Azione di denuncia dei suprusi contro gli Uiguri, a Parigi l'8 ottobre 2021 © Benjamin Girette
Azione di denuncia dei suprusi contro gli Uiguri, a Parigi l'8 ottobre 2021 © Benjamin Girette

Cina L'ONU deve agire sulle atrocità dello Xinjiang dopo che una petizione raccoglie oltre 323'000 adesioni

La comunità internazionale deve condannare fermamente le gravi violazioni dei diritti umani in corso nella Regione autonoma cinese dello Xinjiang Uyghur (Xinjiang) e aprire la strada alla giustizia e alla responsabilità. Lo afferma oggi Amnesty International in una lettera aperta agli stati membri delle Nazioni Unite.

L'appello arriva dopo che 323.832 persone di 184 paesi e territori hanno firmato la petizione dell'organizzazione con la quale si chiede alle autorità cinesi di rilasciare le centinaia di migliaia di uomini e donne della minoranza musulmana detenuti arbitrariamente e sottoposti a internamento di massa, tortura e persecuzione nello Xinjiang.

"In tutto il mondo, centinaia di migliaia di persone hanno firmato la nostra petizione per esprimere il proprio sdegno di fronte alle prove di crimini contro l'umanità e altre gravi violazioni dei diritti umani inflitte ai musulmani nello Xinjiang", ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, "Ogni firma è un'esortazione diretta alla Cina affinché fermi immediatamente questa persecuzione sistematica".

"Il governo cinese deve rilasciare immediatamente tutte le persone detenute arbitrariamente nei campi e nelle prigioni, smantellare il sistema dei campi di internamento e porre fine agli attacchi sistematici contro i gruppi etnici prevalentemente musulmani nello Xinjiang".

Nuove testimonianze

Amnesty International ha intervistato decine di familiari di coloro che sono stati detenuti arbitrariamente nello Xinjiang e recentemente ha pubblicato nuovi video che condividono alcune delle loro esperienze.

La sorella di Memeteli, Hayrigul Niyaz, è stata detenuta dopo essere tornata dagli studi all'estero, e l’uomo non ha informazioni su dove si trovi nello Xinjiang. Memeteli ha dichiarato ad Amnesty International: "Se la incontrassi di nuovo, le direi: 'Mi dispiace, sorella mia, di non averti potuto salvare dai campi'".

Il padre di Adila, Sadir Ali, è stato arrestato nel 2018 e condannato a 20 anni di prigione, presumibilmente perché stava digiunando durante il Ramadan. Adila ha detto: "Nel profondo [del mio] cuore non sarò mai felice perché mio padre è in prigione o nel campo. Perché il governo cinese ci sta facendo questo?" Adila ha raccontato che da 11 anni non può visitare la sua città natale e di aver perso i contatti con i suoi parenti nello Xinjiang.

Abduweli Ayup, un noto attivista uiguro che ora vive in Norvegia, ha raccontato ad Amnesty International della sorella Sajidugul Ayup e del fratello Erkin Ayup, che stanno scontando rispettivamente 12 e 14 anni di carcere nello Xinjiang per "incitamento al terrorismo": "Sento che ogni volta che faccio qualcosa, sarà pericoloso per la mia famiglia. Nessuno può proteggere i membri della mia famiglia dalla punizione. So che forse le mie parole faranno arrabbiare molto il governo cinese, ma almeno farò sapere al governo cinese che non starò a guardare mentre torturano mia sorella. Non ho più paura di parlare".