Il rapporto di 120 pagine, "They violently raped me": Sexual violence weaponized to crush Iran's "Woman Life Freedom" uprising, documenta in dettaglio lo straziante calvario di 45 persone sopravvissute, tra cui 26 uomini, 12 donne e sette bambini, che hanno subito stupri, stupri di gruppo e/o altre forme di violenza sessuale da parte dei servizi segreti e delle forze di sicurezza in seguito ad un arresto arbitrario per aver sfidato decenni di oppressione e radicata discriminazione di genere. Ad oggi, le autorità iraniane non hanno avviato indagini o perseguito alcun funzionario per i casi di stupro e altre violenze sessuali documentati nel rapporto.
"La nostra ricerca rivela come gli agenti dell'intelligence e della sicurezza in Iran abbiano usato lo stupro e altre violenze sessuali per torturare, punire e infliggere danni fisici e psicologici a lungo termine a chi manifestava, compresi i bambini di 12 anni. Le testimonianze strazianti che abbiamo raccolto indicano un modello più ampio nell'uso della violenza sessuale come arma chiave nell'arsenale delle autorità iraniane per reprimere le proteste e sopprimere il dissenso, al fine di aggrapparsi al potere a tutti i costi", ha dichiarato Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International.
"I pubblici ministeri e i giudici iraniani non solo hanno dato prova di complicità, ignorando o coprendo le denunce di stupro delle persone sopravvissute, ma hanno anche usato 'confessioni' condizionate dalla tortura per formulare false accuse contro le stesse persone e condannarle all'incarcerazione o alla morte. Le vittime non hanno avuto alcun ricorso né riparazione; solo impunità istituzionalizzata, silenzio e molteplici profonde cicatrici fisiche e psicologiche".
Il rapporto rivela che tra gli autori di stupri e altre forme di violenza sessuale vi sono agenti delle Guardie rivoluzionarie, della forza paramilitare Basij e del Ministero dell'Intelligence, oltre a diversi settori delle forze di polizia, tra cui la Polizia di pubblica sicurezza (polizia amniat-e omoumi), l'Unità investigativa della polizia iraniana (agahi) e le Forze speciali della polizia (yegan-e vijeh). Tra i sopravvissuti c'erano donne e ragazze che si erano tolte il velo, ma anche uomini e ragazzi che erano scesi in strada per esprimere il proprio dissenso nei confronti di decenni di discriminazione e oppressione di genere.
La prevalenza delle violenze sessuali durante la rivolta "Donna Vita Libertà" è difficile da stimare, poiché lo stigma e il timore di rappresaglie di solito portano a non denunciare i fatti. Tuttavia, la documentazione dettagliata raccolta dall'organizzazione su 45 casi in più della metà delle province iraniane, insieme alle testimonianze di persone sopravvissute e di altri ex detenuti su altri casi di stupro e altre violenze sessuali contro decine di manifestanti detenuti, indica che le violazioni documentate si inseriscono in un modello più ampio.
Amnesty International ha condiviso i risultati con le autorità iraniane il 24 novembre, ma finora non ha ricevuto alcuna risposta.
"Non è questo che cercate dalla liberazione?"
Sedici delle 45 persone sopravvissute i cui casi sono stati documentati nel rapporto sono state stuprate. Tra loro sei donne, sette uomini, una ragazza di 14 anni e due ragazzi di 16 e 17 anni. Sei di loro - quattro donne e due uomini - hanno subito una violenza di gruppo da parte di un massimo di 10 agenti maschi.
Gli agenti di Stato hanno violentato le donne e le ragazze per via vaginale, anale e orale, mentre gli uomini e i ragazzi sono stati violentati per via anale. I sopravvissuti sono stati violentati con manganelli di legno e metallo, bottiglie di vetro, tubi flessibili e/o con gli organi sessuali e le dita degli agenti. Gli stupri sono avvenuti in strutture di detenzione e furgoni della polizia, oltre che in scuole o edifici residenziali illegalmente riadattati a luoghi di detenzione.
Farzad, che ha subito uno stupro di gruppo in un furgone delle Forze speciali della polizia, ha raccontato ad Amnesty International: "Agenti in borghese ci hanno messo di fronte alle pareti del veicolo e ci hanno dato scosse elettriche alle gambe... Mi hanno torturato con percosse... rompendomi il naso e i denti. Mi hanno tirato giù i pantaloni e mi hanno violentato... Mi hanno fatto a pezzi... Vomitavo spesso e perdevo sangue dal retto".
Maryam, che è stata violentata in gruppo in un centro di detenzione delle Guardie rivoluzionarie, ha raccontato che i suoi stupratori le hanno detto: "Siete tutte drogate di pene, quindi vi abbiamo fatto divertire. Non è questo che cercate dalla liberazione?".
Amnesty International ha inoltre documentato i casi di 29 persone sopravvissute che hanno subito forme di violenza sessuale diverse dallo stupro. Queste hanno coinvolto abitualmente agenti statali che hanno afferrato, palpeggiato, picchiato, preso a pugni e calci i seni, i genitali e le natiche di chi è sopravvissuto; hanno imposto la nudità, a volte davanti a telecamere; hanno somministrato scosse elettriche, inserito aghi o applicato ghiaccio ai testicoli degli uomini; hanno tagliato con la forza i capelli delle donne e/o le hanno trascinate violentemente per i capelli; hanno minacciato le sopravvissute allo stupro e/o i loro parenti.
Lo stupro e le altre violenze sessuali sono stati spesso accompagnati da altre forme di tortura e maltrattamento, tra cui percosse, fustigazioni, scosse elettriche, somministrazione di pillole o iniezioni non identificate, negazione di cibo e acqua e condizioni di detenzione crudeli e disumane. Le forze di sicurezza hanno anche regolarmente negato le cure mediche alle persone sopravvissute, anche per le ferite legate allo stupro.
Nessun percorso nazionale verso la giustizia
La stragrande maggioranza delle persone sopravvissute ha dichiarato ad Amnesty International di non aver sporto denuncia dopo il rilascio, temendo ulteriori conseguenze e ritenendo che la magistratura sia uno strumento di repressione piuttosto che di riparazione.
Sei sopravvissuti hanno rivelato i loro segni di tortura o hanno denunciato gli abusi subiti quando sono stati portati di fronte ai funzionari della procura per essere interrogati mentre erano ancora in detenzione, ma sono stati ignorati.
Tre sopravvissuti hanno presentato denunce formali dopo il rilascio, ma due sono stati costretti a ritirarle dopo che le forze di sicurezza hanno minacciato di rapire e/o uccidere loro o i loro parenti, mentre il terzo è stato ignorato per mesi e gli è stato detto da un alto funzionario di aver "scambiato" una perquisizione corporale per una violenza sessuale.
Amnesty International ha anche esaminato un documento ufficiale trapelato, datato 13 ottobre 2022 e pubblicato da un organo di informazione al di fuori dell'Iran nel febbraio 2023, che rivela che le autorità hanno insabbiato le denunce di stupro presentate da due giovani donne contro due agenti delle Guardie rivoluzionarie durante le proteste. Nel documento il viceprocuratore di Teheran consiglia di classificare il caso come "completamente segreto" e suggerisce di "chiudere [il caso] gradualmente nel tempo".
Sconvolti dal trauma ma con il desiderio di giustizia
Le donne, gli uomini e i bambini sopravvissuti hanno raccontato ad Amnesty International di continuare ad affrontare i traumi fisici e psicologici dello stupro e di altre forme di violenza sessuale.
La madre di uno scolaro violentato ha raccontato ad Amnesty International che suo figlio ha tentato due volte il suicidio mentre era in custodia.
Una manifestante, Sahar, ha raccontato l'impatto traumatico della violenza sessuale subita per mano delle forze di sicurezza che le hanno tolto i vestiti, tranne la biancheria intima, e le hanno toccato i seni e i genitali, deridendola e minacciandola di stupro:
"Nella vita ero una combattente. Anche quando la Repubblica islamica ha cercato di distruggermi, sono andata avanti. Tuttavia, negli ultimi tempi, penso spesso al suicidio... Sono come una persona che aspetta tutto il giorno la notte per poter dormire".
Zahra, una donna che è stata violentata da un agente delle Forze speciali di polizia, ha descritto le conseguenze psicologiche a lungo termine:
"Non credo che sarò mai più la stessa persona. Non troverete nulla che mi riporti a me stessa, che mi restituisca l'anima... Spero che la mia testimonianza porti alla giustizia e non solo per me".
"Senza la volontà politica e le fondamentali riforme costituzionali e legali, le barriere strutturali continueranno ad affliggere il sistema giudiziario iraniano, che ha più volte messo in luce la sua vergognosa incapacità e mancanza di volontà di indagare efficacemente sui crimini commessi secondo il diritto internazionale", ha dichiarato Agnés Callamard.
"Senza prospettive di giustizia a livello nazionale, la comunità internazionale ha il dovere di stare dalla parte delle persone sopravvissute e di perseguire la giustizia. Dovrebbe sostenere l'estensione del mandato della missione d'inchiesta delle Nazioni Unite sull'Iran, per garantire che un meccanismo indipendente continui a raccogliere, conservare e analizzare le prove dei crimini di diritto internazionale e di altre gravi violazioni dei diritti umani. Esortiamo gli Stati ad avviare indagini penali nei loro Paesi contro i presunti responsabili in base al principio della giurisdizione universale, con l'obiettivo di emettere mandati di arresto internazionali."