La Turchia è già uno dei maggiori carcerieri di giornalisti del mondo. Recentemente i giornalisti si sono trovati al centro di indagini penali o sono stati detenuti per aver riferito o semplicemente tweettato a proposito del Coronavirus.
"Dal tentativo di colpo di stato del 2016, i giornalisti in Turchia hanno dovuto affrontare la costante minaccia di detenzioni e procedimenti giudiziari arbitrari. L'epidemia di Covid-19 ha dato alle autorità un'ulteriore scusa per prendere di mira i media", ha dichiarato Milena Buyum, campaigner di Amnesty International per la Turchia.
"I giornalisti che si occupano del Covid-19 o che pubblicano in merito sui social media temono di aggiungersi alle schiere di lavoratori dei media indipendenti turchi che attualmente languono dietro le sbarre, detenuti per mesi senza processo, o costretti ad affrontare un'azione penale sulla base di vaghe leggi antiterrorismo e di altre leggi che limitano il diritto alla libertà d'espressione".
Il più grande carceriere di giornalisti del mondo?
All'indomani del fallito tentativo di colpo di stato del luglio 2016 almeno 180 media sono stati chiusi e si stima che circa 2500 giornalisti e altri operatori dei media abbiano perso il lavoro. Nell'ultimo mese sono stati bloccati almeno 18 siti web di notizie e decine di notizie individuali online. Dei giornalisti sono stati arrestati e accusati di reati di terrorismo a seguito di articoli o post condivisi sui social media.
Lunghi periodi di detenzione preventiva sono diventati la routine. Le accuse mosse contro gli operatori dei media sono spesso inventate, a volte palesemente assurde o del tutto prive di qualsiasi prova di un reato penale riconoscibile.
A marzo, sei giornalisti sono stati arrestati per aver riferito della morte di due presunti agenti dell'intelligence in Libia, un fatto già di pubblico dominio. Sono in prigione in detenzione preventiva. I loro avvocati hanno appena scoperto, tramite un articolo apparso su un media statale e non attraverso i canali giudiziari come stabilisce la procedura, che era stato redatto un atto d'accusa. Se approvate dal tribunale, le accuse comporterebbero pene detentive fino a 19 anni.
L'ex direttore di giornale e scrittore Ahmet Altan è stato arrestato per la prima volta nel settembre 2016, accusato di "aver inviato messaggi subliminali" ai complottisti del colpo di Stato del luglio 2016 durante un dibattito televisivo. È stato condannato e la sua condanna è poi stata annullata. È stato perseguito con un'altra accusa, condannato e rilasciato dal carcere in attesa dell'appello, per poi essere nuovamente detenuto una settimana dopo. Altan, come molti altri scrittori, giornalisti e attori della società civile, rimane in prigione semplicemente per aver espresso opinioni sgradite alle autorità.
Libertà dei media e COVID-19
L'ex caporedattore di Halk TV, Hakan Aygün, è stato rinchiuso in carcere il 4 aprile a causa dei suoi post su Facebook e Twitter che criticavano la condivisione da parte del presidente turco Erdoğan di un numero di conto corrente bancario per le donazioni del pubblico a favore della lotta contro la pandemia.
Hakan è stato accusato in base ad articoli di legge che proibiscono di "incitare il pubblico all'inimicizia e all'odio" e di "insultare le credenze religiose di una parte della società". È già stato redatto un atto d'accusa e la prima udienza del processo si terrà il 6 maggio.
Il presentatore di Fox TV, Fatih Portakal, è indagato per "insulto al Presidente" e per "aver deliberatamente danneggiato la reputazione" delle banche a seguito di una denuncia da parte dell'Agenzia di regolamentazione e vigilanza bancaria per un tweet del 6 aprile in cui ha paragonato l'appello di Covid Aid alle tasse aggiuntive riscosse durante la guerra d'indipendenza alla fine della prima Guerra Mondiale. Il tweet di Portakal è stato bloccato da un ordine del tribunale l'8 aprile. Il 30 aprile i media hanno riferito che era stato redatto un atto d'accusa con l'accusa che il tweet di Portakal aveva danneggiato la reputazione delle banche.
Tre trasmissioni del telegiornale da lui presentato sono oggetto di indagine per presunta violazione dell'Articolo 8/1b della "Legge sull'istituzione di [canali] radio e televisione e servizi radiotelevisivi" che riguarda l'incitamento, l'inimicizia e l'odio durante le trasmissioni.
Il 18 marzo, la polizia ha arrestato İsmet Çiğit, il capo redattore della SES Kocaeli, a seguito della pubblicazione di un articolo pubblicato sul sito web dedicato alla morte per Covid-19 di due persone in un ospedale locale. L'amministratore del giornale, Güngör Aslan, responsabile del sito web, è stato convocato dalle autorità il giorno dopo. È stato arrestato mentre İsmet Çiğit è stato rilasciato. Entrambi sono stati interrogati sulle loro fonti in ospedale e si sono sentiti messi sotto pressione per smettere di parlare del tema. Anche Güngör Aslan è stato liberato il giorno seguente, dopo aver rilasciato una dichiarazione al Pubblico ministero.
La giornalista e difensore dei diritti umani Nurcan Baysal, è stata convocata dalla direzione della sicurezza di Diyarbakır il 31 marzo dopo aver scritto un articolo e aver pubblicato sui social media a proposito delle misure adottate nelle carceri di Diyarbakır e in città in risposta alla pandemia di Covid-19. Si è presentata al Pubblico ministero che l'ha interrogata su alcuni tweet e sul suo articolo.
Giornalisti esclusi dal rilascio
Il 13 aprile 2020 è stata introdotta in Parlamento una nuova legge che consente la liberazione anticipata e condizionale di un massimo di 90000 detenuti. Mentre le tanto attese modifiche alla legge sull'esecuzione delle sentenze sono state introdotte nel contesto della pandemia di Covid-19, il governo ha sostenuto che questa non era la forza trainante. Le nuove misure non hanno consentito il rilascio di diverse categorie di prigionieri, comprese le persone in detenzione preventiva o condannate in base a leggi antiterrorismo troppo ampie o a crimini contro lo Stato, il che significa che molti giornalisti detenuti non saranno rilasciati. Le carceri sovraffollate della Turchia sono anche pericolose a causa di una grave mancanza di igiene.
"I giornalisti turchi, già assediati, devono affrontare nuove minacce in seguito all'epidemia. Dovranno affrontare la censura, le indagini penali e l'accusa se riferiranno criticamente della pandemia, mentre quelli che già si trovano nelle carceri turche rischiano il contagio", ha detto Milena Buyum.
"Il governo turco deve agire ora e rilasciare incondizionatamente tutti i giornalisti incarcerati semplicemente per aver fatto il loro lavoro".