- I dati governativi mostrano un forte aumento dell'allevamento illegale di bestiame commerciale nelle aree protette dell'Amazzonia brasiliana
- L'allevamento illegale di bestiame a fini commerciali sfocia nella confisca di terreni, nella violenza e nelle minacce contro le popolazioni indigene e i residenti tradizionali delle Riserve
- JBS esortata a implementare un sistema di monitoraggio efficace entro la fine del 2020
Non riuscendo a monitorare efficacemente l'arrivo di bestiame pascolato illegalmente nella propria catena di approvvigionamento, JBS non riesce a svolgere un'adeguata due diligence, come stabilito dai Principi Guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani. Secondo i termini dei Principi guida delle Nazioni Unite, partecipando agli incentivi economici per il bestiame messo al pascolo illegalmente nelle aree protette, la JBS contribuisce agli abusi dei diritti umani contro le popolazioni indigene e i residenti delle Riserve, ha detto l'organizzazione.
"Almeno dal 2009, JBS è consapevole del rischio che il bestiame pascolato illegalmente nelle aree protette possa entrare nella sua catena di approvvigionamento", ha dichiarato Richard Pearshouse, Responsabile di Crisi e Ambiente di Amnesty International, "JBS non è riuscita a implementare un sistema di monitoraggio efficace della sua catena di fornitura, compresi i suoi fornitori indiretti. Deve rimediare ai danni causati e mettere tempestivamente in atto sistemi per evitare che ciò accada di nuovo".
Sebbene Amnesty International non abbia trovato alcuna prova che indichi che JBS sia direttamente coinvolta nelle violazioni dei diritti umani nei tre siti indagati, l'organizzazione ha scoperto che il bestiame pascolato illegalmente nelle aree protette è entrato nella catena di approvvigionamento dell'azienda. L'organizzazione esorta quindi JBS ad agire entro la fine del 2020 per rimediare a questa situazione.
Il più grande esportatore mondiale di carne bovina
Il Brasile conta circa 214 milioni di capi di bestiame, più di qualsiasi altro paese al mondo. La sua industria della carne bovina, del valore di 618 miliardi di BRL (124 miliardi di dollari USA), rappresenta l'8% del suo PIL.
Circa tre quarti della carne bovina brasiliana viene consumata sul mercato nazionale, ma il restante quarto entra nella catena di approvvigionamento globale in quantità sufficiente da
rendere il Brasile il più grande esportatore al mondo. Le principali destinazioni sono Cina, Hong Kong, Egitto, Cile, Unione Europea, Emirati Arabi Uniti e Russia.
La regione amazzonica ha visto la maggiore crescita dell'industria del bestiame brasiliana. Dal 1988 il numero di capi di bestiame è quasi quadruplicato a 86 milioni nel 2018, il che corrisponde al 40% del totale nazionale. Parte di questa espansione sta distruggendo ampie zone di foresta pluviale protetta nei territori e nelle riserve indigene.
In totale, il 63% della superficie deforestata dal 1988 al 2014 è diventata pascolo per il bestiame - un territorio cinque volte più grande del Portogallo. Amnesty International ha documentato dettagliatamente questo processo in un briefing pubblicato nel novembre 2019.
Secondo i dati del governo, i territori indigeni dell'Amazzonia hanno perso 497 km² di foresta pluviale tra agosto 2018 e luglio 2019 - un aumento del 91% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente.
Violazione dei diritti umani in tre aree protette
Amnesty International ha visitato tre siti nel corso della sua indagine: il territorio indigeno Uru-Eu-Wau-Wau e le Riserve Rio Jacy-Paraná e Rio Ouro Preto, tutte nello stato di Rondônia.
L'organizzazione non ha trovato alcuna prova che indichi che la JBS sia direttamente coinvolta nelle violazioni dei diritti umani nei tre siti indagati.
Tuttavia, in tutti e tre i casi, i recenti sequestri illegali di terreni hanno portato alla perdita di terre tradizionali, che sono protette dalla legge brasiliana. I diritti delle terre indigene sono protetti dalla legge internazionale sui diritti umani. L'allevamento commerciale di bestiame è proibito per legge nei tre siti.
Minacce, intimidazioni e violenze spesso accompagnano questi sequestri illegali di terre, che si inseriscono in un contesto più ampio di violenza rurale. Secondo una stima nel 2019 ci sono stati sette omicidi, sette tentati omicidi e 27 minacce di morte contro gli indigeni nella regione amazzonica del Brasile.
Nel dicembre 2019, mentre pattugliavano il proprio territorio, alcuni abitanti di Uru-Eu-Wau-Wau hanno scoperto che circa 200 ettari erano stati recentemente bonificati e bruciati. Araruna, un uomo Uru-Eu-Wau-Wau-Wau ventenne, ha raccontato ad Amnesty International:
"Siamo preoccupati per le recenti invasioni... perché stanno aumentando e si stanno avvicinando sempre più ai villaggi. Abbiamo trovato un'enorme area recentemente disboscata. Abbiamo visto un elicottero che seminava l'erba in modo da poterci portare il bestiame in futuro".
Nel gennaio 2019, un altro gruppo di Uru-Eu-Wau-Wau ha ricordato di aver incontrato circa 40 invasori armati - probabilmente dei grileiros, che sgombrano le aree boschive per creare pascoli per le mucche - nel profondo del territorio di Uru-Eu-Wau-Wau, a soli due chilometri da un villaggio indigeno. Altri hanno descritto in precedenza di aver sentito degli spari di notte o di aver ricevuto minacce di morte contro i loro figli.
Altrove, intere comunità sono state costrette a lasciare le proprie terre e temono di essere uccise se ritornano. La maggior parte degli abitanti della riserva di Rio Jacy-Paraná è stata sfrattata per far posto agli allevamenti di bestiame negli ultimi due decenni. Secondo un ex residente, rimangono solo tre persone su circa 60 famiglie che prima vivevano nella riserva.
"Tutto è diventato terreno agricolo", ha detto Sara, un'altra ex residente della Riserva che è stata sfrattata dalla sua terra nel 2017, ad Amnesty International.
L'analisi delle immagini satellitari fatta da Amnesty International ha corroborato le testimonianze degli ex residenti - la terra che prima era fortemente boscosa è stata bonificata, con bestiame e abbeveratoi per il bestiame ora visibili.
Il diavolo è nelle cifre
La legge brasiliana impone alle agenzie statali di raccogliere dati esaustivi sull'allevamento di bestiame. Ciò include informazioni su: l'ubicazione degli allevamenti, compresi quelli in aree protette; il numero, la fascia d'età e il sesso delle mandrie di bovini; i trasferimenti di animali tra gli allevamenti. Sebbene questi dati siano di interesse pubblico, attualmente non sono disponibili al pubblico.
Amnesty International ha presentato sette richieste di libertà d'informazione a IDARON, l'agenzia di controllo della salute animale dello Stato di Rondônia.
I dati forniti da IDARON mostrano un forte aumento dell'allevamento di bestiame commerciale in aree protette, dove la pratica è illegale. Da novembre 2018 ad aprile 2020 il numero di bovini è aumentato del 22%, passando da 125.560 a 153.566.
I dati IDARON mostrano inoltre che, nel 2019, 89.406 capi di bestiame sono stati trasferiti al di fuori delle aziende agricole situate in aree protette dove l'allevamento commerciale di bestiame è illegale. La stragrande maggioranza viene inviata in altri allevamenti prima di andare al macello. Ciò significa che anche la carne bovina proveniente da allevamenti legali può essere stata precedentemente pascolata illegalmente in aree protette.
Amnesty International ritiene che le agenzie statali per il controllo della salute degli animali come IDARON consentano l'allevamento illegale di bovini a fini commerciali. Lo fanno registrando gli allevamenti commerciali e rilasciando documenti per i movimenti di bestiame nonostante l'azienda si trovi sul territorio di una riserva o in territorio indigeno.
"I dati a cui abbiamo avuto accesso e che abbiamo analizzato – forniti dalle agenzie governative brasiliane - hanno fatto scattare l'allarme. Queste informazioni non dovrebbero essere nascoste all'opinione pubblica", ha detto Richard Pearshouse, "Come si fa a fermare l'allevamento illegale di bestiame nell'Amazzonia brasiliana? Un buon punto di partenza è smettere di registrare ufficialmente le aziende agricole collocate nelle aree protette e smettere di rilasciare permessi di trasferimento per il bestiame che si sposta da quelle aziende".
La catena di fornitura contaminata di JBS
In Brasile, il bestiame viene spesso spostato da un allevamento all'altro. Le aziende che vendono il bestiame alle aziende di confezionamento della carne sono chiamate fornitori diretti e le altre aziende agricole in cui il bestiame ha pascolato in precedenza sono note come fornitori indiretti. I ricercatori stimano che ben il 91-95% delle aziende agricole acquista il bestiame da fornitori indiretti.
Amnesty International, in collaborazione con l'ONG Repórter Brasil, ha analizzato i documenti ufficiali di controllo sanitario degli animali che mostrano che JBS ha acquistato direttamente bestiame da un'azienda agricola nella Riserva Rio Ouro Preto in due occasioni nel 2019.
Sempre nel 2019, JBS ha ripetutamente acquistato bestiame da due allevatori che gestiscono sia aziende agricole illegali in aree protette sia aziende agricole legali all'esterno. Un agricoltore pascola illegalmente il bestiame nella riserva di Rio Jacy-Paraná e un altro nel territorio indigeno di Uru-Eu-Wau-Wau.
In ogni caso, gli agricoltori hanno registrato i movimenti di bestiame da una fattoria all'interno di una delle aree protette verso una fattoria al di fuori dell'area protetta, e poi hanno registrato movimenti di bestiame separati, dalla fattoria legale verso JBS.
In due casi, il secondo trasferimento è stato registrato pochi minuti dopo. Entrambi i movimenti riguardavano un numero identico di bovini, di età e sesso identici. In questi casi, i bovini avevano più di 36 mesi di età, che corrisponde con il momento in cui tipicamente i bovini vengono trasferiti per la macellazione. Secondo gli esperti intervistati da Amnesty International, questo suggerisce la pratica del riciclaggio dei bovini. Il riciclaggio dei bovini - spostare i bovini attraverso aziende agricole intermediarie per farli apparire legali – permette di aggirare i sistemi di monitoraggio esistenti.
Amnesty International ha chiesto a JBS informazioni specifiche per sapere se nel 2019 l'azienda aveva trattato bovini provenienti da allevamenti situati nelle tre aree protette. La società ha risposto: "Non acquistiamo bestiame da nessuna azienda agricola coinvolta nel pascolo illegale all'interno delle aree protette", e di avere "un approccio inequivocabilmente a zero deforestazione in tutta la sua catena di approvvigionamento".
Ha inoltre dichiarato che "JBS controlla attentamente i propri fornitori per verificarne la conformità a tutti gli aspetti della nostra Politica di Acquisto Responsabile e non ha in precedenza identificato questioni relative agli abusi dei diritti umani delle comunità indigene o di altri gruppi protetti".
JBS non ha risposto a una domanda sul monitoraggio dei fornitori indiretti, osservando invece che "la tracciabilità dell'intera catena di fornitura di carne bovina è una sfida per l'intero settore e un compito complesso".
JBS è consapevole del rischio che il bestiame illegale possa entrare nella sua catena di approvvigionamento - nel 2009 ha firmato due accordi di non deforestazione con la Procura Federale del Brasile e, separatamente, con Greenpeace - ma ha adottato misure insufficienti per porre rimedio al problema. Gli audit esterni hanno rilevato che JBS non controlla i suoi fornitori indiretti.
Amnesty International chiede a JBS di implementare prontamente un sistema di monitoraggio efficace, anche dei suoi fornitori indiretti, e di garantire che il bestiame che pascola illegalmente nelle aree protette non entri nella catena di approvvigionamento di JBS. Questo sistema dovrebbe essere operativo al più tardi entro la fine del 2020.
Nel 2019, un procuratore federale dello Stato del Pará ha concluso che: "oggi nessuna azienda che compera in Amazzonia può affermare che non ci sia bestiame proveniente dalla deforestazione nella sua catena di approvvigionamento (...) Nessuna azienda di confezionamento della carne e nemmeno un supermercato".
"Con la deforestazione in Amazzonia al suo più alto livello degli ultimi dieci anni, ora spetta a JBS e ad altre aziende di confezionamento della carne in Brasile l'onere di mettere in atto misure di due diligence per garantire che i loro fornitori diretti e indiretti non contribuiscano alle violazioni dei diritti umani contro gli indigeni e i residenti tradizionali dell'Amazzonia", ha detto Erika Guevara-Rosas, direttrice per le Americhe di Amnesty International.
Note
Convenzioni di denominazione
Per motivi di sicurezza, gli pseudonimi sono stati usati per indicare gli indigeni e i residenti tradizionali delle Riserve.
In questo rapporto, Amnesty International ha anche omesso i nomi e altre informazioni identificative degli allevatori che pascolano il bestiame nelle aree protette, per proteggere la sicurezza delle persone che condividono informazioni sull'allevamento commerciale di bestiame nelle aree protette.
Informazioni sulla ricerca di Amnesty International
L'indagine di Amnesty International, svolta su un periodo di 18 mesi, ha riguardato diversi stati della regione amazzonica del Brasile. Sono stati intervistati 24 residenti indigeni e i tradizionali delle Riserve, oltre a 18 funzionari di agenzie governative e altri esperti. L'organizzazione ha anche analizzato le immagini satellitari delle aree recentemente disboscate e ha passato al setaccio il registro ufficiale degli animali e i dati sui trasferimenti di diverse agenzie statali.
Questo rapporto fa seguito alle precedenti ricerche condotte dall'organizzazione nelle aree protette dell'Amazzonia nel 2019, che mettevano in guardia contro l'imminente minaccia di scontri e deforestazione, documentando la violenza contro le popolazioni indigene e smascherando l'allevamento di bestiame come il principale motore economico della nuova deforestazione.
Informazioni su JBS
JBS è una multinazionale con sede in Brasile, fondata nello stato centrale di Goiás nel 1953. Si descrive come "uno dei leader mondiali dell'industria alimentare". Essendo il più grande produttore di carne bovina del mondo, JBS si trova in una posizione unica per esercitare pressione, influenzare e fare i necessari controlli per prevenire o mitigare l'impatto sui diritti umani nella sua catena di fornitura.
Il secondo maggiore azionista di JBS è la banca nazionale brasiliana per lo sviluppo, Banco Nacional de Desenvolvimento Econômico e Social - BNDES, di proprietà dello Stato, con il 21% delle azioni.
Nel 2019, JBS ha dichiarato di gestire 37 impianti di confezionamento della carne in Brasile con una capacità totale di macellazione di 33.550 bovini al giorno. Nello stesso anno, JBS ha registrato un fatturato netto di 32 miliardi di BRL (6 miliardi di dollari) dalla vendita di carne bovina e prodotti correlati. I suoi prodotti a base di carne bovina sono venduti (sul mercato nazionale e su quello estero) con diversi marchi, tra cui Friboi, Maturatta Friboi, Do Chef Friboi, Swift Black e1953 Friboi.
Amnesty International ha scritto a JBS nel giugno 2020 con i suoi risultati e una lista di domande mirate. Le parti principali delle risposte di JBS sono incluse nel rapporto.
Sulla deforestazione dell'Amazzonia brasiliana: qui si possono vedere ulteriori fatti e cifre.