Rapporto annuale di Amnesty International 2017/18 Il mondo scosso dalla retorica dell'odio

Comunicato stampa - 22 febbraio 2018
Il mondo subisce le spaventose conseguenze di una retorica dell’odio che minaccia di normalizzare la discriminazione esercitata contro dei gruppi marginalizzati. È quanto sottolinea Amnesty International in occasione della presentazione del proprio Rapporto annuale 2017/18 sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Anche la Svizzera finisce sotto la lente, ed è criticata per i rinvii in condizioni disumane in nome del regolamento Dublino e per la non conformità di certe iniziative con il diritto internazionale.

Il Rapporto di Amnesty International sulla situazione dei diritti umani nel mondo copre 159 paesi e offre l’analisi più completa dell’attuale stato dei diritti fondamentali nel mondo.

«La decisione presa in gennaio dal governo degli Stati Uniti di vietare l’entrata sul territorio nazionale alle persone provenienti da diversi paesi a maggioranza musulmana, azione con un chiaro carattere discriminatorio, ha dato il tono per un anno durante il quale i dirigenti hanno condotto una politica dell’odio dalle conseguenze nefaste,» ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International.

«Con la campagna di pulizia etnica condotta contro i Rohingya in Myanmar, abbiamo potuto osservare cosa accade quando una società viene incoraggiata attivamente ad odiare, temere e usare una minoranza come capro espiatorio.»

Diritti umani abbandonati dai governi

«Lo spettro dell’odio e della paura hanno un grande impatto sulle questioni internazionali, e pochi governi difendono i diritti umani in questi tempi di grandi instabilità. Questo significa che dirigenti quali Abdel Fattah al Sissi, Rodrigo Duterte, Nicolás Maduro, Vladimir Putin, Donald Trump e Xi Jinping stanno violando i diritti di milioni di persone,» ha dichiarato Salil Shetty.

«La debolezza delle reazioni di fronte ai crimini contro l’umanità e ai crimini di guerra commessi in Myankmar, in Iraq, in Sud Sudan, in Siria o ancora in Yemen, non fa che sottolineare la mancanza di volontà degli Stati per esercitare un ruolo di motore in materia di diritti umani. I governi operano una vera e propria retromarcia e, senza vergogna, tornano indietro su protezioni acquisite affrontando grandi difficoltà nel corso dei decenni.»

Questa regressione si manifesta attraverso un certo numero di segnali tra i quali alcuni sono citati nel Rapporto, quali la repressione del diritto di manifestare in Francia o il tentativo di cancellare i progressi realizzati nel campo dei diritti delle donne negli Stati Uniti, in Russia o ancora in Polonia.

Presentando il proprio Rapporto annuale a Washington, Amnesty International ha voluto mettere in guardia sul fatto che i passi indietro in materia di diritti umani fatti da Donald Trump rappresentano un pericoloso precedente per i governi che gli succederanno.

Crescita dell’attivismo

L’organizzazione ha però constatato che esiste un movimento in piena espansione che riunisce gli attivisti che fanno campagna in favore di maggiore giustizia sociale. La Marcia delle donne organizzata negli Stati Uniti ha ispirato proteste in tutto il mondo, e dimostra l’influenza crescente dei nuovi movimenti sociali, come anche i movimenti di denuncia della violenza contro le donne e le ragazze #MeToo o "Ni Una Menos" (in America Latina).

«Mentre Donald Trump approva misure che violano i diritti umani negli Stati Uniti e altrove, gli attivisti mobilitati attraverso il paese ci ricordano che la lotta in difesa dei diritti universali è sempre stata condotta e vinta dai cittadini, sul terreno,» ha dichiarato Margaret Huang, direttrice di Amnesty International Stati Uniti.

L’importanza della libertà di parola

La volontà di dirigenti di primo piano di promuovere le “fake news” con l’obiettivo di manipolare l’opinione pubblica e gli attacchi contro le istituzioni che hanno il ruolo di “cane da guardia” nei confronti del potere mostrano come la libertà di parola rappresenti in quest’anno una posta in gioco fondamentale.

Il Rapporto annuale indica che centinaia di militanti sono stati uccisi nel 2017 perché le autorità li hanno voluto ridurre al silenzio e imbavagliare i media. Il maggior numero di giornalisti sono stati arrestati in Turchia, Egitto e Cina, dove è morto il premio Nobel Liu Xiaobo, incarcerato proprio per aver criticato il governo. Autorità che, senza remore, se la prendono con gli attivisti per i diritti umani. Così, in Ungheria Amnesty International ha dovuto affrontare manovre che ne minacciano l’operato e in Turchia ha assistito all’arresto, senza precedenti, di due suoi rappresentanti.

Diffamazione di rifugiati e migranti

La diffamazione di rifugiati e migranti da parte dei più alti rappresentanti di alcuni governi ha raggiunto livelli senza precedenti. Se le dichiarazioni del governo di Donald Trump contro i rifugiati sono finite sulle prime pagine dei giornali, il Rapporto indica che questo non è l’unico governo a promuovere una politica xenofoba.

«Se osserviamo quanto avviene in Australia o in Ungheria notiamo che da tempo ormai i dirigenti considerano rifugiati e migranti come un problema di cui è necessario liberarsi, e non come degli esseri umani che hanno dei diritti e meritano la nostra compassione,» ha dichiarato Salil Shetty.

Occhi puntati sulla Svizzera

Il capitolo dedicato alla Svizzera

«Le autorità hanno rinviato numerosi richiedenti asilo verso altri Stati membri dello spazio Schengen, in applicazione del regolamento Dublino, senza tenere in considerazione i legami familiari di queste persone in Svizzera come stabilito dalle convenzioni internazionali,» ha sottolineato Manon Schick, direttrice di Amnesty International Svizzera.

In aprile il Tribunale federale ha ritenuto che la detenzione di due genitori afghani con il loro neonato e la collocazione degli altri tre figli in un orfanotrofio, nel 2016, con l’obiettivo di rinviare tutta la famiglia in Norvegia, costituisse una violazione sproporzionata del diritto alla vita famigliare.

In ottobre il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa ha esortato la Svizzera a migliorare l’identificazione e la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo più vulnerabili, e a tenere in considerazione i bisogni delle donne e dei bambini in ogni sua decisione e misura attuata nel campo della migrazione e dell’asilo.

Il Rapporto annuale rileva anche che la Svizzera, in un avamprogetto di legge, ha proposto delle limitazioni sproporzionate alla libertà di movimento nell’ambito dell’adozione di nuove misure anti-terrorismo.

Iniziativa per l’autodeterminazione

In agosto il Comitato per i diritti umani dell’ONU si è detto preoccupato che l’”iniziativa per l’autodeterminazione” potrebbe imporre il primato della Costituzione federale sui trattati internazionali.

«È urgente che la Svizzera metta in atto un meccanismo di controllo per vigilare affinché le iniziative siano conformi al diritto internazionale relativo ai diritti umani prima di venir sottomesse al voto popolare,» ha concluso Manon Schick.