Amnesty International ritiene che le azioni condotte da queste attiviste e attivisti dei diritti umani siano degli atti di disobbedienza civile, protetti dal diritto internazionale sui diritti umani.
“L’occupazione della collina del Mormont, pur implicando la violazione premeditata di una legge nazionale, è stata fatta per delle ragioni di coscienza. I militanti hanno agito convinti che i loro atti erano il mezzo più efficace per sensibilizzare l’opinione pubblica all’impatto dell’estensione della cava sull’ambiente e i diritti umani”, afferma Alicia Giraudel, giurista di Amnesty International Svizzera.
Le autorità non hanno preso in considerazione le ragioni che giustificavano questi atti di disobbedienza civile. Le accuse formulate contro i militanti e le sanzioni imposte costituiscono una restrizione sproporzionata dei loro diritti. Queste non considerano il fatto che le loro azioni non hanno causato danni permanenti o gravi perturbazioni.
“Inoltre, le autorità continuano a perseguire le accuse di violazione di domicilio formulate contro gli attivisti nonostante il ritiro della denuncia da parte di HOLCIM. Si tratta qui di una violazione sproporzionata dei diritti alla libertà d’espressione e di riunione pacifica: in virtù del diritto svizzero la violazione di domicilio è perseguibile solo sulla base di una denuncia del titolare del bene in questione.”
La decisione delle autorità di negare la possibilità di sollevare opposizione al decreto d’accusa unicamente a causa del rifiuto dei militanti di fornire dei documenti d’identificazione costituisce una violazione del loro diritto a un equo processo.
“Il diritto a un ricorso è un elemento essenziale di un equo processo che può essere limitato solo in circostanze eccezionali, in particolare quando si tratta di infrazioni minori. In questo caso, le militanti e i militanti condannati per infrazioni punibili con delle pene detentive che non possono essere considerate come tali. Il diritto di ricorso non può quindi venir limitato”, ha concluso Alicia Giraudel.
Nota alle redazioni:
Il 1 aprile la polizia ha sgomberato i ZADisti (ZAD : Zone à défendre – Zona da difendere) che avevano resistito pacificamente all’evacuazione della collina del Mormont, Eclépens (Canton Vaud).
Circa 150 militanti sono stati arrestati e 43 di loro sono stati perseguiti per violazione di domicilio, disobbedienza a decisioni dell’autorità e impedimento di atti dell’autorità. Quando le attiviste e gli attivisti sono stati arrestati e portati al posto di Polizia, numerosi di loro hanno rifiutato di presentare un documento d’identità, ma le autorità hanno rilevato le loro impronte digitali, prelevato campioni di DNA e li hanno fotografati prima di rilasciarli.
Almeno 37 attivisti sono stati condannati a 60 o 90 giorni di pena privativa della libertà tramite atto d’accusa. Si sono visti rifiutare la possibilità di ricorrere contro queste condanne pronunciate dal procuratore con la motivazione che avevano rifiutato di identificarsi al momento dell’arresto. Questa decisione è stata confermata da un tribunale il 20 agosto. Le attiviste e gli attivisti potrebbero ora essere arrestati in qualsiasi momento.
Amnesty International ha reso partecipi le Nazioni Unite della propria preoccupazione riguardo il procedimento giuridico riservato agli attivisti del Mormont.