Europa/Rapporto annuale 2019 Proteste di massa – un segnale di speranza nonostante le limitazioni ai diritti

Comunicato stampa, 16 aprile 2020, Londra/ Lugano – Contatto media
In molti Paesi dell'Europa e dell'Asia centrale i diritti fondamentali sono minacciati: nel 2019 numerosi governi hanno represso le proteste e cercato di minare l'indipendenza della magistratura per sfuggire alle proprie responsabilità. Amnesty International arriva a questa conclusione nel proprio Rapporto annuale sui diritti umani nella regione per il 2019.

ATTENZIONE: il capitolo sulla Svizzera, aggiornato a primavera 2020, è disponibile qui in italiano

- Manifestazioni sono state vietate o disperse in numerosi paesi.

- L'indipendenza del potere giudiziario sotto pressione. 

- Le rigide politiche migratorie hanno portato a violazioni dei diritti umani.

- In Svizzera è necessario intervenire nella revisione del diritto penale in materia di reati sessuali, nelle procedure d’asilo accelerate d'asilo e nei progetti di leggi antiterrorismo.

L'organizzazione per i diritti umani rende omaggio alle persone che sono scese in strada per difendere i propri diritti e quelli degli altri. Allo stesso tempo, Amnesty International ha avvertito che le violazioni dei diritti umani continuano a verificarsi in tutta la regione senza che i governi siano chiamati a risponderne.

“Nel 2019, in Europa e in Asia Centrale delle persone sono state esposte a minacce, intimidazioni, procedure giudiziarie, uso eccessivo della forza da parte della polizia, e discriminazioni. Tuttavia, la mobilitazione di semplici cittadini che hanno osato ribellarsi contro questo modo di agire e chiedere agli Stati di rendere conto di queste azioni è un barlume di speranza per il futuro,” ha dichiarato Manon Schick, direttrice di Amnesty International Svizzera.

L’indipendenza della giustizia minacciata

In Polonia l’indipendenza del potere giudiziario è stata messa in pericolo poiché il partito al potere ha attuato delle misure radicali per controllare giudici e tribunali. Dei giudici e dei procuratori si sono esposti a procedure disciplinari per aver apertamente difeso l’apparato giudiziario. I giudici ungheresi sono stati al centro di attacchi da più parti mentre il governo continuava nel proprio tentativo di minare l’indipendenza del settore giudiziario. In Turchia le riforme non hanno permesso di far sparire le forti pressioni politiche che pesano sull’apparato giudiziario, né di mettere fine alle procedure e alle condanne inique e motivate da considerazioni politiche.

Repressione delle manifestazioni pacifiche

Si è assistito a importanti movimenti di contestazione in particolare in Austria, Francia, Ungheria, Polonia, Repubblica ceca e Romania. Le persone hanno protestato contro le misure di austerità e la corruzione, per chiedere giustizia sociale e per l’indipendenza della giustizia. Le manifestazioni e gli scioperi organizzati per portare i governi ad impegnarsi contro i mutamenti climatici sono diventate frequenti nelle grandi città europee.

Numerosi Stati hanno represso le manifestazioni ricorrendo a delle misure che mettono in pericolo i diritti di riunione pacifica e alla libertà d’espressione. In Austria, in Spagna e in Francia diverse centinaia di persone sono state ferite dalla polizia durante queste manifestazioni. In Francia la polizia è ricorsa a una forza eccessiva, mentre in Turchia dei raduni pacifici (spesso oggetto di divieti generalizzati) sono stati dispersi in modo violento.

A Mosca e in altre città russe il rifiuto da parte delle autorità di permettere a candidati dell’opposizione di presentarsi alle elezioni municipali ha scatenato delle manifestazioni pacifiche di un’importanza raramente osservata negli ultimi anni. La repressione esercitata dalle autorità in reazione a queste manifestazioni ha portato alla condanna penale di una ventina di partecipanti.

“Le rappresaglie che hanno preso di mira i partecipanti alle manifestazioni di massa a Mosca hanno scatenato uno slancio di solidarietà senza precedenti, la dimostrazione di una maggior presa di coscienza dell’importanza dei diritti umani e di un risveglio della popolazione in Russia”, ha dichiarato Manon Schick.

Migrazione

Gli Stati europei hanno continuato a sottrarsi dall’obbligo di rendere conto per le violazioni dei diritti umani causate dalle loro politiche migratorie “esternalizzando” i controlli alle frontiere. Nonostante il degradarsi delle condizioni di sicurezza in Libia, i paesi europei hanno continuato a cooperare con questo paese perché trattenesse le persone migranti o richiedenti asilo. In novembre, il governo italiano ha prolungato di tre anni l’accordo che aveva concluso con la Libia in materia di flussi migratori, e questo nonostante le continue informazioni che dimostrano che le violazioni dei diritti umani, inclusi atti di tortura, erano sistematicamente commesse nei centri di detenzione libici.

Le informazioni sulla Turchia riguardo gravi violazioni dei diritti fondamentali subite da richiedenti o rifugiati non hanno dissuaso l’UE dal continuare a fare affidamento su questo paese come partner per frenare l’immigrazione nell’ambito dell’accordo concluso nel 2019. A monte dell’incursione turca nel nord-est della Siria in ottobre, tra maggio e settembre 2019 diverse centinaia di cittadini siriani sono stati espulsi dalla Turchia sotto copertura di “ritorni volontari”. L’accordo UE-Turchia è inoltre responsabili di un sovraffollamento senza precedenti dei campi creati sulle isole del mar Egeo, dove decine di migliaia di persone vivono nella miseria.

Riabilitare i difensori dei diritti umani nell’ambito della crisi del Covid-19

Nel 2019 i difensori dei diritti umani, i giornalisti e i membri delle ONG sono stati particolarmente presi di mira dalle misure di repressione degli Stati.

“Il lavoro svolto da queste persone affinché le autorità siano chiamate a rispondere dei propri atti si sta rivelando fondamentale durante l’attuale crisi del Covid-19 e nelle prossime tappe di questa. La solidarietà dimostrata nei confronti delle persone più ai margini della società è più necessaria che mai,” ha sottolineato Manon Schick.

Critiche anche alla Svizzera

È entrata in vigore una nuova procedura di asilo accelerata. Nell’ambito di questa procedura nessun sistema affidabile è stato messo in funzione per individuare a monte i richiedenti vulnerabili come pure i loro bisogni in materia di procedura e di alloggio. I richiedenti asilo erano confrontati a difficoltà nell’accedere direttamente a delle cure mediche specialistiche, mentre le persone che cercavano di venire loro in aiuto sono state confrontate a limitazioni di accesso ai Centri federali. Le autorità svizzere hanno continuato ad applicare rigidamente il Regolamento Dublino, rinviando regolarmente delle persone vulnerabili o con parenti residenti in Svizzera verso il primo paese di entrata in Europa.

Un’indagine pubblicata da Amnesty International sulla diffusione delle molestie e delle violenze sessuali ha rivelato che il 22% delle donne di età superiore ai 16 anni hanno subito atti sessuali non desiderati nella loro vita. L’organizzazione ha chiesto una riforma del diritto penale per fare in modo che lo stupro sia definito sulla base dell’assenza di reciproco consenso, conformemente alle norme internazionali in materia di diritti umani. Attualmente, la definizione dello stupro nella legislazione penale svizzera rimane basata sulla violenza, le minacce di violenza o altri mezzi di coercizione.

Nell’autunno 2019, il Parlamento ha avviato l’esame di due nuove leggi antiterrorismo, che dovrebbero essere adottate nel 2020. Permettendo alle autorità di limitare fortemente le libertà individuali sulla base non degli atti di una persona ma di ciò che potrebbe eventualmente commettere in futuro, la legislazione antiterrorismo proposta apre la porta a ogni genere di abusi. Queste misure, di cui alcune potrebbero essere applicate a bambini a partire dai 12 anni, non sono accompagnate da garanzie sufficienti, fatto che potrebbe sfociare in una messa in atto arbitraria e discriminatoria.