Tra le persone fermate nella Striscia di Gaza dalle forze di sicurezza ci sono anche donne e minorenni. © AFP via Getty Images
Tra le persone fermate nella Striscia di Gaza dalle forze di sicurezza ci sono anche donne e minorenni. © AFP via Getty Images

Israele/Gaza Mettere fine alle detenzioni segrete e alle torture di massa nei confronti di palestinesi

Comunicato stampa, 18 luglio 2024, Londra/Berna – Contatto media
Le autorità israeliane devono porre fine alla detenzione in isolamento a tempo indeterminato - senza accusa né processo - di palestinesi della Striscia di Gaza occupata in virtù della Legge sui combattenti illegali. Una pratica, dichiara Amnesty International, in chiara violazione del diritto internazionale.

L'organizzazione ha documentato i casi di 27 ex detenuti palestinesi - cinque donne, 21 uomini e un ragazzo di 14 anni - detenuti in base a questa legge per periodi fino a quattro mesi e mezzo senza avere accesso ai loro avvocati o a qualsiasi contatto con le loro famiglie. Tutte le persone intervistate da Amnesty International hanno dichiarato che durante la loro detenzione in isolamento, in alcuni casi equivalente a una sparizione forzata, le forze militari, di intelligence e di polizia israeliane le hanno sottoposte a tortura e ad altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti.

La Legge sui combattenti illegali (Unlawful Combatants Law) concede alle forze armate israeliane ampi poteri per detenere chiunque da Gaza sia sospettato di partecipare alle ostilità contro Israele o di rappresentare una minaccia per la sicurezza dello Stato per periodi indefiniti e prorogabili, senza dover produrre prove a sostegno delle affermazioni.

"Il diritto umanitario internazionale consente la detenzione di individui per motivi imperativi di sicurezza in situazioni di occupazione. Devono però esserci garanzie per prevenire la detenzione indefinita o arbitraria, la tortura e altri maltrattamenti. Questa legge non fornisce queste garanzie. Consente la tortura dilagante e, in alcune circostanze, istituzionalizza la sparizione forzata", ha dichiarato Agnès Callamard, Segretaria generale di Amnesty International.  

"La nostra documentazione illustra come le autorità israeliane stiano usando la Legge sui combattenti illegali per radunare arbitrariamente i civili palestinesi di Gaza e gettarli in un buco nero per periodi prolungati, senza produrre alcuna prova che rappresentino una minaccia per la sicurezza e senza la minima parvenza di giusto processo. Le autorità israeliane devono abrogare immediatamente questa legge e rilasciare coloro che sono detenuti arbitrariamente in base ad essa".

Amnesty International chiede che tutti le persone detenute in nome della Legge sui combattenti illegali, compresi i sospetti membri di gruppi armati, siano trattati umanamente e abbiano accesso ad avvocati e ad organismi di controllo internazionali come il Comitato internazionale della Croce Rossa (CICR). Coloro che sono sospettati di essere responsabili di crimini di diritto internazionale devono essere processati in linea con gli standard internazionali di equo processo, mentre tutti i civili detenuti arbitrariamente senza accusa o processo devono essere immediatamente rilasciati.

Il Servizio carcerario israeliano (IPS) ha confermato all'ONG israeliana Hamoked che al 1° luglio 2024, 1.402 palestinesi erano detenuti in virtù della legge sui combattenti illegali. Le cifre escludono le persone detenute per un periodo iniziale di 45 giorni senza un ordine formale.

Tra febbraio e giugno 2024, Amnesty International ha documentato 31 casi di detenzione in incommunicado e ha trovato prove credibili di un uso diffuso della tortura e di altri maltrattamenti. Sono state condotte interviste con 27 detenuti rilasciati, tutti civili arrestati dalla Striscia di Gaza occupata (21 uomini, sei donne e un bambino). L'organizzazione ha intervistato anche quattro familiari di civili detenuti da sette mesi, la cui ubicazione non è ancora stata resa nota dalle autorità israeliane, e due avvocati che recentemente sono riusciti a incontrare dei detenuti.

L'esercito israeliano ha prelevato i detenuti da diverse località di Gaza, tra cui Gaza City, Jabalia, Beit Lahiya e Khan Younis. Le persone toccate sono state fermate nelle scuole che ospitano gli sfollati interni, durante le incursioni nelle case, negli ospedali e nei posti di blocco appena installati. Sono state poi trasferite in Israele e trattenute per periodi che vanno da due settimane fino a 140 giorni in strutture di detenzione militari o gestite dall'IPS.

Tra le persone detenute ci sono medici presi in custodia negli ospedali per essersi rifiutati di abbandonare i loro pazienti; madri separate dai loro bambini mentre cercavano di attraversare il cosiddetto "corridoio sicuro" dal nord di Gaza al sud; difensori dei diritti umani, operatori delle Nazioni Unite, giornalisti e altri civili.

Tutte le persone intervistate da Amnesty International hanno dichiarato di essere state sottoposte a tortura e altri maltrattamenti.

"La tortura e altri maltrattamenti, compresa la violenza sessuale, sono crimini di guerra. Queste accuse devono essere indagate in modo indipendente dall'ufficio del procuratore della Corte penale internazionale. Questo è fondamentale a causa del documentato inadempimento della magistratura israeliana nell'indagare in modo credibile sulle accuse di tortura da parte dei palestinesi in passato. Le autorità israeliane devono anche concedere l'accesso immediato e illimitato a tutti i luoghi di detenzione agli osservatori indipendenti - accesso che è stato negato dal 7 ottobre", ha dichiarato Agnès Callamard.

Detenzione dei palestinesi di Gaza nella legge

La Legge sulla detenzione dei combattenti illegali, promulgata nel 2002, è stata invocata per la prima volta in cinque anni dopo i terribili attacchi perpetrati da Hamas e altri gruppi armati il 7 ottobre nel sud di Israele.

L'esercito israeliano ha inizialmente invocato la legge per trattenere i presunti partecipanti agli attacchi del 7 ottobre, ma poco dopo ne ha esteso l'uso per detenere in massa i palestinesi di Gaza senza accuse né processo. La mancanza di un giusto processo significa che sia i civili che coloro che partecipano direttamente alle ostilità sono stati detenuti in base a questa legge.

Per i primi 45 giorni di detenzione, i militari non sono tenuti a emettere un ordine di detenzione. La legge nega ai detenuti l'accesso a un avvocato per un massimo di 90 giorni, codificando la detenzione in incommunicado, che a sua volta favorisce la tortura e altri maltrattamenti.

I detenuti devono essere portati davanti a un giudice entro un periodo massimo di 75 giorni dalla loro detenzione per un controllo giudiziario, ma i giudici di solito approvano l'ordine di detenzione in procedimenti farsa.

La legge non stabilisce un tempo massimo di detenzione e consente ai servizi di sicurezza di trattenere i detenuti con ordini rinnovabili a tempo indeterminato.

La legge modificata facilita la detenzione in isolamento

La Legge sui combattenti illegali è stata originariamente promulgata nel 2002 per consentire la detenzione prolungata senza accuse o processo di due cittadini libanesi che non erano sotto la giurisdizione israeliana. Dal suo "disimpegno" unilaterale dalla Striscia di Gaza occupata nel 2005, Israele ha usato questa legge per detenere persone di Gaza che considera una minaccia per la sicurezza nazionale per periodi indefinitamente prorogabili.

Nel dicembre 2023, le autorità israeliane hanno approvato un emendamento temporaneo alla legge, estendendo il periodo di tempo in cui i militari sono autorizzati a detenere i palestinesi senza un ordine di detenzione dalle 96 ore iniziali (estendibili fino a sette giorni) a un massimo di 45 giorni. È pure stato esteso da 14 giorni a 75 giorni il tempo massimo in cui un detenuto può essere trattenuto prima di essere portato davanti a un giudice per rivedere l'ordine di detenzione e il periodo in cui un detenuto può essere trattenuto senza vedere un avvocato è aumentato da 21 giorni a un massimo di sei mesi - poi ridotti a tre mesi. Questo emendamento è stato nuovamente rinnovato nell'aprile 2024.

Le prove che giustificano la detenzione vengono nascoste sia al detenuto che al suo avvocato. Ciò significa che molte delle persone detenute sono trattenute per mesi senza avere la minima idea del motivo per cui sono state trattenute, in violazione del diritto internazionale. Sono inoltre completamente isolate dalla famiglia e dai propri cari e impossibilitate a contestare i motivi della loro detenzione.

Due detenuti hanno raccontato ad Amnesty International di essere stati portati due volte davanti a un giudice per delle udienze virtuali e in entrambe le occasioni non hanno potuto parlare o fare domande. Al contrario, sono stati semplicemente informati che la loro detenzione era stata rinnovata per altri 45 giorni. Non sono mai stati informati della base legale del loro arresto né di quali prove fossero state portate contro di loro per giustificare l'arresto.

A seguito di una petizione presentata alla Corte Suprema israeliana da Hamoked per conto di un tecnico di radiologia detenuto a Khan Younis, nel maggio 2024 lo Stato ha informato la Corte che gli avvocati possono chiedere di visitare i detenuti di Gaza 90 giorni dopo la loro detenzione. Da allora è stato approvato solo un numero molto limitato di tali richieste.

Oltre a vedersi negare l'accesso all'assistenza legale, i detenuti sono anche tagliati fuori dalle loro famiglie. Le famiglie hanno descritto ad Amnesty International lo strazio di essere separate dai loro cari e di vivere nella costante paura di scoprire che sono morti in prigione.

Alaa Muhanna, il cui marito Ahmad Muhhana, direttore dell'ospedale di Al-Awda, è stato arrestato il 17 dicembre 2023durante un'incursione nell'ospedale, ha raccontato ad Amnesty International che le uniche scarse informazioni che riceve su di lui provengono da altri prigionieri rilasciati: "Assicuro ai bambini che Ahmad sta bene, che tornerà presto. Ma vivere questa guerra, i continui spostamenti, i bombardamenti e dover lottare anche per sapere dove si trova tuo marito, non sentire la sua voce, è come una guerra nella guerra".  

Un operatore sanitario rilasciato ha dichiarato ad Amnesty International che non sapere se la sua famiglia a Gaza fosse viva o morta mentre era detenuto è stato "persino peggio della tortura e della fame".

Tortura e altri maltrattamenti

I lunghi periodi di detenzione in incommunicado facilitano la tortura, eliminando qualsiasi monitoraggio delle condizioni fisiche dei detenuti e la comunicazione con loro. 

I 27 detenuti rilasciati, intervistati da Amnesty International, hanno sempre descritto di essere stati sottoposti a tortura in almeno un'occasione durante il loro arresto. L'organizzazione ha osservato segni e lividi compatibili con la tortura su almeno otto detenuti intervistati di persona e ha anche esaminato i referti medici di due detenuti che confermano le loro testimonianze di tortura.

Il Crisis Evidence Lab di Amnesty International ha verificato e geolocalizzato almeno cinque video di arresti di massa, tra cui quello di detenuti ripresi mentre vengono spogliati della loro biancheria intima dopo essere stati arrestati nel nord di Gaza e a Khan Younis. La nudità pubblica forzata per lunghi periodi viola il divieto di tortura e altri maltrattamenti ed equivale a violenza sessuale.

I detenuti nel famigerato campo di detenzione militare di Sde Teiman, vicino a Beersheba, nel sud di Israele, hanno raccontato di essere stati bendati e ammanettati per tutto il tempo della loro detenzione. Hanno descritto di essere stati costretti a rimanere in posizioni di stress per lunghe ore e di non poter parlare tra loro o alzare la testa. Questi resoconti sono coerenti con le conclusioni di altre organizzazioni per i diritti umani e organismi delle Nazioni Unite, nonché con numerosi rapporti basati su testimonianze di informatori e detenuti rilasciati.

Un detenuto, rilasciato a giugno dopo 27 giorni di detenzione in una baracca con almeno altre 120 persone, ha raccontato ad Amnesty che i detenuti sarebbero stati picchiati dai militari o mandati ad essere attaccati dai cani semplicemente per aver parlato con un altro prigioniero, alzato la testa o cambiato posizione.

Said Maarouf, un pediatra di 57 anni che è stato arrestato dall'esercito israeliano durante un'incursione nell'ospedale battista di al-Ahli a Gaza City nel dicembre 2023 e detenuto per 45 giorni nel campo militare di Sde Teiman, ha raccontato ad Amnesty International che le guardie lo hanno tenuto bendato e ammanettato per tutta la durata della sua detenzione e ha descritto di essere stato ridotto alla fame, ripetutamente picchiato e costretto a stare in ginocchio per lunghi periodi.

In un altro caso, il 1° gennaio 2024, l'esercito israeliano ha arrestato un bambino di 14 anni nella sua casa di Jabalia, nel nord di Gaza. È stato trattenuto per 24 giorni nel centro di detenzione militare di Sde Teiman con almeno 100 detenuti adulti in una baracca. Il ragazzo ha raccontato ad Amnesty International che gli interrogatori militari lo hanno sottoposto a torture, tra cui calci e pugni al collo e alla testa, e di essere stato ripetutamente bruciato con mozziconi di sigaretta. I segni delle bruciature e dei lividi delle sigarette erano visibili sul suo corpo quando Amnesty International lo ha intervistato, il 3 febbraio 2024, nella scuola in cui era ospitato con altre famiglie sfollate. Durante la sua detenzione, non gli è stato permesso di chiamare la sua famiglia o di vedere un avvocato ed è stato tenuto bendato e ammanettato.

Il 5 giugno le autorità israeliane hanno annunciato l'intenzione di migliorare le condizioni di detenzione nel campo militare di Sde Teiman e di limitare il numero di detenuti in risposta a una petizione delle organizzazioni israeliane per i diritti umani che ne chiedevano la chiusura. A distanza di oltre un mese poco sembra essere cambiato.

L'avvocato Khaled Mahajna è riuscito a ottenere un raro ingresso a Sde Teiman il 19 giugno. Ha riferito ad Amnesty International che il suo cliente Mohammed Arab, un giornalista, gli ha detto di essere detenuto con almeno 100 persone nella stessa baracca in condizioni disumane e che i detenuti non hanno visto alcun miglioramento nelle ultime due settimane. Ha anche detto di essere stato trattenuto a Sde Teiman per oltre 100 giorni, senza nemmeno sapere perché.

Il 3 giugno l'esercito israeliano ha confermato ad Haaretz che sta indagando sulle morti in custodia in Israele di 40 detenuti, tra cui 36 morti o uccisi nella struttura di detenzione militare di Sde Teiman. Non è stata ancora formulata alcuna accusa. Questo numero non include i detenuti che sono morti o sono stati uccisi mentre erano sotto la custodia del servizio carcerario israeliano.

Donne detenute

Tra le persone intervistate da Amnesty International ci sono cinque donne, tutte detenute in isolamento da oltre 50 giorni. Inizialmente sono state in un campo di detenzione per sole donne presso il centro di detenzione militare di Anatot, in un insediamento israeliano illegale vicino a Gerusalemme, nella Cisgiordania occupata. Sono state trasferite nella prigione femminile di Damon, nel nord di Israele, sotto il controllo del servizio carcerario israeliano. Nessuna delle cinque è stata informata dei motivi legali del loro arresto o è stata portata davanti a un giudice. Tutte hanno descritto di essere state picchiate durante il trasporto verso la detenzione.

 

Una di loro, arrestata il 6 dicembre nella sua abitazione, ha raccontato di essere stata separata dai suoi due figli - un bambino di quattro anni e una neonata di nove mesi - e di essere stata inizialmente trattenuta insieme a centinaia di uomini. È stata accusata di essere un membro di Hamas, picchiata, costretta a togliersi il velo e fotografata senza. Ha anche descritto il tormento di essere stata sottoposta alla finta esecuzione di suo marito:

"Il terzo giorno di detenzione ci hanno messo in un fosso e hanno iniziato a gettare sabbia. Un soldato ha sparato due colpi in aria dicendo che avevano giustiziato mio marito e io sono scoppiata a piangere e l'ho pregato di uccidere anche me, per liberarmi dall'incubo", ha raccontato. 

Un'altra detenuta rilasciata ha raccontato ad Amnesty che le sue ripetute richieste di informazioni sui figli sono state ignorate dalle guardie carcerarie che ha sentito ridere e prendersi gioco di lei.

La donna ha raccontato ad Amnesty International che dopo tre settimane nella prigione di Damon le è stato detto che sarebbe stata rilasciata. È stata ammanettata, bendata e incatenata ai piedi prima di venir portata in un altro luogo. Al suo arrivo, invece di essere rilasciata, è stata violentemente spogliata dalle guardie che hanno usato un enorme coltello per strapparle i vestiti. È stata poi riportata ad Anatot per altri 18 giorni.

Ha raccontato ad Amnesty di essere stata minacciata dalle guardie carcerarie che le hanno detto: "Ti faremo quello che Hamas ha fatto a noi, ti rapiremo e ti violenteremo". Non è mai stata informata del motivo della sua detenzione.

Lei e altri detenuti intervistati da Amnesty International hanno raccontato di essere stati lasciati vicino al valico di Kerem Shalom/Karem Abu Salem e di aver dovuto camminare per più di mezz'ora fino a raggiungere un punto gestito dal CICR per i prigionieri rilasciati. Tutti i detenuti hanno dichiarato che tutti o la maggior parte dei loro effetti personali non sono mai stati restituiti, compresi telefoni, gioielli e denaro.

Il contesto

Amnesty International ha espresso gravi preoccupazioni sull'uso della legge sui combattenti illegali da parte di Israele e sulle sue violazioni del diritto internazionale dei diritti umani in un rapporto del 2012 Starved of Justice: Palestians detained without trial by Israel. Come spiegato in dettaglio in quel rapporto, Israele ha precedentemente derogato ai propri obblighi ai sensi del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) adducendo il fatto che la nazione è stata dichiarata in stato di emergenza fin dalla sua formazione, una deroga che continua ancora oggi. Tuttavia, il diritto internazionale umanitario, che non è soggetto a deroghe, richiede che il diritto a un equo processo sia sempre rispettato. Inoltre, l'articolo 4(2) dell'ICCPR proibisce di derogare ad alcuni diritti dell'ICCPR anche durante lo stato di emergenza, compreso il diritto a non essere sottoposti a tortura o ad altri trattamenti crudeli, inumani o degradanti (articolo 7). Di conseguenza, la detenzione in incommunicado, la mancanza di un equo processo, la tortura e altri maltrattamenti violano il diritto internazionale, anche durante lo stato di emergenza.

Al di là di questa legge, le autorità israeliane hanno una storia di incarcerazione di palestinesi senza accuse o processi attraverso l'uso sistematico della detenzione amministrativa, una caratteristica chiave del sistema di apartheid di Israele. Secondo l'organizzazione israeliana per i diritti umani Hamoked, al 1° luglio le autorità israeliane detenevano 3.379 persone in detenzione amministrativa, la maggior parte delle quali sono palestinesi della Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est.