Negli scorsi giorni una serie di attacchi mortali ha evidenziato il bisogno urgente di responsabilizzazione. Il 26 gennaio le forze israeliane hanno condotto un raid nel campo rifugiati di Jenin, uccidendo 10 palestinesi tra i quali anche una donna di 61 anni. Il 27 gennaio, sette civili israeliani sono rimasti uccisi quando un palestinese ha aperto il fuco a Neve Ya’akov, un insediamento israeliano nella Gerusalemme Est occupata. In risposta a questo attacco le autorità israeliane hanno intensificato la politica delle punizioni collettive nei confronti dei palestinesi con un’ondata di arresti e la minaccia di demolizioni di case punitive.
"Gli avvenimenti devastanti dell’ultima settimana hanno nuovamente esposto il costo in termini di viste umane del sistema di apartheid. L’incapacità della comunità internazionale di confrontare le autorità israeliane con le proprie responsabilità per il sistema di apartheid e altri crimini ha concesso loro totale libertà nel segregare, controllare e opprimere quotidianamente la popolazione palestinese e contribuisce a perpetuare la violenza. L’apartheid è un crimine contro l’umanità, ed è agghiacciante vedere gli autori di tale crimine sfuggire alla giustizia anno dopo anno", ha dichiarato Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International.
"Israele cerca da tempo di mettere a tacere rivelazioni riguardo l’apartheid attraverso campagne diffamatorie ed è vergognoso che la comunità internazionale si lasci intimidire da queste tattiche. Fino a quando il sistema di apartheid non sarà smantellato non c’è speranza di poter proteggere le vite civili e non c’è speranza di giustizia per le famiglie in lutto in Palestina e in Israele."
Sotto l’apartheid le autorità israeliane controllano praticamente ogni aspetto della vita dei palestinesi, sottoponendoli quotidianamente a oppressione e discriminazione attraverso una frammentazione territoriale e una segregazione giuridica. I palestinesi nei Territori Palestinesi Occupati (TPO) sono segregati in enclave separate, con gli abitanti della Striscia di Gaza isolati dal resto del mondo dal blocco illegale da parte di Israele, causa di una crisi umanitaria e che rappresenta una forma di punizione collettiva.
Prove quotidiane di apartheid
Il 1° febbraio 2022, Amnesty International ha pubblicato un rapporto approfondito che illustra come Israele applichi un sistema istituzionalizzato di oppressione e dominazione contro i Palestinesi, ovunque abbia il controllo sui loro diritti: in Israele, nei TPO e nei confronti di rifugiati sfollati negando loro il diritto di fare ritorno. L’analisi mostra come le leggi, le politiche e le pratiche israeliane siano applicate con l'obiettivo generale di mantenere una maggioranza demografica ebraica e di massimizzare il controllo della terra e delle risorse a beneficio degli ebrei israeliani, a scapito dei palestinesi.
Il 2022 è diventato uno degli anni più letali per i palestinesi in Cisgiordania, almeno dal 2005. Secondo le Nazioni Unite, le forze israeliane hanno ucciso circa 153 palestinesi in Cisgiordania, tra cui decine di bambini. Nel frattempo, una ricerca di Amnesty International ha rilevato che 33 palestinesi, tra cui 17 civili, sono stati uccisi dalle forze israeliane durante l'offensiva di agosto 2022 su Gaza, mentre almeno sette civili sono stati uccisi da razzi lanciati da gruppi armati palestinesi.
Nel frattempo l’incidenza della violenza da parte di coloni israeliani nei confronti di palestinesi è aumentata per il sesto anno consecutivo nel 2022, con attacchi che includono aggressioni fisiche, danni alle proprietà e distruzione di uliveti. È ampiamente documentato come le autorità israeliane tollerino e facilitino questa violenza, incluso arrestando i palestinesi che sono attaccati, fornendo una scorta armata ai coloni, o semplicemente rimanendo a guardare quando i palestinesi vengono aggrediti e le loro proprietà distrutte. Questa cultura dell’impunità ha incoraggiato ulteriore violenza, come dimostrato dall’ondata di attacchi da parte di coloni negli ultimi giorni.
In seguito alla sparatoria di Neve Ya’akov, le autorità israeliane sono sembrate incoraggiare ulteriori violenze contro i palestinesi quando hanno annunciato un piano per accelerare le licenze per porto di armi “per permettere a migliaia di cittadini supplementari di portare armi”. Il Primo Ministro Banjamin Netanyahu, che si è già impegnato per un’importante espansione delle colonie illegali nei TPO, ha inoltre detto che il governo intendeva “rafforzare le colonie”.
Tutti gli insediamenti israeliani nei TPO sono illegali secondo il diritto internazionale e la duratura politica di Israele di insediare civili in territori occupati costituisce un crimine di guerra.
La continua espansione delle colonie esporrà un numero indeterminato di palestinesi al rischio di trasferimenti forzati – un crimine contro l’umanità commesso sistematicamente dalle autorità israeliane. Un esempio recente è la sentenza della Corte Suprema del maggio 2022 che ha dato il via libera al trasferimento forzato di oltre 1.150 Palestinesi da Masafer Yatta in Cisgiordania. Durante lo scorso anno le autorità israeliane hanno intensificato i piani di demolizione del villaggio non riconosciuto di Ras Jrabah, nella regione israeliana del Negev/Naqab, e per il trasferimento dei suoi 500 residenti palestinesi-beduini, mentre nel gennaio 2023 il villaggio beduino di Al-Araqib veniva demolito per la 212ª volta. Il rapporto di Amnesty International sull’apartheid mostrava come i trasferimenti forzati nel Negev/Naqab, e altrove nei TPO, siano condotti per il raggiungimento degli obiettivi demografici israeliani.
Presa di coscienza crescente
Nel contesto di queste violazioni, vi è presa di coscienza a livello internazionale del fatto che le autorità israeliane stanno commettendo apartheid. I palestinesi chiedono da tempo che il dominio di Israele venga considerato come apartheid, e le organizzazioni palestinesi come Al-Haq, il Palestinian Centre for Human Rights e Al Mezan sono state in prima linea nella mobilitazione presso le Nazioni Unite a questo scopo.
La spinta per tale riconoscimento ha guadagnato slancio nel 2022, quando due Relatori Speciali delle Nazioni Unite hanno concluso che le autorità israeliane stanno commettendo apartheid. Il numero di Stati al Consiglio dei Diritti Umani che hanno fatto riferimento all'apartheid da parte di Israele è raddoppiato, passando da nove nel 2021 a 18 nel 2022. In particolare, il Sudafrica e la Namibia sono tra gli Stati che hanno espresso la preoccupazione che il trattamento di Israele nei confronti dei Palestinesi costituisca apartheid. Anche diverse organizzazioni internazionali e israeliane per i diritti umani hanno chiesto la fine dell'apartheid, tra cui Human Rights Watch, B'Tselem e Yesh Din.
Le autorità israeliane hanno fatto di tutto per eliminare e screditare le accuse di apartheid. Le conseguenze sono particolarmente gravi per i difensori dei diritti umani palestinesi - nel mese di agosto dello scorso anno, le autorità israeliane hanno fatto irruzione negli uffici di sette importanti ONG palestinesi dopo averle bollate come "entità terroristiche" e averle dichiarate fuorilegge. A dicembre, Salah Hammouri, ricercatore sul campo dell'organizzazione per i diritti dei prigionieri Addameer, è stato privato della residenza a Gerusalemme e deportato in Francia dopo aver trascorso nove mesi in detenzione amministrativa.
Inosservanza del diritto internazionale
Nel maggio 2023, la situazione dei diritti umani di Israele sarà sottoposta a un’analisi attraverso l'Esame Periodico Periodica Universale (EPU) del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite. Amnesty International ha scritto alle autorità israeliane esortandole a impegnarsi, ma queste non si sono ancora sottoposte al processo di revisione. Le autorità israeliane hanno ignorato la maggior parte delle raccomandazioni presentate dagli Stati esaminatori e approvate dal Consiglio per i Diritti Umani durante il precedente ciclo EPU, nel 2018. Per esempio, nonostante le esortazioni ripetute negli anni, e ancora nel 2018, a mettere fine alla detenzione amministrativa, attualmente Israele detiene oltre 860 palestinesi senza accuse o processo – il più alto numero degli ultimi 15 anni.
"La lunga inosservanza da parte delle autorità israeliane degli obblighi derivanti dal diritto internazionale e delle raccomandazioni della comunità internazionale continua ad avere conseguenze terribili per i palestinesi e minaccia anche la protezione dei diritti degli stessi israeliani", ha dichiarato Agnès Callamard.
"Nessuno Stato dovrebbe poter violare impunemente il diritto internazionale, comprese le risoluzioni vincolanti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Chiediamo agli Stati di porre fine a tutte le forme di sostegno alle violazioni di Israele e di interrompere anni di inazione complice chiedendo conto alle autorità israeliane".