Una manifestazione di protesta contro l’elezione di Donald Trump davanti a un albergo del miliardario a Las Vegas, Nevada, nel novembre 2016. © Alamy Stock Photo
Una manifestazione di protesta contro l’elezione di Donald Trump davanti a un albergo del miliardario a Las Vegas, Nevada, nel novembre 2016. © Alamy Stock Photo

Stati Uniti Le prime sette misure di Trump per sabotare i diritti umani

Dal suo arrivo alla Casa Bianca, il presidente statunitense Donald Trump non ha sprecato tempo nel trasformare in atti la retorica dell’odio che ha segnato la sua campagna. Nelle prime settimane del suo mandato, Trump ha firmato una serie di ordini esecutivi repressivi che minacciano i diritti umani di milioni di persone, negli USA come all’estero.

Ecco sette passi potenzialmente devastanti già intrapresi dal Presidente Trump:

1. Voltare le spalle ai rifugiati

A una settimana dal suo giuramento, Trump ha sospeso il programma di accoglienza di rifugiati del paese per 120 giorni, messo in atto un blocco a tempo indeterminato per i profughi siriani e introdotto un limite annuale di 50’000 rifugiati accolti nel paese. Questo limite avrà un impatto su 60’000 persone nel solo anno 2017, poiché il presidente Barack Obama aveva promesso di accogliere 110’000 rifugiato nel corso di questo anno fiscale. Quando il mondo sta vivendo una crisi globale dei rifugiati nella quale 21 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case a causa di guerre o persecuzioni, una tale decisione da parte di una delle più importanti potenze mondiali, nonché uno dei paesi più ricchi del mondo, è semplicemente scioccante. Trump impedisce a uomini, donne e bambini rifugiati di fuggire dallo stesso terrore che afferma di voler combattere.

2. Discriminazione sulla base della religione

Il Presidente Trump si è pure mosso rapidamente per vietare l’entrata nel paese a persone provenienti da Iran, Iraq, Siria, Libia, Somalia, Sudan e Yemen – sette paesi a maggioranza musulmana. L’ordine esecutivo non menzionava in modo esplicito un divieto ai musulmani, ma la discriminazione sulla base della religione è palese – in particolare pensando alla retorica del Presidente nel corso della campagna elettorale. Ci sono eccezioni al divieto, incluso per coloro che hanno subito persecuzioni religiose – ma solo se appartengono a una “minoranza religiosa”. Il decreto è stato temporaneamente sospeso da un Tribunale ed è ora al centro di una battaglia legale. Amnesty International esorta il Congresso degli Stati Uniti ad intervenire immediatamente per bloccare il divieto.

3. Deportazioni accelerate per le persone in fuga dalla violenza in America Centrale

La promessa di Trump di costruire un “grande e bel” muro lungo la frontiera tra Stati Uniti e Messico per tenere lontani i “criminali” è stata uno dei punti forti della sua campagna elettorale. Quindi la firma di alcuni ordini esecutivi volti a realizzare questa promessa, pochi giorni dopo il suo insediamento, non è stata una sorpresa. Uno prometteva di costruire la barriera, mentre un altro – il più preoccupante per le migliaia di migranti in fuga dalla violenza armata in Messico e America Centrale – apriva la strada all’assunzione di 10’000 nuovi addetti all’immigrazione. È quindi probabile che molti altri migranti, incluso persone bisognose di protezione internazionale, saranno tenuti in campi di detenzione temporanea lungo la frontiera prima di venir poi rinviati laddove le loro vite sono in pericolo.

4. Prendere di mira rifugi sicuri per profughi e migranti

Nello stesso decreto che ordinava l’assunzione di altro personale per il controllo delle frontiere, Trump ha tentato di limitare ulteriormente i movimenti dei richiedenti asilo, revocando i fondi federali per le cosiddette “città rifugio”. Queste città limitano la cooperazione con le autorità federali di controllo dell’immigrazione e rifiutano di deportare migranti privi di documenti, tra i quali anche persone che hanno legittimamente diritto di chiedere asilo. Tra queste città figurano anche New York, Dallas, Minneapolis, Denver e San Francisco, oltre a 39 città attraverso il paese che rischiano di perdere milioni di dollari in finanziamenti federali.

5. Assalto ai diritti delle donne

L’immagine di un gruppo di uomini in completo in piedi attorno al Presidente Trump mentre firma per spazzare via i diritti sessuali e riproduttivi di milioni di donne e ragazze nel mondo, è diventata il simbolo del pericolo che la nuova amministrazione rappresenta per i diritti delle donne.  L’ordine esecutivo che reintroduce la cosiddetta “Global gag rule” (o Mexico City Policy), impedisce alle organizzazioni internazionali non governative impegnate nel fornire servizi alle donne che decidono di abortire, chiedono la decriminalizzazione dell’aborto o l’ampiamento dei servizi per l’interruzione di gravidanza, di ricevere finanziamenti dal governo degli Stati Uniti – anche se gli USA non finanziano questi servizi direttamente. In America Latina e nei Caraibi, dove in sette paesi l’aborto è vietato completamente anche se la salute o la vita della donna ne dipendono, questa presa di posizione di Trump costerà molte vite. Anche in alcuni paesi in cui l’aborto è legale, l’accesso dipende in gran parte dal finanziamento statunitense: anche qui a causa della “gag rule” delle vite sono in pericolo.

6. Limitazione dell’accesso ai servizi sanitari

La reintroduzione della “global gag rule” avrà delle importanti conseguenze che vanno ben oltre l’obiettivo di Trump di ridurre il ricorso all’aborto. Molte organizzazioni toccata dagli importanti tagli forniscono anche cure per l’HIV/AIDS, contraccezione d’emergenza e altri servizi sanitari legati alla riproduzione oltre alle informazioni sull’interruzione di gravidanza e interventi in questo senso, in particolare in Africa e in America Latina. Infatti la versione di Trump della “global gag rule”, applicata l’ultima volta dall’amministrazione di George W Bush, è molto più ampia delle versioni precedenti e si applica ai finanziamenti globali nel sanitario da parte degli Stati Uniti, e va quindi ben oltre la salute riproduttiva.

7. Attacco alle terre e al sostentamento dei Nativi americani

La decisione di Trump di dare il via libera all’avanzamento dei lavori dell’oleodotto “Dakota access”, che attraversa quattro stati, dà priorità ai profitti delle aziende petrolifere rispetto ai diritti umani dei Nativi americani. La tribù Sioux di Standing Rock, che hanno un sito sacro lungo il tracciato dell’oleodotto, affermano che quest’ultimo potrebbe contaminare l’acqua potabile e danneggiare cimiteri sacri. La costruzione del pipeline è stata approvata in violazione dei diritti del diritto dei Nativi di accedere all’acqua, e anche senza consultarli e chiedere loro il consenso – un’esigenza stabilita dal diritto internazionale umanitario e dalla legge statunitense. L’arresto di decine di manifestanti contro la costruzione dell’oleodotto, la settimana scorsa, è avvenuto dopo che la polizia è stata accusata di uso eccessivo della forza in occasione di manifestazioni precedenti, e aumenta i timori che gli ambientalisti possano vedere ulteriormente minacciato il loro diritto alla protesta pacifica.