© Amnesty International / mre
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Italia-Egitto Un anno dopo: verità per Giulio Regeni

17 gennaio 2017
Giulio Regeni era un cittadino italiano e uno studente di dottorato presso l’Università di Cambridge, nel Regno Unito. Stava conducendo una ricerca sui sindacati indipendenti in Egitto nel periodo successivo al 2011, quando finì il governo di Hosni Mubarak. È stato ucciso un anno fa.

Giulio al Cairo per svolgere la sua ricerca quando, il 25 gennaio 2016, è scomparso. Quel giorno, in un clima di forte tensione per il quinto anniversario della “Rivoluzione del 25 gennaio”, le proteste che portarono alle dimissioni del presidente Hosni Mubarak, è uscito di casa per raggiungere i suoi amici a una festa di compleanno. Non è mai arrivato.

«Aveva il volto irriconoscibile, su cui “si era abbattuto tutto il male del mondo“.» – Paola Deffendi, madre di Giulio.

Il suo corpo, con evidenti segni di tortura, è stato ritrovato per caso nove giorni dopo, il 3 febbraio, in un fosso ai bordi dell’autostrada Cairo-Alessandria-

La brutale uccisione di Giulio Regeni ha scioccato il mondo, ma ha anche acceso i riflettori sul metodo delle sparizioni forzate praticato oggi in maniera sistematica in Egitto e che i ricercatori di Amnesty International hanno documentato attraverso fatti e testimonianze. Il quadro che ne risulta è allarmante: in media tre quattro persone al giorno sono vittime di sparizioni forzate nel paese. Una strategia mirata e spietata diretta dall’Agenzia per la sicurezza nazionale che risponde al ministro degli interni egiziano Magdy Abd el-Ghaffar.

«Ho riconosciuto Giulio solo dalla punta del naso. Quello che è successo non è un caso isolato»– Paola Deffendi, madre di Giulio.

Dal 26 febbraio 2016, in Italia e nel mondo, è partita una grande campagna promossa dalla Sezione italiana di Amnesty International con il quotidiano La Repubblica e migliaia di persone, enti, scuole, media hanno esposto striscioni con la richiesta di verità per Giulio Regeni.