“Nel 2018 abbiamo visto questi leader, autoproclamatisi “uomini duri”, tentare di sminuire il principio dell’uguaglianza – la base delle leggi in materia di diritti umani. Pensano che le loro politiche li rendano forti, ma di fatto si tratta di tattiche da bulli per demonizzare e perseguitare comunità che già sono marginalizzate e vulnerabili,” ha dichiarato Kumi Naidoo, Segretario generale di Amnesty International.
“Quest’anno sono state le donne attiviste ad aver portato le risposte più visionarie a questi leader repressivi." Kumi Naidoo, Segretario generale di Amnesty International.
Le loro azioni sono descritte nella pubblicazione “La situazione dei Diritti Umani nel mondo” (titolo in inglese Rights Today), che fornisce un’accurata analisi della situazione dei diritti umani in sette regioni nel mondo: Africa, Americhe, Asia orientale, Europa e Asia centrale, Medio Oriente e Nord Africa, Asia meridionale e Sud est asiatico.
La presentazione della pubblicazione coincide con il 70esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani – la prima Carta dei diritti che venne adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1948.
2018: Le donne insorgono
Il crescente potere delle voci femminili non deve essere sottovalutato, afferma il rapporto. Collettivi guidati da donne, come Ni una menos in America Latina, si sono trasformati in movimenti di massa su una scala finora sconosciuta.
In India e in Sudafrica migliaia di persone sono scese in piazza per protestare contro la violenza sessuale endemica. In Arabia Saudita e Iran, attiviste hanno rischiato l'arresto per essersi opposte al divieto di guidare o all'obbligo di portare l’hijab (velo). In Argentina, Irlanda e Polonia si sono tenute importanti manifestazioni contro le leggi repressive in materia di aborto. Negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone, milioni di persone si sono unite alla seconda “Marcia delle donne” guidata dal movimento #MeToo per chiedere la fine della misoginia e degli abusi.
Controllo e pressioni
Il documento affronta anche la questione del perché le donne sono sempre più costrette a difendersi e a lottare con forza per i propri diritti. Amnesty elenca un numero crescente di politiche e di leggi volte ad opprimere e controllare le donne. I deputati polacchi e guatemaltechi continuano a battersi per leggi più severe sull'aborto, mentre negli Stati Uniti le cliniche che offrono la pianificazione familiare tagliano i finanziamenti.
Le attiviste rischiano la propria vita e la propria libertà pur di portare alla luce le violazioni dei diritti umani: tra loro c'è Ahed Tamimi, la giovanissima attivista palestinese che è stata ingiustamente imprigionata per aver osato difendere il suo popolo; Loujain al-Hathloul, Iman al-Nafjan e Aziza al-Yousef, tre attiviste tutt’ora detenute in Arabia Saudita per aver lottato per i diritti delle donne; e Marielle Franco, brutalmente assassinata in Brasile all'inizio di quest'anno per essersi battuta senza paura per i diritti umani.
Segnali preoccupanti dall’Europa
Anche in molti paesi europei si assiste a un preoccupante aumento di intolleranza, odio e discriminazione e alla contemporanea riduzione delle possibilità di azione della società civile. Di conseguenza, il tessuto sociale è sempre più incrinato. "I leader politici usano una retorica velenosa che incolpa determinati gruppi per i problemi sociali ed economici. Con la loro politica di paura, stanno creando pericolose divisioni all’interno della società", si legge nel documento.
In tutta Europa, determinati gruppi si sentono incoraggiati a diffondere odio e discriminazione e ad avere un'influenza a livello politico. Allo stesso tempo, i partiti consolidati riprendono queste stesse idee e usano la stessa odiosa retorica. Con il sostegno di alcuni politici e di parte dei media diventa sempre più normale diffondere odio e intolleranza.
Critica della politica estera degli Stati europei (Svizzera compresa)
L'Unione europea e i suoi Stati membri devono reagire di fronte agli attori internazionali che si ritirano dagli accordi in materia di diritti umani o addirittura li violano. Amnesty International chiede loro un più forte impegno in politica estera a favore dei diritti umani.
Anche in Svizzera l’agenda politica continua ad essere determinata da interessi di politica economica e di politica di sicurezza che minacciano di causare passi indietro in materia di protezione internazionale dei diritti umani. "Affinché la Svizzera, con Ginevra "capitale mondiale dei diritti umani", possa apparire come una convincente sostenitrice dei diritti umani, deve orientare maggiormente la sua politica in questo senso. La preferenza unilaterale del Consiglio federale nei confronti di interessi economici o securitari, in particolare per quel che riguarda il controllo delle esportazioni di armi, è in contrapposizione con l'immagine di tradizione umanitaria che il paese ama sfoggiare", afferma Manon Schick, direttrice della Sezione svizzera di Amnesty International.
Inoltre la Svizzera non ha firmato il Trattato internazionale sulla proibizione delle armi nucleari e continua a rinviare la creazione di un'istituzione nazionale per i diritti umani. Fatti che non sono coerenti rispetto agli obiettivi di politica estera in materia di promozione della pace e dei diritti umani e con le dichiarazioni della diplomazia svizzera in questo ambito.