riunione.

Inoltre, le violazioni dei diritti umani in Cina devono essere affrontati nell’ambito dei colloqui ufficiali. "Il Consiglio federale, nel contesto dei propri incontri con Xi Jinping e la delegazione che lo accompagna, deve affrontare apertamente le questioni critiche, come ad esempio la soppressione della libertà d’espressione o l'uso della pena capitale in Cina," ha dichiarato Reto Rufer, esperto sulla Cina per la Sezione svizzera di Amnesty International.

Dall’inizio del mandato di Xi Jinping, nel 2013, la situazione dei diritti umani nel paese è molto peggiorata. Questo in particolare attraverso l’attuazione di diverse nuove leggi che contengono una definizione molto vaga della “sicurezza nazionale” e dei reati la cui definizione è discutibile, come ad esempio “incitamento alla sovversione”, “separatismo” e “incitamento alla rivolta sociale”. Il governo cinese interviene in modo pesante contro le voci critiche presenti nel paese.