Kathrin Schmidt, Dariush Beigui, Sascha Girke e Uli Tröder, che hanno lavorato a bordo della Iuventa tra il 2016 e il 2017, sono tra i 21 imputati che rischiano di essere perseguiti per aver contribuito a salvare vite in mare. Sono accusati anche i membri dell'equipaggio delle navi di salvataggio di MSF e Save the Children, nonché le stesse organizzazioni e una compagnia di navigazione italiana.
"Fino al sequestro della nave, nell'agosto 2017, l'equipaggio della Iuventa ha salvato la vita di oltre 14’000 persone in cerca di protezione, intervenendo laddove l'Europa stava fallendo. Il caso contro questi soccorritori deve essere archiviato e tutte le accuse devono cadere", ha dichiarato Elisa De Pieri, ricercatrice regionale di Amnesty International.
"L'affermazione dell'accusa secondo cui le persone soccorse non erano in reale pericolo è assurda: si trovavano su imbarcazioni sovraffollate e inadeguate, in un tratto di mare dove ci sono state migliaia di vittime".
Salvare le persone in pericolo in mare
Secondo il diritto marittimo internazionale, una nave è obbligata a soccorrere le persone in pericolo in mare. Il processo contro l'equipaggio di Iuventa e altre ONG ignora questo principio, così come il diritto internazionale sui diritti dei rifugiati e dei migranti e sulla protezione dei difensori dei diritti umani.
Gli equipaggi di salvataggio sotto processo sono venuti in aiuto di persone che, a bordo di imbarcazioni sovraffollate e poco affidabili, stavano lasciando le violenze e le orribili condizioni di detenzione a cui erano sottoposte in Libia. Eppure l'accusa ha messo in dubbio che queste persone si trovassero in pericolo imminente. Contrariamente a quanto sostenuto dall'accusa, i salvataggi effettuati dagli equipaggi non costituiscono contrabbando di esseri umani. Il Protocollo delle Nazioni Unite sul contrabbando richiede un beneficio finanziario o materiale per il contrabbandiere. Né la legislazione italiana né quella dell'Unione Europea sul favoreggiamento dell'ingresso irregolare sono pienamente coerenti con questo. Le persone che assistono i migranti e i rifugiati alle frontiere per motivi umanitari possono quindi essere coinvolte in procedimenti ingiusti. Da anni Amnesty chiede una riforma della legislazione sul favoreggiamento dell'ingresso irregolare nell'Unione Europea e negli Stati membri.
Amnesty International ha chiesto ai pubblici ministeri di abbandonare i procedimenti contro tutti i difensori dei diritti umani coinvolti nel caso dal 2017. Il procedimento nei loro confronti costituisce una violazione del diritto di difendere i diritti umani, nonché una violazione del diritto alla vita e a chiedere asilo per i rifugiati e i migranti e del diritto alla libertà di associazione.
Perché la Iuventa era in mare?
A partire dal 2016, gli Stati membri e le istituzioni dell'UE hanno iniziato a dare priorità alla riduzione del numero di persone che arrivano sulle coste europee rispetto alla protezione delle loro vite e di altri diritti. Per raggiungere questo obiettivo, hanno rimosso le loro risorse marittime dalle aree in cui la maggior parte delle imbarcazioni di rifugiati e migranti si trova in difficoltà - vicino alle acque libiche - per evitare di doverle soccorrere. Le imbarcazioni delle ONG, come Iuventa, sono intervenute per salvare le persone a rischio.
Gli Stati membri dell'UE hanno anche aumentato la cooperazione con la Guardia Costiera libica, per consentirle di riportare in Libia coloro che stavano cercando di fuggire. In particolare, hanno anche intrapreso misure per minare il lavoro delle ONG e degli attivisti che sono intervenuti per assistere le persone in movimento alle frontiere. Lo hanno fatto anche abusando di leggi e regolamenti penali e amministrativi per ostacolare e infine fermare il lavoro vitale delle ONG che prestano soccorso.
Amnesty osserva il processo
Amnesty International sarà a Trapani per sostenere l'equipaggio di Iuventa e mostrare solidarietà ai difensori dei diritti umani che aiutano le persone in pericolo e in difficoltà lungo le frontiere. L'organizzazione osserverà il procedimento per garantire il rispetto del diritto a un equo processo e il principio della trasparenza nell'amministrazione della giustizia.
"Più volte i pubblici ministeri hanno cercato di criminalizzare le persone e le organizzazioni che hanno salvato vite umane dopo essere intervenute nel vuoto lasciato dai governi. Finora la maggior parte dei procedimenti giudiziari in Europa si sono conclusi con l'assoluzione o sono stati annullati dai tribunali, ma è scandaloso che i soccorritori siano finiti nelle aule di giustizia", ha dichiarato Elisa De Pieri.
"Questo caso va oltre la Iuventa: in effetti, a essere sotto processo è il dovere di salvare vite in mare. L'argomentazione dell'accusa secondo cui le persone salvate non erano in pericolo imminente è allarmante e potrebbe avere conseguenze disastrose per le migliaia di persone che vengono salvate in mare ogni anno".