Giulio al Cairo per svolgere la sua ricerca quando, il 25 gennaio 2016, è scomparso. Quel giorno, in un clima di forte tensione per il quinto anniversario della “Rivoluzione del 25 gennaio”, le proteste che portarono alle dimissioni del presidente Hosni Mubarak, è uscito di casa per raggiungere i suoi amici a una festa di compleanno. Non è mai arrivato.
«Aveva il volto irriconoscibile, su cui “si era abbattuto tutto il male del mondo“.» – Paola Deffendi, madre di Giulio.
Il suo corpo, con evidenti segni di tortura, è stato ritrovato per caso nove giorni dopo, il 3 febbraio, in un fosso ai bordi dell’autostrada Cairo-Alessandria-
La brutale uccisione di Giulio Regeni ha scioccato il mondo, ma ha anche acceso i riflettori sul metodo delle sparizioni forzate praticato oggi in maniera sistematica in Egitto e che i ricercatori di Amnesty International hanno documentato attraverso fatti e testimonianze. Il quadro che ne risulta è allarmante: in media tre quattro persone al giorno sono vittime di sparizioni forzate nel paese. Una strategia mirata e spietata diretta dall’Agenzia per la sicurezza nazionale che risponde al ministro degli interni egiziano Magdy Abd el-Ghaffar.
«Ho riconosciuto Giulio solo dalla punta del naso. Quello che è successo non è un caso isolato»– Paola Deffendi, madre di Giulio.
Dal 26 febbraio 2016, in Italia e nel mondo, è partita una grande campagna promossa dalla Sezione italiana di Amnesty International con il quotidiano La Repubblica e migliaia di persone, enti, scuole, media hanno esposto striscioni con la richiesta di verità per Giulio Regeni.