“Human slaughterhouse: Mass hangings and extermination at Saydnaya prison, Syria” mostra inoltre che il governo sta volontariamente imponendo delle condizioni di detenzione disumane alle persone incarcerate a Saydnaya, attraverso torture ripetute e la privazione sistematica di cibo, acqua, medicamenti e cure mediche. Il rapporto documenta come queste politiche di sterminio abbiano causato la morte di un gran numero di detenuti.
Queste pratiche, accumunabili a crimini di guerra e crimini contro l’umanità, sono autorizzate dalle più alte cariche del governo siriano.
“Gli orrori descritti in questo rapporto rivelano una mostruosa campagna nascosta, autorizzata dai più alti livelli del governo siriano, il cui obiettivo è annientare qualsiasi forma di dissenso all’interno della popolazione siriana,” ha dichiarato Lynn Maalouf, vice direttrice del settore Ricerche dell’ufficio regionale di Amnesty International a Beirut.
“Chiediamo che le autorità siriane mettano immediatamente fine alle esecuzioni extra giudiziali, alle torture e ai trattamenti disumani all’interno del carcere di Saydnaya e in tutte le prigioni controllate del governo in Siria. Russia e Iran, gli alleati più vicini al governo, devono fare pressione affinché si metta fine a queste politiche detentive sanguinarie.”
“I prossimi negoziati di pace per la Siria a Ginevra non possono ignorare queste informazioni. Mettere fine a queste atrocità nelle carcere governative siriane deve essere incluso nell’agenda. L’ONU deve immediatamente condurre un’indagine indipendente sui crimini commessi a Saydnaya e chiedere che osservatori indipendenti possano accedere a tutti i luoghi di detenzione.”
Il rapporto mette in luce una routine di esecuzioni extra giudiziali di massa tramite impiccagione nella prigione di Saydnaya, tra il 2011 al 2015. Ogni settimana – e spesso due volte alla settimana – le vittime erano impiccate in gruppi fino a 50 persone, nel bel mezzo della notte e nel segreto totale. Ci sono forti motivi per ritenere che questa routine sia ancora attuale oggigiorno. Un gran numero di detenuti sono pure stati uccisi come conseguenza delle politiche di sterminio delle autorità, che includono tortura ripetuta e privazione sistematica di cibo, acqua, medicamenti e cure mediche. Inoltre i detenuti di Saydnaya sono costretti ad obbedire a una serie di regole sadiche e deumanizzanti.
Le conclusioni del rapporto sono basate su un’indagine approfondita, condotta nel corso di un anno, tra il dicembre 2015 e il dicembre 2016. Sono state condotte interviste con 84 testimoni tra i quali ex guardie del carcere di Saydnaya, funzionari, detenuti, giudici e avvocati, come pure esperti nazionali e internazionali sulla detenzione in Siria.
In un precedente rapporto pubblicato nell’agosto 2016, per il quale Amnesty International ha lavorato con un team di specialisti della Forensic Architecture (Università di Goldsmiths) per creare una ricostruzione virtuale in 3D di Saydnaya, si stimava che dall’inizio della crisi, nel 2011, oltre 17’000 persone sono morte nelle carceri della Siria a causa delle disumane condizioni di detenzione e della tortura. Questa cifra non include i circa 13’000 decessi aggiuntivi, risultato delle esecuzioni extra giudiziali rivelate da questo rapporto.
Il ruolo del Tribunale Militare da campo
Nessuno dei detenuti condannati all’impiccagione nel carcere Saydnaya è stato sottoposto a qualcosa che assomigli a un vero e proprio processo. Prima dell’impiccagione, le vittime sono sottoposte a una procedura superficiale, uno o due minuti davanti a un cosiddetto Tribunale militare da campo. Queste procedure sono sommarie ed arbitrarie al punto di non poter venir considerate alla pari di un processo regolare. Le testimonianze di ex funzionari del governo, delle guardie, dei giudici e dei detenuti hanno permesso ad Amnesty International di allestire un quadro dettagliato delle procedure farsa che sfociano in impiccagioni.
Un ex giudice di un tribunale militare siriano ha detto a Amnesty International che il “tribunale” opera al di fuori delle regole del sistema legale siriano. “Il giudice chiede il nome del detenuto, e se questi ha commesso un crimine. Che la risposta sia “si” o “no” la persona sarà comunque condannata…. Questo tribunale è totalmente distaccato dal rispetto della legge. Non è un tribunale,” ha dichiarato.
Le condanne emesse da questo cosiddetto tribunale sono basate su false confessioni ottenute sotto tortura. I detenuti non sono autorizzati a contattare un avvocato e non viene data loro l’opportunità di difendersi – la maggior parte sono stati oggetto di sparizioni forzate, detenuti in segreto e totalmente isolati dal mondo esterno. Coloro che sono condannati a morte scoprono il verdetto solo pochi minuti prima dell’impiccagione.
Impiccagioni di massa
A Saydnaya le impiccagioni avvengono una o due volte la settimana, di solito il lunedì e il mercoledì, nel mezzo della notte. I detenuti chiamati sono informati del trasferimento in un carcere civile in Siria. Invece vengono spostati in una cella nel seminterrato, dove subiscono pestaggi. Sono poi trasferiti in un altro edificio che fa parte del centro di detenzione di Saydnaya, dove vengono impiccati. Nel corso di questa procedura sono bendati. Non sanno quando o come moriranno fino a quando il cappio viene messo loro attorno al collo.
“Li tenevano lì impiccati per 10, 15 minuti. Alcuni non morivano perché troppo leggeri. Per i giovani, il peso non li uccide. Allora gli assistenti degli ufficiali li tirano giù e rompono loro il collo,” ha detto un ex giudice che ha assistito alle impiccagioni.
I detenuti che si trovano nel piano dell’edificio sopra la “stanza delle esecuzioni” hanno riferito che a volte sentono i rumori delle esecuzioni.
“Se appoggi le orecchie al pavimento senti un rumore, come un gorgoglio. Questo per circa 10 minuti…. Dormivamo con il suono di persone che stavano soffocando a morte. Questo per me era normale allora,” ha detto “Hamid”, un militare arrestato nel 2011.
Fino a 50 persone possono venir impiccate in una sola notte. I cadaveri sono portati via in camion per poi venir segretamente sepolti in fosse comuni. Le famiglie non vengono informate del destino dei loro cari.
Politica dello sterminio
I sopravvissuti a Saydnaya hanno pure fornito testimonianze scioccanti sulla vita all’interno del carcere. Hanno raccontato di un mondo attentamente plasmato per umiliare, degradare, far ammalare, affamare e infine uccidere chi è intrappolato all’interno. Questi racconti raccapriccianti hanno portato Amnesty International a concludere che la sofferenza e le condizioni di vita sconcertanti sono state volontariamente inflitte ai detenuti di Saydnaya come parte di una vera e propria politica dello sterminio.
Molti prigionieri hanno detto di essere stati stuprati, e in alcuni casi sono stati costretti a stuprare altri prigionieri. Torture e pestaggio sono una forma di punizione e umiliazione che spesso sfocia in conseguenze irreversibili, disabilità o perfino la morte. I pavimenti delle celle sono ricoperti di sangue e puss delle ferite dei detenuti. I cadaveri dei detenuti morti sono raccolti dalle guardie del carcere ogni mattina, attorno alle 9.
“Ogni giorno c’erano due o tre morti nella nostra ala…. Ricordo che la guardia ci chiedeva quanti ne avevamo. Diceva “Cella numero uno – quanti? Cella numero due – quanti?”, e così via, una cella dopo l’altra…. C’è stata una volta che…le guardie sono arrivate da noi, una cella dopo l’altra, e ci hanno picchiati sulla testa, sul torace e sul collo. Tredici persone sono morte nella nostra ala, quel giorno,” ha raccontato “Nader”, un ex detenuto di Saydnaya.
Cibo e acqua vengono regolarmente razionati. Quando viene consegnato, il cibo viene spesso buttato attraverso il pavimento dalle guardie e si mischia con il sangue e lo sporco. I pochi che lasciano Saydnaya vivi spesso pesano la metà di quanto pesavano al loro arrivo.
Saydnaya ha pure le sue “regole speciali”. Ai detenuti non è consentito fare rumore, parlare o perfino sussurrare. Sono costretti ad assumere determinate posizioni quando le guardie entrano nelle celle e il semplice fatto di guardare una guardia può venir punito con la morte.
La comunità internazionale, in particolare il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, deve agire immediatamente per mettere fine a queste sofferenze.
“Il Consiglio di Sicurezza deve prendere una decisione ferma. Non può voltare lo sguardo di fronte a questi orrendi crimini e deve passare una risoluzione che chiede al governo siriano di consentire a osservatori internazionali di accedere alle carceri. Il Consiglio per i diritti umani dell’ONU deve immediatamente chiedere che sia svolta un’indagine indipendente su queste gravi violazioni del diritto internazionale,” ha dichiarato Lynn Maalouf.
“L’uccisione a sangue freddo di centinaia di prigionieri indifesi, come i programmi sistematici di tortura fisica e psicologica che sono in atto a Saydnaya, non possono continuare. Le persone responsabili di questi crimini efferati devono essere portate davanti alla giustizia.”